Lucca

Il Libro di Ilaria Sabbatini: «Lucca, il Volto Santo e la Via Francigena». Introduzione di mons. Giulietti

Sabbatini, come nasce questo libro?«Dal punto di vista tematico perché sono una studiosa del pellegrinaggio, della sua letteratura e come fenomeno sociale, poi da un lavoro di organizzazione dell’Archivio digitale del Volto Santo. Qui sono confluiti una raccolta iconografica, manoscritti, bibliografia, opere edite e studi più recenti. Mi sono ritrovata un quantitativo enorme di materiale sul Volto Santo, ma in cui viene sempre analizzato come fenomeno legato all’identità dei lucchesi sia in città che all’estero. Essendo sempre osservato di per sé e poco in relazione alla viabilità, ho messo insieme queste due cose». Cosa viene approfondito in particolare?«Il libro si apre con un discorso ampio sulla viabilità medievale, che ora è diventata strumento per la valorizzazione turistica e spesso è osservata solo come un fenomeno folkloristico, quindi occorreva fare un inquadramento approfondito sul sistema viario. Poi la Via Francigena, una trattazione su come nasce il suo nome e sul fatto che non sia una strada, ma un reticolo. Questa è una delle cose più difficili da concepire dato che spesso la si pensa come una linea. In epoca medievale, infatti, si aveva un sistema di strade fatte per arrivare ad una destinazione e la cosa interessante è che i grandi santuari diventavano nodi. Uno dei più forti era Lucca, punto fondamentale di percorrenza sia per ragioni politiche che geomorfologiche. Quindi si sono volute unire tante tipologie di narrazione del pellegrinaggio, in forma di itinerario e di diari che parlano dell’attraversamento di Lucca». Il Volto Santo come si colloca in questo contesto?«Ha una specificità come emblema della Chiesa ma anche come icona civica, infatti è uno dei primi a comparire sulla monetazione». Il suo libro, Sabbatini, ha un’introduzione dell’Arcivescovo Paolo Giulietti.«Sì, sottolinea proprio ciò che si voleva evidenziare, cioè che quando si fa un discorso di studi sul pellegrinaggio si tratta di un lavoro scientifico. Molti usano il pellegrinaggio come strumento di valorizzazione ma dobbiamo considerare il suo retroterra storico, che è importante anche per chi lo intraprende e sa di “mettersi a camminare sulla storia”, altrimenti si rischia di raccontarne una forma edulcorata e semplificata». Questo libro in che modo arricchisce la conoscenza dei simboli identitari lucchesi?«Mettendo in collegamento il Volto Santo con il sistema di pellegrinaggi. Non è così scontato perché viene spesso visto come un fenomeno a sé stante, molto locale, legato alla Santa Croce. Ma tutto questo culto rimanda ad echi che ci portano in Terra Santa. L’idea è di aprire il tema del Volto Santo verso l’esterno: dal punto di vista simbolico ci sono tematismi che richiamano l’Oriente, dal punto di vista stradale si capisce il suo culto se guardiamo una carta di viabilità medievale ed osserviamo la sua posizione rispetto ad altri santuari e a Roma». È il primo della collana “Leobinus” di cui è direttrice.«Sì, Leobinus o Leboino, secondo la leggenda, avrebbe scritto la leggenda stessa del Volto Santo. Non si sa se sia un personaggio reale o fittizio ma lo abbiamo preso come narratore delle “cose” di Lucca, delle storie di Lucca. Infatti, le prossime uscite riguarderanno storia, leggenda e tradizione lucchese sempre con un taglio scientifico».

La collana Leobinus

Con il libro «Lucca, il Volto Santo e la Via Francigena» si apre la collana di studi lucchesi «Leobinus» diretta da Ilaria Sabbatini. Formano il comitato scientifico editoriale Fiorella Dallari dell’Università di Bologna, che fa parte del team cattedre Unesco-Italia «Landscaping, Urban Sustainability, Tourism», Isabella Gagliardi dell’Università di Firenze, è studiosa delle istituzioni ecclesiastiche e dei movimenti religiosi della cristianità medievale, Tommaso Maria Rossi, archivista dell’Archivio Storico Diocesano di Lucca e profondo conoscitore del patrimonio documentario lucchese. (G.C.)