Arezzo - Cortona - Sansepolcro

Il medico non può disporre della vita

E’ quanto accaduto in occasione del seminario dal titolo «Welby e gli altri: casi di rifiuto di terapie salva-vita» tenutosi ad Arezzo, organizzato dal Centro interdipartimentale di Bioetica e Biodiritto dell’Università di Siena. Nei vari interventi in programma si è assistito a quella che potremmo definire «la sagra dell’autodeterminazione», durante la quale si è assunta la libertà individuale del malato quale unico criterio per la decisione sul destino del malato stesso. «Si è finto di ignorare – spiega Lorenzo Schoepflin, presidente del comitato “Scienza & Vita” di Arezzo – che spesso la richiesta di morte da parte di una persona sofferente è dettata da ragioni psicologiche e dalla paura del dolore, superabili mediante un’ opportuna assistenza. Si sono accostati casi di rifiuto di alimentazione e idratazione artificiale, definite ad arte come terapie invasive e lesive della dignità del malato, a casi in cui donne incinte hanno rinunciato a sottoporsi a chemioterapia per salvaguardare la vita del nascituro, ignorando che le due situazioni sono assai diversi nelle ragioni delle scelte e nelle loro finalità. Alla base di queste contraddizioni c’è quella di una medicina che dichiara la propria sconfitta di fronte al dolore e alla morte. Preferisco pensare ad un medico in grado di accudire chi soffre, trattando la vita come un bene indisponibile, da tutelare dal concepimento fino alla morte naturale».