«Arezzo, prima Piero, ma non solo Piero». Così ha commentato il critico d’arte Vittorio Sgarbi, ospite doc, visitando il museo diocesano che, nell’ambito del progetto il Cammino del Sacro, è stato riaperto sabato scorso alla presenza del Vescovo di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, monsignor Gualtiero Bassetti, del prefetto Francesca Adelaide Garufi e del sindaco di Arezzo Giuseppe Fanfani insieme a molte autorità, giornalisti e addetti ai lavori. Il museo, dopo una attenta opera di restauro e di ammodernamento, svolta in collaborazione con Banca Etruria, restituisce ai visitatori veri e propri capolavori: le tele di Giorgio Vasari, le tavole di Bartolomeo della Gatta, gli affreschi di Spinello Aretino e una importante raccolta di arredi e di oreficeria sacra, contribuendo a fare di Arezzo una fra le città toscane più «ricercate» negli itinerari d’arte.A proposito di itinerari, in occasione dell’inaugurazione, è stato presentato ufficialmente anche il Cammino del Sacro, un percorso turistico culturale importante che valorizza così, in modo permanente, l’arte sacra di Arezzo. Un cammino che, iniziando nella parte alta della città, la attraversa in tutto il centro storico, terminando poi nella parte bassa, con la visita ad otto chiese: il Duomo, la Basilica di San Domenico, la chiesa di Santa Maria in Gradi, la chiesa della Santissima Annunziata, la Badia delle SS. Flora e Lucilla, la chiesa di San Francesco, la pieve di Santa Maria, il santuario di Santa Maria delle Grazie. In tutte queste chiese è possibile visitare capolavori di inestimabile valore: basti pensare alla Leggenda della Croce di Piero della Francesca nella basilica di San Francesco e al Crocifisso di Cimabue a San Domenico.Ma, tornando all’interno del museo, troviamo nella sala degli affreschi e delle tele, una bella tavola di Andrea di Nerio, maestro di Spinello, datata tra il 1331 e il 1369: una Annunciazione proveniente dalla chiesa di San Marco del Murello. Sempre nella stessa sala possiamo ammirare anche una splendida tela del Vasari, un olio su seta rossa, raffigurante la Vergine con il Bambino. La tela era nata originariamente come stendardo professionale dove la Madonna protegge sotto il mantello i fedeli, quindi, simbolicamente, il popolo aretino.Lo spazio museale è oltremodo arricchito, come sopracitato, da una importante raccolta di arredi e di oreficeria Sacra. Su quest’ultima è consigliabile indugiare più a lungo per cogliere la ricchezza dei particolari al di là della preziosità degli ori e degli argenti. C’ è da augurarsiche «siano gli aretini per primi», come ha detto Daniela Galoppi, curatrice della mostra, «ad apprezzare il valore di questa raccolta di straordinario interesse che perfettamente si integra nel già pur vasto patrimonio artistico della nostra città a cui si aggiunge il fascino della memoria di alcuni oggetti», come ad esempio dei paramenti, strappati all’usura del tempo, indossati nelle celebrazioni eucaristiche dall’amatissimo Vescovo Emanuele Mignone, o alcune tavolette ex voto alla Madonna del Conforto, testimoni di una fede semplice ma fortemente radicata nella nostra gente.Anna Maria Berni