Il corso «Da cristiani in politica» organizzato dall’Ufficio per la Pastorale Sociale e del Lavoro e lanciato dal Vescovo, monsignor Gualtiero Bassetti a gennaio, continua il suo percorso arricchendosi con apporti di relatori qualificati. Nell’ultimo incontro è stato trattato il tema del lavoro da Savino Pezzotta, che ancora era segretario nazionale Cisl prima che presentasse le dimissione. Il relatore ha esordito dicendo che il Compendio della dottrina sociale della Chiesa va assunto come «catechismo sociale» e affermando che «l’importanza, la necessità e l’urgenza della dottrina della Chiesa che emerge in modo particolare oggi che stiamo vivendo un momento storico segnato da profondi e radicali cambiamenti durante i quali un confronto con la complessità che ci circonda esige strumenti e bussole sempre più sensibili per scoprire i punti di riferimento a livello esistenziale, economico e politico. Come cristiani impegnati nell’attività sociale o politica abbiamo un profondo bisogno di “rileggere” il Vangelo».A questo punto Pezzotta ha chiarito che «la dottrina sociale della Chiesa presuppone dei cristiani che abbiano preso Gesù Cristo come riferimento per la loro vita, come Salvatore. Un tempo era forse più facile essere e dirsi cristiani perché vivevamo in un ambiente impregnato dal cristianesimo e in grado di orientare la vita delle persone, la cultura, i costumi». Ha continuato il relatore in modo chiaro e categorico: «Il Compendio non è un ricettario di formule da usare per risolvere, in modo uniforme e acritico, i problemi dell’uomo e della società. A partire dalla “Gaudium et spes” la dottrina sociale si fonda sulla valorizzazione dell’autonomia delle realtà terrene». Il testo che si vuole analizzare è un lavoro di sintesi e di sistemazione tematica dell’insegnamento sociale della Chiesa Cattolica. Si divide in due parti: i criteri formativi della dottrina sociale cattolica nella prima parte; nella seconda sono descritte le questioni sociali, la famiglia, il lavoro, la vita economica, la comunità politica, la comunità internazionale, l’ambiente e la pace. Esso è complesso, ma ben articolato e si rivolge a tutti.Poi è stato affrontato il tema del lavoro. L’uomo non ha il dominio sul creato, ma ha il compito di coltivarlo e farlo crescere. Ha spiegato Pezzotta: «Il lavoro appartiene alla condizione originaria dell’uomo: esso è nel progetto del Creatore, benedizione e non maledizione. Va onorato attraverso la creazione di condizioni decorose e considerato lo strumento principale contro la miseria e la povertà. Non va idolatrato. Il coronamento del lavoro non è la ricchezza, ma il riposo. Un riposo che non va confuso con l’ozio, ma assunto come idea di libertà. Il sabato, ad esempio, è secondo il Compendio, istituito a difesa del povero». Nel Compendio il lavoro è presentato come imitazione di Cristo e chiaramente in antitesi con teorie e pratiche moderne che considerano il lavoro come merce. Il lavoro è in funzione della dignità della persona.Pezzotta è diventato deciso e con forza ha affermato: «Il lavoro mantiene un ruolo centrale nella vita e nella crescita della persona e pertanto esso va valorizzato e riscattato. Il lavoro sembra chiedere uno sforzo di liberazione e di valorizzazione, come presupposto indispensabile per creare le condizioni di una vera dignità per tutti. La Chiesa ha posto, con la “Rerum novarum”, l’accento sul lavoratore più che sul lavoro».Il relatore ha tratto alcune indicazioni dalla lettura del Compendio sulla tematica dell’impiego: il lavoro non va assolutizzarlo, ma neppure squalificarlo; va definito non solo come categoria economica, ma anche sociologica e antropologica; va elevato dal piano delle necessità a quello delle opportunità. Qui entra la categoria dei nuovi diritti, delle nuove tutele. Il lavoratore non è uno strumento di produzione: esso esercita tramite il lavoro la sua opera trasformatrice e partecipativa. Ha concluso Pezzotta:«Il diritto al lavoro è proposto come diritto fondamentale e pertanto esiste il dovere di creare le condizioni di un lavoro per tutti».Lucia Zamboni