Italia
Il Kosovo rinasce anche grazie alle Caritas toscane
Nel luglio del ’99, subito dopo la fine del conflitto armato, la Caritas Toscana si è messa in movimento insieme a quella della regione Umbria e della diocesi di Latina per dare una mano a costruirlo. I primi volontari, che durante la guerra avevano lavorato nel campo di accoglienza costruito alla periferia di Skopje, in Macedonia, entrarono in Kosovo quando ancora saliva il fumo dalle macerie delle case incendiate. Tre anni più tardi, alcuni sono ancora lì, nel campo di Radulac, pronti a lasciare quello spicchio di Kosovo occidentale un po’ migliore di come lo hanno trovato.
Nei giorni scorsi una delegazione guidata dall’arcivescovo di Spoleto Riccardo Fontana, dal presidente delle Misericordie d’Italia Gianfranco Gambelli, dai delegati regionali Caritas per l’Umbria don Lucio Gatti e per la Toscana don Renzo Chesi, e composta anche da alcuni direttori di Caritas diocesane ha raggiunto il Kosovo per inaugurare due strutture costruite dai volontari del campo e tirare le somme del lavoro svolto.
Nella parrocchia di Zllocuçan, che ha rappresentato il punto di riferimento locale per le attività promosse dalla Caritas, è stato tagliato il nastro teso davanti all’ingresso del nuovo centro polifunzionale. Costruito a pochi metri dalla chiesa, l’edificio ospiterà la sede della Misericordia di Klina, un asilo per accudire i bambini, un centro di formazione e offrirà spazio anche al coro della parrocchia. Finanziata dalla Misericordia dell’Antella e in parte dalle delegazioni Caritas di Umbria, Toscana e Latina, con circa 200 milioni di lire, la struttura comprende un salone e quattro stanze al piano terreno e un ampio soppalco in muratura. «È stato un lavoro impegnativo racconta Massimo Mazzali, responsabile del campo. Abbiamo operato nel cantiere per cinque mesi insieme ad alcuni capimastro del posto che ci hanno aiutato a superare le difficoltà tecniche e logistiche». Poi, mentre gli altri alzano i bicchieri, lui si defila, che ci sono ancora mille cose da sistemare.
E poi, la distribuzione degli aiuti. In tre anni sono arrivati nel magazzino di Zllocuçan un centinaio di Tir che hanno scaricato tonnellate di letti, armadi e alimenti raccolti in Italia dalle diocesi. La macchina della solidarietà non si è mai fermata, instancabile, lungo le strade sterrate, in mezzo al fango dei sentieri, di fronte alla stanchezza che invita a rinunciare. A fine anno si spegneranno le luci del campo di Radulac, ma non i legami stretti con mille volti al di là dell’Adriatico. Quelli, promettono da una parte e dall’altra, resteranno sempre accesi.