Opinioni & Commenti
Il figlio può attendere. L’auto no
Appartamento medio della media borghesia. Due trentenni. Lui sta ancora rigirandosi nel lettone, lei è già perfettamente vestita per una nuova giornata attiva e produttiva. Lui le porge con fare ansioso un test di gravidanza, dei tanti che gli ingombrano il cassetto del comodino. Lei sorride: «Guarda che per avere un bambino non bisogna avere fretta». Già, perché lui ha tanta fretta? Perché desidera un figlio. Di più: «Magari sono quattro». Gemelli, par di capire. E che sia l’esatto numero delle ruote è una pura coincidenza. Ma sì, lui desidera il macchinone a sette posti. Claim: «Devi proprio avere figli per avere una T.?». Domanda retorica. No di certo, oh grullo. Anche perché in famiglia il bambino c’è già ed è lui, il marito impacciato; e madre, padre, tutto quanto è lei, sicura, impeccabile, autorevole. Il messaggio è tanto ridicolo quanto irritante. Faccio figli per cambiare auto, e non (viceversa) cambio auto perché i figli dentro non ci stanno più. I figli come mezzo, non come fine. Non sentite puzzo di marcio? È la dimostrazione mediatica e consumistica dell’assunto iniziale: gli italiani fanno sempre più auto e sempre meno figli. Anche perché il messaggio della V. è esplicito: per il figlio c’è tempo, per l’auto nuova no. Il figlio è un desiderio che può attendere, l’auto puoi, anzi devi comprartela subito. E allora ti viene in mente un altro spot allucinato, quello dove tutti ti ringraziano perché facendo la spesa contribuisci alla crescita del Pil, e comprendi: i figli impoveriscono la nazione, le auto l’arricchiscono. Sei un vero patriota? Comportati di conseguenza. Ecco, se questa è la lezione, noi siamo pessimi patrioti. E ne andiamo fieri.