Opinioni & Commenti

Il nostro pessimo bipolarismo non deve contagiare i cattolici

di Domenico Delle Foglie

Non si può rimanere indifferenti dinanzi all’uno-due sferrato dai cardinali Bertone e Bagnasco in tema di «disarmo politico». Usiamo la metafora pugilistica perché ben si addice a quel «deponete le armi» pronunciato ad Assisi dal Segretario di Stato vaticano, Tarcisio Bertone, e rivolto alle forze politiche e sociali del nostro Paese in vista della «ricostruzione di un tessuto della convivenza pacifica, della solidarietà, della comunità».

Parole, quelle del braccio destro di Benedetto XVI, che ribadiscono e rafforzano l’analogo appello rivolto dal presidente della Cei, in occasione della recente assemblea dei vescovi. Allora il cardinale Angelo Bagnasco ebbe a dire: «È necessario e urgente svelenire il clima generale, perché da una conflittualità sistematica, perseguita con ogni mezzo e a qualunque costo, si passi subito ad un confronto leale per il bene dei cittadini e del Paese intero. Davvero ci piacerebbe che, nel riconoscimento di una sana – per quanto vivace – dialettica, inseparabile dal costume democratico, si arrivasse a una sorta di disarmo rispetto alla prassi più bellicosa, che è anche la più inconcludente».

«Disarmo» è dunque la parola chiave sulla quale confrontarsi e sulla cui filigrana passare in rassegna i comportamenti pubblici e privati. Certo, il dibattito pubblico segna ancora il passo. Non si trova, ad esempio, il bandolo della matassa per l’intricatissima quanto essenziale riforma della Giustizia. Per non parlare dei veleni versati nello spazio pubblico da alcune scabrose vicende private. Il tutto con una dose aggiuntiva di disistima sui singoli personaggi coinvolti, ma anche sul sistema politico nel suo complesso. Ma ciò che più sorprende è che la «lezione» pare non sia servita a nulla. Cioè non sembra indurre i contendenti a «deporre le armi», quanto a radicalizzare le posizioni. In barba anche ai ripetuti appelli del capo dello Stato, Giorgio Napolitano.

Una quota altissima di responsabilità è certamente da attribuire ai media, tanto che c’è chi ha parlato di «guerra civile di carta», ma non basta a giustificare l’alto tasso di odio che talvolta si respira nel dibattito pubblico. Un clima generale, dunque, che a qualcuno ha ricordato i miasmi della Prima Repubblica che fecero da incubatore per gli Anni di piombo.

Di qui la necessità, per i cattolici, di tenere la mente fredda per discernere la realtà italiana e soprattutto per lanciare un chiaro messaggio di pacificazione al Paese. Il non farsi trascinare nella mischia, a questo punto, è essenziale. Come il mantenere sempre i nervi saldi, pur simpatizzando per l’uno o per l’altro campo politico, per far valere sempre le ragioni del confronto.

Il modo giusto per testimoniare il nostro amore per l’Italia è proprio quello di coltivare la qualità del dialogo all’interno delle nostre associazioni, dei nostri gruppi, delle nostre aggregazioni e delle nostre parrocchie. Senza mai importare le artificiose divisioni della politica. Di tutto, infatti, hanno bisogno le nostre comunità, tranne che del farsi contagiare dal pessimo bipolarismo nel quale siamo immersi. Guai a dividerci in base all’appartenenza politica: sarebbe un grave tradimento per le comunità dei cristiani.