Benedetto XVI

Il Papa a San Marino

SANTA MESSA NELLO STADIO DI SERRAVALLE

Domenica 19 giugno, alle 10, Benedetto XVI ha celebrato l’Eucarestia, nella Solennità della SS.ma Trinità, all’interno dello Stadio Serravalle, nella Repubblica di San Marino. La Messa è stata introdotta dall’indirizzo di omaggio del Vescovo di San Marino-Montefeltro, mons. Luigi Negri. Dopo la proclamazione del Vangelo, il Papa ha pronunciato seguente omelia:

Cari fratelli e sorelle!

E’ grande la mia gioia nel poter spezzare con voi il pane della Parola di Dio e dell’Eucaristia e potervi indirizzare, cari Sammarinesi, il mio più cordiale saluto. Rivolgo uno speciale pensiero ai Capitani Reggenti ed alle altre Autorità politiche e civili, presenti a questa celebrazione eucaristica; saluto con affetto il vostro Vescovo, Mons. Luigi Negri, che ringrazio per le cortesi parole rivoltemi, e, con lui, tutti i sacerdoti e fedeli della diocesi di San Marino-Montefeltro; saluto ciascuno di voi e vi esprimo la mia viva riconoscenza per la cordialità e l’affetto con cui mi avete accolto. Sono venuto per condividere con voi gioie e speranze, fatiche e impegni, ideali e aspirazioni di questa Comunità diocesana. So che anche qui non mancano difficoltà, problemi e preoccupazioni. A tutti voglio assicurare la mia vicinanza ed il mio ricordo nella preghiera, a cui unisco l’incoraggiamento a perseverare nella testimonianza dei valori umani e cristiani, così profondamente radicati nella fede e nella storia di questo territorio e della sua popolazione, con la sua fede granitica della quale ha parlato Sua Eccellenza.

Celebriamo oggi la festa della Santissima Trinità: Dio Padre e Figlio e Spirito Santo, festa di Dio, del centro della nostra fede. Quando si pensa alla Trinità, per lo più viene in mente l’aspetto del mistero: sono Tre e sono Uno, un solo Dio in tre Persone. In realtà Dio non può essere altro che un mistero per noi nella sua grandezza, e tuttavia Egli si è rivelato: possiamo conoscerlo nel suo Figlio, e così anche conoscere il Padre e lo Spirito Santo La liturgia di oggi, invece, attira la nostra attenzione non tanto sul mistero, ma sulla realtà di amore che è contenuta in questo primo e supremo mistero della nostra fede. Il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo sono uno, perché amore e l’amore è la forza vivificante assoluta, l’unità creata dall’amore è più unità di un’unità puramente fisica. Il Padre dà tutto al Figlio; il Figlio riceve tutto dal Padre con riconoscenza; e lo Spirito Santo è come il frutto di questo amore reciproco del Padre e del Figlio. I testi della Santa Messa di oggi parlano di Dio e perciò parlano di amore; non si soffermano tanto sul mistero delle tre Persone, ma sull’amore che ne costituisce la sostanza e l’unità e trinità nello stesso momento.

Il primo brano che abbiamo ascoltato è tratto dal Libro dell’Esodo – su di esso mi sono soffermato in una recente Catechesi del mercoledì – ed è sorprendente che la rivelazione dell’amore di Dio avvenga dopo un gravissimo peccato del popolo. Si è appena concluso il patto di alleanza presso il monte Sinai, e già il popolo manca di fedeltà. L’assenza di Mosè si prolunga e il popolo dice: «Ma dov’è rimasto questo Mosé, dov’è il suo Dio?», e chiede ad Aronne di fargli un dio che sia visibile, accessibile, manovrabile, alla portata dell’uomo, invece di questo misterioso Dio invisibile, lontano. Aronne acconsente e prepara un vitello d’oro. Scendendo dal Sinai, Mosè vede ciò che è accaduto e spezza le tavole dell’alleanza, che è già spezzata, rotta, due pietre su cui erano scritte le “Dieci Parole”, il contenuto concreto del patto con Dio. Tutto sembra perduto, l’amicizia subito, fin dall’inizio, già spezzata. Eppure, nonostante questo gravissimo peccato del popolo, Dio, per intercessione di Mosè, decide di perdonare ed invita Mosè a risalire sul monte per ricevere di nuovo la sua legge, i dieci Comandamenti e rinnovare il patto. Mosè chiede allora a Dio di rivelarsi, di fargli vedere il suo volto. Ma Dio non mostra il volto, rivela piuttosto il suo essere pieno di bontà con queste parole: «Il Signore, Il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà» (Es 34,8). E questo è il Volto di Dio. Questa auto-definizione di Dio manifesta il suo amore misericordioso: un amore che vince il peccato, lo copre, lo elimina. E possiamo essere sempre sicuri di questa bontà che non ci lascia. Non ci può essere rivelazione più chiara. Noi abbiamo un Dio che rinuncia a distruggere il peccatore e che vuole manifestare il suo amore in maniera ancora più profonda e sorprendente proprio davanti al peccatore per offrire sempre la possibilità della conversione e del perdono.

Il Vangelo completa questa rivelazione, che ascoltiamo nella prima lettura, perché indica fino a che punto Dio ha mostrato la sua misericordia. L’evangelista Giovanni riferisce questa espressione di Gesù: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna» (3,16). Nel mondo c’è il male, c’è egoismo, c’è cattiveria e Dio potrebbe venire per giudicare questo mondo, per distruggere il male, per castigare coloro che operano nelle tenebre. Invece Egli mostra di amare il mondo, di amare l’uomo, nonostante il suo peccato, e invia ciò che ha di più prezioso: il suo Figlio unigenito. E non solo Lo invia, ma ne fa dono al mondo. Gesù è il Figlio di Dio che è nato per noi, che è vissuto per noi, che ha guarito i malati, perdonato i peccati, accolto tutti. Rispondendo all’amore che viene dal Padre, il Figlio ha dato la sua stessa vita per noi: sulla croce l’amore misericordioso di Dio giunge al culmine. Ed è sulla croce che il Figlio di Dio ci ottiene la partecipazione alla vita eterna, che ci viene comunicata con il dono dello Spirito Santo. Così, nel mistero della croce, sono presenti le tre Persone divine: il Padre, che dona il suo Figlio unigenito per la salvezza del mondo; il Figlio, che compie fino in fondo il disegno del Padre; lo Spirito Santo – effuso da Gesù al momento della morte – che viene a renderci partecipi della vita divina, a trasformare la nostra esistenza, perché sia animata dall’amore divino.

Cari fratelli e sorelle! La fede nel Dio trinitario ha caratterizzato anche questa Chiesa di San Marino-Montefeltro, nel corso della sua storia antica e gloriosa. L’evangelizzazione di questa terra è attribuita ai Santi scalpellini Marino e Leone, i quali alla metà del III secolo dopo Cristo sarebbero approdati a Rimini dalla Dalmazia. Per la loro santità di vita sarebbero stati consacrati l’uno sacerdote e l’altro diacono dal Vescovo Gaudenzio e da lui inviati nell’entroterra, l’uno sul monte Feretro, che poi prese il nome di San Leo, e l’altro sul monte Titano, che poi prese il nome di San Marino. Al di là delle questioni storiche – che non è nostro compito approfondire – interessa affermare come Marino e Leone portarono nel contesto di questa realtà locale, con la fede nel Dio rivelatosi in Gesù Cristo, prospettive e valori nuovi, determinando la nascita di una cultura e di una civiltà incentrate sulla persona umana, immagine di Dio e perciò portatore di diritti precedenti ogni legislazione umana. La varietà delle diverse etnie – romani, goti e poi longobardi – che entravano in contatto tra loro, qualche volta anche in modo molto conflittuale, trovarono nel comune riferimento alla fede un fattore potente di edificazione etica, culturale, sociale e, in qualche modo, politica. Era evidente ai loro occhi che non poteva ritenersi compiuto un progetto di civilizzazione fino a che tutti i componenti del popolo non fossero diventati una comunità cristiana vivente e ben strutturata e edificata sulla fede nel Dio Trinitario. A ragione, dunque, si può dire che la ricchezza di questo popolo, la vostra ricchezza, cari Sammarinesi, è stata ed è la fede, e che questa fede ha creato una civiltà veramente unica. Accanto alla fede, occorre poi ricordare l’assoluta fedeltà al Vescovo di Roma, al quale questa Chiesa ha sempre guardato con devozione ed affetto; come pure l’attenzione dimostrata verso la grande tradizione della Chiesa orientale e la profonda devozione verso la Vergine Maria.

Voi siete giustamente fieri e riconoscenti di quanto lo Spirito Santo ha operato attraverso i secoli nella vostra Chiesa. Ma voi sapete anche che il modo migliore di apprezzare un’eredità è quello di coltivarla e di arricchirla. In realtà, voi siete chiamati a sviluppare questo prezioso deposito in un momento tra i più decisivi della storia. Oggi, la vostra missione si trova a dover confrontarsi con profonde e rapide trasformazioni culturali, sociali, economiche, politiche, che hanno determinato nuovi orientamenti e modificato mentalità, costumi e sensibilità. Anche qui, infatti, come altrove, non mancano difficoltà e ostacoli, dovuti soprattutto a modelli edonistici che ottenebrano la mente e rischiano di annullare ogni moralità. Si è insinuata la tentazione di ritenere che la ricchezza dell’uomo non sia la fede, ma il suo potere personale e sociale, la sua intelligenza, la sua cultura e la sua capacità di manipolazione scientifica, tecnologica e sociale della realtà. Così, anche in queste terre, si è iniziato a sostituire la fede e i valori cristiani con presunte ricchezze, che si rivelano, alla fine, inconsistenti e incapaci di reggere la grande promessa del vero, del bene, del bello e del giusto che per secoli i vostri avi hanno identificato con l’esperienza della fede. Non vanno, poi, dimenticate la crisi di non poche famiglie, aggravata dalla diffusa fragilità psicologica e spirituale dei coniugi, come pure la fatica sperimentata da molti educatori nell’ottenere continuità formativa nei giovani, condizionati da molteplici precarietà, prima fra tutte quella del ruolo sociale e della possibilità lavorativa.

Cari amici! Conosco bene l’impegno di ogni componente di questa Chiesa particolare nel promuovere la vita cristiana nei suoi vari aspetti. Esorto tutti i fedeli ad essere come fermento nel mondo, mostrandovi sia nel Montefeltro che a San Marino cristiani presenti, intraprendenti e coerenti. I Sacerdoti, i Religiosi e le Religiose vivano sempre nella più cordiale e fattiva comunione ecclesiale, aiutando ed ascoltando il Pastore diocesano. Anche presso di voi si avverte l’urgenza di una ripresa delle vocazioni sacerdotali e di speciale consacrazione: faccio appello alle famiglie ed ai giovani, perché aprano l’animo ad una pronta risposta alla chiamata del Signore. Non ci si pente mai ad essere generosi con Dio! A voi laici, raccomando di impegnarvi attivamente nella Comunità, così che, accanto ai vostri peculiari compiti civici, politici, sociali e culturali, possiate trovare tempo e disponibilità per la vita della fede, la vita pastorale. Cari Sammarinesi! Rimanete saldamente fedeli al patrimonio costruito nei secoli sull’impulso dei vostri grandi Patroni, Marino e Leone. Invoco la benedizione di Dio sul vostro cammino di oggi e di domani e tutti vi raccomando «alla grazia del Signore Gesù Cristo, all’amore di Dio e alla comunione dello Spirito Santo» (2Cor 13,11). Amen!

RECITA DELL’ANGELUS NELLO STADIO DI SERRAVALLE 

Al termine della Celebrazione Eucaristica nello Stadio di Serravalle, il Papa ha  introdotto la preghiera mariana dell’Angelus con le parole che pubblichiamo di seguito:

Cari fratelli e sorelle, mentre ci avviamo a concludere questa celebrazione, l’ora del mezzogiorno ci invita a rivolgerci in preghiera alla Vergine Maria. Anche in questa terra, la nostra Madre Santissima è venerata in diversi Santuari, antichi e moderni. A lei affido tutti voi e l’intera popolazione Sammarinese e Montefeltrina, in modo particolare le persone sofferenti nel corpo e nello spirito. Un pensiero di speciale riconoscenza dirigo in questo momento a tutti coloro che hanno cooperato alla preparazione e organizzazione di questa mia visita. Grazie di cuore!

Sono lieto di ricordare che quest’oggi a Dax, in Francia, viene proclamata Beata Suor Marguerite Rutan, Figlia della Carità. Nella seconda metà del secolo diciottesimo, ella lavorò con grande impegno all’Ospedale di Dax, ma, nelle tragiche persecuzioni seguite alla Rivoluzione, fu condannata a morte per la sua fede cattolica e la fedeltà alla Chiesa.

Je participe spirituellement à la joie des Filles de la Charité et de tous les fidèles qui, à Dax, prennent part à la Béatification de Sœur Marguerite Rutan, témoin lumineux de l’amour du Christ pour les pauvres.

Infine, desidero ricordare che domani ricorre la Giornata Mondiale del Rifugiato. In tale circostanza, quest’anno si celebra il sessantesimo anniversario dell’adozione della Convenzione internazionale che tutela quanti sono perseguitati e costretti a fuggire dai propri Paesi. Invito quindi le Autorità civili ed ogni persona di buona volontà a garantire accoglienza e degne condizioni di vita ai rifugiati, in attesa che possano ritornare in Patria liberamente e in sicurezza.

INCONTRO CON I MEMBRI DEL GOVERNO, DEL CONGRESSO E DEL CORPO DIPLOMATICO NEL PALAZZO PUBBLICO DI SAN MARINO

Alle 17.30, nella Sala del Consiglio Grande e Generale del Palazzo Pubblico, Benedetto XVI ha incontrato i Membri del Governo, del Congresso e del Corpo Diplomatico accreditato presso la Repubblica di San Marino. Nel corso dell’incontro, dopo l’indirizzo di omaggio dei Capitani Reggenti, Maria Luisa Berti e Filippo Tamagnini, il Papa ha rivolto ai presenti il discorso che riportiamo di seguito:

Serenissimi Capitani Reggenti,illustri Signori e Signore!

Vi ringrazio sentitamente per la vostra accoglienza; in particolare esprimo la mia riconoscenza ai Capitani Reggenti, anche per le cortesi parole che mi hanno rivolto. Saluto i Membri del Governo e del Congresso, come pure il Corpo diplomatico e tutte le altre Autorità qui convenute. Nel rivolgermi a voi, abbraccio idealmente l’intero popolo di San Marino. Fin dal suo nascere, questa Repubblica ha intrattenuto relazioni amichevoli con la Sede Apostolica, e negli ultimi tempi esse sono andate intensificandosi e consolidandosi; la mia presenza qui, nel cuore di quest’antica Repubblica, esprime e conferma questa amicizia.

Più di diciassette secoli fa, un gruppo di fedeli, conquistati al Vangelo dalla predicazione del diacono Marino e dalla sua testimonianza di santità, si aggregò attorno a lui per dare vita ad una nuova comunità. Raccogliendo questa preziosa eredità, i Sammarinesi sono rimasti sempre fedeli ai valori della fede cristiana, ancorando saldamente ad essi la propria convivenza pacifica, secondo criteri di democrazia e di solidarietà. Lungo i secoli, i vostri padri, consapevoli di queste radici cristiane, hanno saputo mettere a frutto il grande patrimonio morale e culturale che avevano a loro volta ricevuto, dando vita ad un popolo laborioso e libero, che, pur nell’esiguità del territorio, non ha mancato di offrire alle confinanti popolazioni della Penisola italiana e al mondo intero uno specifico contributo di civiltà, improntata alla convivenza pacifica e al mutuo rispetto.

Rivolgendomi oggi a voi, mi rallegro del vostro attaccamento a questo patrimonio di valori e vi esorto a conservarlo e a valorizzarlo, perché esso è alla base della vostra identità più profonda, un’identità che chiede alle genti ed alle istituzioni sammarinesi di essere assunta in pienezza. Grazie ad essa, si può costruire una società attenta al vero bene della persona umana, alla sua dignità e libertà, e capace di salvaguardare il diritto di ogni popolo a vivere nella pace. Sono questi i capisaldi della sana laicità, all’interno della quale devono agire le istituzioni civili, nel loro costante impegno a difesa del bene comune. La Chiesa, rispettosa della legittima autonomia di cui il potere civile deve godere, collabora con esso al servizio dell’uomo, nella difesa dei suoi diritti fondamentali, di quelle istanze etiche che sono iscritte nella sua stessa natura. Per questo la Chiesa si impegna affinché le legislazioni civili promuovano e tutelino sempre la vita umana, dal concepimento fino al suo spegnersi naturale. Inoltre, chiede per la famiglia il dovuto riconoscimento e un sostegno fattivo. Ben sappiamo, infatti, come nell’attuale contesto l’istituzione familiare venga messa in discussione, quasi nel tentativo di disconoscerne l’irrinunciabile valore. A subirne le conseguenze sono le fasce sociali più deboli, specialmente le giovani generazioni, più vulnerabili e perciò più facilmente esposte al disorientamento, a situazioni di auto-emarginazione ed alla schiavitù delle dipendenze. Talvolta le realtà educative faticano a dare ai giovani risposte adeguate e, venendo meno il sostegno familiare, spesso essi si vedono precluso un normale inserimento nel tessuto sociale. Anche per questo è importante riconoscere che la famiglia, così come Dio l’ha costituita, è il principale soggetto che può favorire una crescita armoniosa e far maturare persone libere e responsabili, formate ai valori profondi e perenni.

Nel frangente di difficoltà economiche in cui versa anche la Comunità Sammarinese, nel contesto italiano e internazionale, la mia vuole essere una parola di incoraggiamento. Sappiamo che gli anni successivi al secondo conflitto mondiale sono stati un tempo di ristrettezze economiche, che hanno costretto migliaia di vostri concittadini ad emigrare. E’ venuto poi un periodo di prosperità, sulla scia dello sviluppo del commercio e del turismo, specie di quello estivo trainato dalla vicinanza della riviera adriatica. In queste fasi di relativa abbondanza spesso si verifica un certo smarrimento del senso cristiano della vita e dei valori fondamentali. Tuttavia, la società Sammarinese manifesta ancora una buona vitalità e conserva le sue migliori energie; ne danno prova le molteplici iniziative caritative e di volontariato a cui si dedicano numerosi vostri concittadini. Vorrei ricordare anche i numerosi missionari sammarinesi, laici e religiosi, che negli ultimi decenni hanno lasciato questa terra per portare il Vangelo di Cristo in varie parti del mondo. Non mancano dunque le forze positive che permetteranno alla vostra Comunità di affrontare e superare l’attuale situazione di difficoltà. A tale proposito, auspico che la questione dei lavoratori frontalieri, che vedono in pericolo la propria occupazione, si possa risolvere tenendo conto del diritto al lavoro e della tutela delle famiglie.

Anche nella Repubblica di San Marino, l’attuale situazione di crisi spinge a riprogettare il cammino e diventa occasione di discernimento (cfr Enc. Caritas in veritate, 21); essa infatti pone l’intero tessuto sociale di fronte all’impellente esigenza di affrontare i problemi con coraggio e senso di responsabilità, con generosità e dedizione, facendo riferimento a quell’amore per la libertà che distingue il vostro popolo. A questo riguardo, vorrei ripetervi le parole rivolte dal Beato Giovanni XXIII ai Reggenti della Repubblica di San Marino, durante una loro visita ufficiale presso la Santa Sede: “L’amore della libertà – diceva Papa Giovanni – vanta tra voi squisitamente radici cristiane, e i vostri padri, cogliendone il vero significato, vi insegnarono a non disgiungere mai il suo nome da quello di Dio, che ne è il suo insostituibile fondamento” (Discorsi, Messaggi, Colloqui del Santo Padre Giovanni XXIII, I, 341-343: AAS 60[1959], 423-424). Questo monito del grande Papa conserva ancora oggi il suo valore imperituro: la libertà che le istituzioni sono chiamate a promuovere e difendere a livello sociale, ne manifesta una più grande e profonda, quella libertà animata dallo Spirito di Dio, la cui presenza vivificante nel cuore dell’uomo dona alla volontà la capacità di orientarsi e determinarsi per il bene. Come afferma l’apostolo Paolo: “È Dio infatti che suscita in voi il volere e l’operare secondo il suo disegno d’amore” (Fil 2,13). E Sant’Agostino, commentando questo passo, sottolinea: “È certo che siamo noi a volere, quando vogliamo; ma a fare sì che vogliamo il bene è Lui”, è Dio, e aggiunge: “Dal Signore saranno diretti i passi dell’uomo, e l’uomo vorrà seguire la sua via” (De gratia et libero arbitrio, 16, 32).

A voi perciò, illustri Signori e Signore, il compito di costituire la città terrena nella dovuta autonomia e nel rispetto di quei principi umani e spirituali a cui ogni singolo cittadino è chiamato ad aderire con tutta la responsabilità della propria coscienza personale; e, allo stesso tempo, il dovere di continuare a operare attivamente per costruire una comunità fondata su valori condivisi. Serenissimi Capitani Reggenti e illustri Autorità della Repubblica di San Marino, esprimo di cuore l’auspicio che l’intera vostra Comunità, nella comunanza dei valori civili e con le sue specifiche peculiarità culturali e religiose, possa scrivere una nuova e nobile pagina di storia e divenga sempre più una terra in cui prosperino la solidarietà e la pace. Con questi sentimenti affido questo diletto popolo alla materna intercessione della Madonna delle Grazie e di cuore invoco su tutti e su ciascuno la Benedizione Apostolica.

INCONTRO CON I GIOVANI DELLA DIOCESI DI SAN MARINO-MONTEFELTRO IN PIAZZA VITTORIO EMANUELE A PENNABILLI

Alle 1915, sul sagrato della cattedrale di pennabilli, Benedetto XVI si è incontrato con i giovani della Diocesi di San Marino-Montefeltro. Nel corso dell’incontro, dopo l’introduzione del Vescovo di San Marino-Montefeltro, mons. Luigi Negri, e il saluto di Marco Angeloni, rappresentante dei giovani, il Papa ha pronunciato il discorso che riportiamo di seguito:

Cari giovani!

Sono molto contento di essere oggi in mezzo a voi e con voi! Sento tutta la vostra gioia e l’entusiasmo che caratterizzano la vostra età. Saluto e ringrazio il vostro Vescovo, Mons. Luigi Negri, per le cordiali parole di accoglienza, e il vostro amico che si è fatto interprete dei pensieri e dei sentimenti di tutti, e ha formulato alcune questioni molto serie e importanti. Spero che nel corso di questa mia esposizione si trovino anche gli elementi per trovare le risposte a queste domande. Saluto con affetto i Sacerdoti, le Suore, gli animatori che condividono con voi il cammino della fede e dell’amicizia; e naturalmente anche i vostri genitori, che gioiscono nel vedervi crescere forti nel bene.

Il nostro incontro qui a Pennabilli, davanti a questa Cattedrale, cuore della Diocesi, e in questa Piazza, ci rimanda con il pensiero ai numerosi e diversi incontri di Gesù che ci sono raccontati dai Vangeli. Oggi vorrei richiamare il celebre episodio in cui il Signore era in cammino e un tale – un giovane – gli corse incontro e, inginocchiatosi, gli pose questa domanda: “Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?” (Mc 10,17). Noi forse oggi non diremmo così, ma il senso della domanda è proprio: cosa devo fare, come devo vivere per vivere realmente, per trovare la vita. Quindi dentro questo interrogativo possiamo vedere racchiusa l’ampia e variegata esperienza umana che si apre alla ricerca del significato, del senso profondo della vita: come vivere, perché vivere. La “vita eterna”, infatti, alla quale fa riferimento quel giovane del Vangelo non indica solamente la vita dopo la morte, non vuol sapere soltanto come arrivo al cielo. Vuol sapere: come devo vivere adesso per avere già la vita che può essere poi anche eterna. Quindi in questa domanda questo giovane manifesta l’esigenza che l’esistenza quotidiana trovi senso, trovi pienezza, trovi verità. L’uomo non può vivere senza questa ricerca della verità su se stesso – che cosa sono io, per che cosa devo vivere – verità che spinga ad aprire l’orizzonte e ad andare al di là di ciò che è materiale, non per fuggire dalla realtà, ma per viverla in modo ancora più vero, più ricco di senso e di speranza, e non solo nella superficialità. E penso che questa – e l’ho visto e sentito nelle parole del vostro amico – sia anche la vostra esperienza. I grandi interrogativi che portiamo dentro di noi rimangono sempre, rinascono sempre: chi siamo?, da dove veniamo?, per chi viviamo? E queste questioni sono il segno più alto della trascendenza dell’essere umano e della capacità che abbiamo di non fermarci alla superficie delle cose. Ed è proprio guardando in noi stessi con verità, con sincerità e con coraggio che intuiamo la bellezza, ma anche la precarietà della vita e sentiamo un’insoddisfazione, un’inquietudine che nessuna cosa concreta riesce a colmare. Alla fine tutte le promesse si dimostrano spesso insufficienti.

Cari amici, vi invito a prendere coscienza di questa sana e positiva inquietudine, a non aver paura di porvi le domande fondamentali sul senso e sul valore della vita. Non fermatevi alle risposte parziali, immediate, certamente più facili al momento e più comode, che possono dare qualche momento di felicità, di esaltazione, di ebbrezza, ma che non vi portano alla vera gioia di vivere, quella che nasce da chi costruisce – come dice Gesù – non sulla sabbia, ma sulla solida roccia. Imparate allora a riflettere, a leggere in modo non superficiale, ma in profondità la vostra esperienza umana: scoprirete, con meraviglia e con gioia, che il vostro cuore è una finestra aperta sull’infinito! Questa è la grandezza dell’uomo e anche la sua difficoltà. Una delle illusioni prodotte nel corso della storia è stata quella di pensare che il progresso tecnico-scientifico, in modo assoluto, avrebbe potuto dare risposte e soluzioni a tutti i problemi dell’umanità. E vediamo che non è così. In realtà, anche se ciò fosse stato possibile, nulla e nessuno avrebbe potuto cancellare le domande più profonde sul significato della vita e della morte, sul significato della sofferenza, di tutto, perché queste domande sono scritte nell’animo umano, nel nostro cuore, e oltrepassano la sfera dei bisogni. L’uomo, anche nell’era del progresso scientifico e tecnologico – che ci ha dato tanto – rimane un essere che desidera di più, più che la comodità e il benessere, rimane un essere aperto alla verità intera della sua esistenza, che non può fermarsi alle cose materiali, ma si apre ad un orizzonte molto più ampio. Tutto questo voi lo sperimentate continuamente ogni volta che vi domandate: ma perché? Quando contemplate un tramonto, o una musica muove in voi il cuore e la mente; quando provate che cosa vuol dire amare veramente; quando sentite forte il senso della giustizia e della verità, e quando sentite anche la mancanza di giustizia, di verità e di felicità.

Cari giovani, l’esperienza umana è una realtà che ci accomuna tutti, ma ad essa si possono dare diversi livelli di significato. Ed è qui che si decide in che modo orientare la propria vita e si sceglie a chi affidarla, a chi affidarsi. Il rischio è sempre quello di rimanere imprigionati nel mondo delle cose, dell’immediato, del relativo, dell’utile, perdendo la sensibilità per ciò che si riferisce alla nostra dimensione spirituale. Non si tratta affatto di disprezzare l’uso della ragione o di rigettare il progresso scientifico, tutt’altro; si tratta piuttosto di capire che ciascuno di noi non è fatto solo di una dimensione “orizzontale”, ma comprende anche quella “verticale”. I dati scientifici e gli strumenti tecnologici non possono sostituirsi al mondo della vita, agli orizzonti di significato e di libertà, alla ricchezza delle relazioni di amicizia e di amore.

Cari giovani, è proprio nell’apertura alla verità intera di noi, di noi stessi e del mondo che scorgiamo l’iniziativa di Dio nei nostri confronti. Egli viene incontro ad ogni uomo e gli fa conoscere il mistero del suo amore. Nel Signore Gesù, che è morto e risorto per noi e ci ha donato lo Spirito Santo, siamo addirittura resi partecipi della vita stessa di Dio, apparteniamo alla famiglia di Dio. In Lui, in Cristo, potete trovare le risposte alle domande che accompagnano il vostro cammino, non in modo superficiale, facile, ma camminando con Gesù, vivendo con Gesù. L’incontro con Cristo non si risolve nell’adesione ad una dottrina, ad una filosofia, ma ciò che Lui vi propone è di condividere la sua stessa vita e così imparare a vivere, imparare che cosa è l’uomo, che cosa sono io. A quel giovane, che Gli aveva chiesto che cosa fare per entrare nella vita eterna, cioè per vivere veramente, Gesù risponde, invitandolo a distaccarsi dai suoi beni e aggiunge: “Vieni! Seguimi!” (Mc 10,21). La parola di Cristo mostra che la vostra vita trova significato nel mistero di Dio, che è Amore: un Amore esigente, profondo, che va oltre la superficialità! Che cosa sarebbe la vostra vita senza questo amore? Dio si prende cura dell’uomo dalla creazione fino alla fine dei tempi, quando porterà a compimento il suo progetto di salvezza. Nel Signore Risorto abbiamo la certezza della nostra speranza! Cristo stesso, che è andato nelle profondità della morte ed è risorto, è la speranza in persona, è la Parola definitiva pronunciata sulla nostra storia, è una parola positiva.

Non temete di affrontare le situazioni difficili, i momenti di crisi, le prove della vita, perché il Signore vi accompagna, è con voi! Vi incoraggio a crescere nell’amicizia con Lui attraverso la lettura frequente del Vangelo e di tutta la Sacra Scrittura, la partecipazione fedele all’Eucaristia come incontro personale con Cristo, l’impegno all’interno della comunità ecclesiale, il cammino con una valida guida spirituale. Trasformati dallo Spirito Santo potrete sperimentare l’autentica libertà, che è tale quando è orientata al bene. In questo modo la vostra vita, animata da una continua ricerca del volto del Signore e dalla volontà sincera di donare voi stessi, sarà per tanti vostri coetanei un segno, un richiamo eloquente a far sì che il desiderio di pienezza che sta in tutti noi si realizzi finalmente nell’incontro con il Signore Gesù. Lasciate che il mistero di Cristo illumini tutta la vostra persona! Allora potrete portare nei diversi ambienti quella novità che può cambiare le relazioni, le istituzioni, le strutture, per costruire un mondo più giusto e solidale, animato dalla ricerca del bene comune. Non cedete a logiche individualistiche ed egoistiche! Vi conforti la testimonianza di tanti giovani che hanno raggiunto la meta della santità: pensate a santa Teresa di Gesù Bambino, san Domenico Savio, santa Maria Goretti, il beato Pier Giorgio Frassati, il beato Alberto Marvelli – che è di questa terra! – e tanti altri, a noi sconosciuti, ma che hanno vissuto il loro tempo nella luce e nella forza del Vangelo, e hanno trovato la risposta: come vivere, che cosa devo fare per vivere.

A conclusione di questo incontro, voglio affidare ciascuno di voi alla Vergine Maria, Madre della Chiesa. Come Lei, possiate pronunciare e rinnovare il vostro “sì” e magnificare sempre il Signore con la vostra vita, perché Lui vi dona parole di vita eterna! Coraggio allora cari giovani e care giovani, nel vostro cammino di fede e di vita cristiana anche io vi sono sempre vicino e vi accompagno con la mia Benedizione. Grazie per la vostra attenzione!