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Il flagello dell’Aids

Si svolge oggi, lunedì 1° dicembre, la giornata mondiale per la lotta contro l’Aids. Sebbene la malattia non risparmi ormai nessuna zona per pianeta, è l’Africa il continente più colpito, ed in particolare la regione subsahariana. Dei circa 40 milioni di persone affette da Hiv/Aids, infatti, si stima che non meno 26 milioni e 600mila, ma forse già 30 milioni, vivano nel continente africano, che sta lentamente ma inesorabilmente morendo a causa della sindrome da immunodeficienza acquisita.

Vi sono Paesi africani, come il Botswana e lo Swaziland, in cui ormai una o due generazioni sono andate praticamente perdute, e dove percentuali impressionanti della popolazione hanno contratto l’Hiv. La morte nell’Africa subsahariana, solo l’anno scorso, di circa due milioni e 300mila persone a causa dell’Aids ha aumentato ulteriormente il numero enorme degli orfani (ormai circa 11 milioni) che sta mettendo sempre più a dura prova, e in alcuni casi disgregando, l’istituzione consuetudinaria della famiglia allargata. Paesi come il Botswana, lo Swaziland e lo Zimbabwe stanno pressoché scomparendo.

Nel Botswana, secondo i dati del 2002 dell’Unaids, l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di Aids, il 38,8 per cento della popolazione è ormai sieropositiva; nello Swaziland, il 37,5 per cento; nello Zimbabwe, il 33,7; nel Lesotho, il 31 per cento. La diffusione dell’Aids, in mancanza di politiche di prevenzione incisive e a causa della cronica mancanza di fondi di tutti i Paesi dell’area, che impedisce di poter spendere cifre enormi per acquistare prodotti antiretrovirali il cui costo lievita nell’interesse delle case farmaceutiche che ne detengono il brevetto, nei prossimi sette anni potrebbe più che raddoppiare il numero degli orfani e decimare irrimediabilmente l’Africa subsahariana.

Le cifre possono forse rendere meglio tutto questo. Circa il 70 per cento dei sieropositivi registrati nel mondo si trova nella regione, che è però abitata solo dal due per cento della popolazione globale. Un africano ogni 11 ha contratto l’Hiv, ma il 60 per cento della popolazione sieropositiva è composta da donne, che da sempre rappresentano il nerbo dell’economia e della cultura africane, nonostante la crescente marginalizzazione del genere femminile nel settore politico. In Africa sono già stati calcolati almeno 15 milioni di decessi a causa dell’Aids, ma le cifre sono necessariamente imprecise per difetto.

Come anticipato, l’anno scorso sono decedute due milioni e 300mila persone, mentre circa tre milioni e 200mila avrebbero a loro volta contratto la malattia. Nell’emergenza, una piccola speranza viene dal Sudafrica, che lo scorso 20 novembre ha annunciato di voler realizzare, con una procedura d’urgenza, “un programma per la messa a disposizione di farmaci antiretrovirali nel settore pubblico della Sanità”.

Per la prima volta, dopo tante resistenze da parte del governo di Tabo Mbeki, le pressioni dell’opposizione politica, degli ambienti medici nazionali, delle Organizzazioni non governative nazionali ed internazionali che prestano aiuto ai malati di Aids, dei sindacati e di personalità del calibro di Nelson Mandela e Desmond Tutu, hanno convinto l’esecutivo sudafricano a realizzare un piano nazionale di cura dell’Hiv. Un esempio difficile, tuttavia, da seguire per gli altri Paesi della regione, alle prese con un debito estero schiacciante e privi di fondi per acquistare farmaci antiretrovirali (o anche per fabbricarne di generici attraverso i propri laboratori) che potrebbero salvare non solo la vita a milioni di persone ma a un intero continente.

Ieri, all’Angelus, il Papa ha pregato per coloro che sono colpiti da questo “flagello” che “purtroppo è ancora in forte crescita, specialmente nei Paesi più poveri”. Ha anche incoraggiato “quanti nella Chiesa svolgono, verso questi nostri fratelli e sorelle, un inestimabile servizio di accoglienza, di cura e di accompagnamento spirituale”.E dai vescovi africani arriva un «piano d’azione» contro l’epidemia.Misna

L’Angelus del Papa