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Il grande giubileo del 2000

“Uno degli elementi caratteristici del Grande Giubileo sta in ciò che ho qualificato come ‘purificazione della memoria’. Come Successore di Pietro, ho chiesto che ‘in questo anno di misericordia la Chiesa, forte della santità che riceve dal suo Signore, si inginocchi dinanzi a Dio ed implori il perdono per i peccati passati e presenti dei suoi figli’”. Questa una delle immagini del Grande Giubileo del 2000, data da Giovanni Paolo II, durante la messa per la “Giornata del perdono” (12 marzo, prima domenica di Quaresima). L’invito a “purificare la memoria” era già presente nella “Incarnationis mysterium”, la Bolla di indizione del Giubileo del 2000: “Il segno della purificazione della memoria chiede a tutti un atto di coraggio e di umiltà nel riconoscere le mancanze compiute da quanti hanno portato e portano il nome di cristiani… I cristiani sono invitati a farsi carico, davanti a Dio e agli uomini offesi dai loro comportamenti, delle mancanze da loro commesse… Lo sguardo sia fisso sul futuro. Il Padre misericordioso non tiene conto dei peccati dei quali ci siamo veramente pentiti” (n.11). Delle numerose celebrazioni, che hanno scandito i vari mesi dell’Anno Santo 2000, ripercorriamo con le parole di Giovanni Paolo II quattro momenti, tra i più significativi.

“GIORNATA DEL PERDONO”. “Perdoniamo e chiediamo perdono!”. Questo l’appello più volte ripetuto da Giovanni Paolo II durante la “Giornata del perdono”, celebrata il 12 marzo 2000, nella cornice del Grande Giubileo. “La richiesta di perdono” – ha spiegato il Papa in quell’occasione – è “fondata sulla responsabilità oggettiva che accomuna i cristiani, in quanto membra del Corpo mistico” e “spinge i fedeli di oggi a riconoscere, insieme con le proprie, le colpe dei cristiani di ieri, alla luce di un accurato discernimento storico e teologico. Riconoscere le deviazioni del passato serve a risvegliare le nostre coscienze di fronte ai compromessi del presente, aprendo a ciascuno la strada della conversione”. Da qui l’invito ai credenti: “Perdoniamo e chiediamo perdono! Mentre lodiamo Dio che, nel suo amore misericordioso, ha suscitato nella Chiesa una messe meravigliosa di santità, di ardore missionario, di totale dedizione a Cristo ed al prossimo, non possiamo non riconoscere le infedeltà al Vangelo in cui sono incorsi certi nostri fratelli, specialmente durante il secondo millennio. Chiediamo perdono per le divisioni che sono intervenute tra i cristiani, per l’uso della violenza che alcuni di essi hanno fatto nel servizio alla verità, e per gli atteggiamenti di diffidenza e di ostilità assunti talora nei confronti dei seguaci di altre religioni”. A maggior ragione, “confessiamo le nostre responsabilità di cristiani per i mali di oggi. Dinanzi all’ateismo, all’indifferenza religiosa, al secolarismo, al relativismo etico, alle violazioni del diritto alla vita, al disinteresse verso la povertà di molti Paesi, non possiamo non chiederci quali sono le nostre responsabilità. Per la parte che ciascuno di noi, con i suoi comportamenti, ha avuto in questi mali, contribuendo a deturpare il volto della Chiesa, chiediamo umilmente perdono”. Allo stesso tempo, “mentre confessiamo le nostre colpe, perdoniamo le colpe commesse dagli altri nei nostri confronti. Nel corso della storia innumerevoli volte i cristiani hanno subito angherie, prepotenze, persecuzioni a motivo della loro fede. Come perdonarono le vittime di tali soprusi, così perdoniamo anche noi. La Chiesa di oggi e di sempre si sente impegnata a purificare la memoria di quelle tristi vicende da ogni sentimento di rancore o di rivalsa. Dall’accoglienza del perdono divino scaturisce l’impegno al perdono dei fratelli ed alla riconciliazione reciproca”.

IL PELLEGRINAGGIO GIUBILARE IN TERRA SANTA. Nell’Anno Santo 2000 Giovanni Paolo II ha compiuto due pellegrinaggi giubilari: il primo, al Monte Sinai (dal 24 al 26 febbraio); il secondo, in Terra Santa (dal 20 al 26 marzo). Di quest’ultimo pellegrinaggio l’immagine ancora presente negli occhi di tutti è Giovanni Paolo II davanti al Muro del Pianto (Gerusalemme, domenica 26 marzo). Il Papa ha infilato in una fessura del Muro questa preghiera: “Dio dei nostri padri, tu hai scelto Abramo e la sua discendenza perché il tuo Nome fosse portato alle genti: noi siamo profondamente addolorati per il comportamento di quanti nel corso della storia hanno fatto soffrire questi tuoi figli, e chiedendoti perdono vogliamo impegnarci in un’autentica fraternità con il popolo dell’alleanza”.

I TESTIMONI DELLA FEDE DEL XX SECOLO. “L’esperienza dei martiri e dei testimoni della fede non è caratteristica soltanto della Chiesa degli inizi, ma connota ogni epoca della sua storia. Nel secolo ventesimo, poi, forse ancor più che nel primo periodo del cristianesimo, moltissimi sono stati coloro che hanno testimoniato la fede con sofferenze spesso eroiche”. Così il Papa durante la celebrazione ecumenica – svoltasi il 7 maggio 2000 al Colosseo – in cui sono stati commemorati i “testimoni della fede del secolo ventesimo”. “Quanti cristiani – ha detto il Pontefice nell’omelia – in ogni Continente, nel corso del Novecento hanno pagato il loro amore a Cristo anche versando il sangue! Essi hanno subito forme di persecuzione vecchie e recenti, hanno sperimentato l’odio e l’esclusione, la violenza e l’assassinio. Tanti hanno rifiutato di piegarsi al culto degli idoli del ventesimo secolo, e sono stati sacrificati dal comunismo, dal nazismo, dall’idolatria dello Stato o della razza. Molti altri sono caduti nel corso di guerre etniche o tribali, perché avevano rifiutato una logica estranea al Vangelo di Cristo. Alcuni hanno conosciuto la morte, perché, sul modello del buon Pastore, hanno voluto restare con i loro fedeli, nonostante le minacce. In ogni continente e lungo l’intero Novecento, c’è stato chi ha preferito farsi uccidere, piuttosto che venir meno alla propria missione. Religiosi e religiose hanno vissuto la loro consacrazione sino all’effusione del sangue. Uomini e donne credenti sono morti offrendo la loro esistenza per amore dei fratelli, specie dei più poveri e deboli. Non poche donne hanno perso la vita per difendere la loro dignità e la loro purezza”. In questa occasione Giovanni Paolo II ha anche portato la propria testimonianza: “Nella mia Patria, durante la seconda guerra mondiale, sacerdoti e cristiani furono deportati nei campi di sterminio. Solo a Dachau furono internati circa tremila sacerdoti. Il loro sacrificio si unì a quello di molti cristiani provenienti da altri Paesi europei e talora appartenenti ad altre Chiese e Comunità ecclesiali. Sono testimone io stesso, negli anni della mia giovinezza, di tanto dolore e di tante prove. Il mio sacerdozio, fin dalle sue origini, si è iscritto nel grande sacrificio di tanti uomini e di tante donne della mia generazione. L’esperienza della seconda guerra mondiale e degli anni successivi mi ha portato a considerare con grata attenzione, l’esempio luminoso di quanti, dai primi anni del Novecento sino alla sua fine, hanno provato la persecuzione, la violenza, la morte, per la loro fede e per il loro comportamento ispirato alla verità di Cristo”. A questa celebrazione giubilare hanno partecipato rappresentanti del Patriarcato ecumenico e delle altre Chiese sorelle ortodosse, rappresentanti delle Antiche Chiese d’Oriente, della Comunione anglicana, delle Comunioni cristiane mondiali di Occidente e delle Organizzazioni ecumeniche.

IL TERZO SEGRETO DI FATIMA. Giovanni Paolo II, nell’anno giubilare, ha anche compiuto un viaggio a Fatima (Portogallo) dal 12 al 13 maggio. Nel corso di questo viaggio, il Papa ha rivelato, per bocca del cardinale Angelo Sodano, il terzo segreto di Fatima (esattamente 19 anni dopo l’attentato in piazza San Pietro). Si tratta della terza parte di una rivelazione che la Madonna avrebbe fatto ai tre pastorelli portoghesi Lucia, Giacinta e Francesco il 17 maggio 1917: “La visione di Fatima – ha detto il card. Sodano – riguarda soprattutto la lotta dei sistemi atei contro la Chiesa e i cristiani e descrive l’immane sofferenza dei testimoni della fede dell’ultimo secolo del secondo millennio. È una interminabile Via Crucis guidata dai Papi del ventesimo secolo. Secondo l’interpretazione dei ‘pastorinhos’, interpretazione confermata anche recentemente da suor Lucia, il ‘vescovo vestito di bianco’ che prega per tutti i fedeli è il Papa. Anch’egli, camminando faticosamente verso la Croce tra i cadaveri dei martirizzati (vescovi, sacerdoti, religiosi, religiose e numerosi laici) cade a terra come morto, sotto i colpi di arma da fuoco. Dopo l’attentato del 13 maggio 1981, a Sua Santità apparve chiaro che era stata ‘una mano materna a guidare la traiettoria della pallottola’, permettendo al ‘Papa agonizzante’ di fermarsi ‘sulla soglia della morte’… I successivi avvenimenti del 1989 hanno portato, sia in Unione Sovietica che in numerosi Paesi dell’Est, alla caduta del regime comunista che propugnava l’ateismo. Anche per questo il Pontefice ringrazia dal profondo del cuore la Vergine Santissima. Tuttavia, in altre parti del mondo gli attacchi contro la Chiesa e i cristiani, con il peso di sofferenza che portano con sé, non sono purtroppo cessati. Anche se le vicende a cui fa riferimento la terza parte del segreto di Fatima sembrano ormai appartenere al passato, la chiamata della Madonna alla conversione e alla penitenza, pronunciata all’inizio del ventesimo secolo, conserva ancora oggi una sua stimolante attualità”. La rivelazione è stata fatta al termine della messa di beatificazione dei “pastorelli” Giacinta e Francesco Marto. Lucia, la più grande dei tre “pastorinhos”, diventata suora carmelitana, si è spenta, a 97 anni, lo scorso 13 febbraio.Sir