Toscana
Il liturgista: c’è bisogno di celebrazioni gioiose
Volendo essere anche un po’ più temerari si può anche parlare di rivalutazione di alcune idee, a suo tempo condannate, scaturite nel Sinodo di Pistoia del 1786. Questo il motivo del ricordo; ma quando si parla di rivoluzioni (riforme), e in questo caso di questo si deve parlare, bisogna anche parlare dei vantaggi e dei benefici che tali rivoluzioni producono nella storia. Proviamo ad accennare il più rilevante: innanzitutto l’importanza della Liturgia nella vita della Chiesa come «il culmine verso cui tende l’azione della Chiesa e, insieme, la fonte cui promana tutta la sua virtù». Si annuncia per celebrare, si celebra per annunciare e testimoniare l’opera salvifica di Cristo. Da questa prima affermazione scaturisce la necessità della partecipazione attiva, consapevole e fruttuosa dei fedeli all’azione liturgica. È stato questo il principio ispiratore che ha animato l’opera di quell’esercito di liturgisti, già «armato ed equipaggiato», capitanato dalla sapienza del card. Lercaro e di mons. Bugnini sotto la costante supervisione di Paolo VI, grande artefice dell’attuazione del Concilio e di conseguenza della Riforma liturgica, della quale oggi tutto il popolo santo di Dio ne gode i benefici.
Certo pochi oggi si ricordano della Messa in latino, del rosario o delle giaculatorie che supplivano l’incomprensione della celebrazione, della scarsa e solita Parola di Dio proclamata e sempre in latino, della quasi assenza di catechesi ispirata e suggerita dalla celebrazione e supplita da quelle grandi prediche di tonanti frati dal pulpito in determinate occasioni come i quaresimali, della misteriosità di ciò che compiva il sacerdote all’altare con le spalle girate verso il popolo, di quel senso di arcano e di mistero, che pur nella consapevolezza che si stava dando lode al Dio di Gesù Cristo, rimaneva in coloro che partecipavano ai riti della Chiesa cattolica. Tutto questo è bene che rimanga un ricordo visto che la Liturgia del Concilio ci ha dato la possibilità, con i suoi riti riformati, di partecipare: attivamente, attraverso i vari ministeri, consapevolmente, attraverso la comprensione di ciò che viene compiuto, fruttuosamente, con quello che può significare per ciascuno, all’incontro con il Salvatore che si fa presente nella Chiesa e nel mondo nella celebrazione e ci dà la possibilità di incontrarci con Lui. Questa è l’offerta, anzi la grande offerta, che il Concilio quarant’anni fa ha donato alla comunità cristiana, ma anche oggi si sta verificando quello che avvenne dopo l’editto di Costantino quando, con la libertà ottenuta, la Chiesa codificò i suoi riti e le sue celebrazioni, ma il popolo si rese sempre più distante e sempre meno partecipe.