Opinioni & Commenti
Il dovere dei cattolici: costruire politica
di Domenico Delle Foglie
E’ accaduto tutto così in fretta, che a pensarci bene gira un po’ la testa. Il 17 ottobre, a Todi, il mondo cattolico si è riunito per parlare di «Buona politica per il bene comune». Giusto un mese dopo, il 16 novembre, è nato il governo Monti. Con la presenza di tre dei protagonisti di Todi nella veste di ministri: Corrado Passera, Lorenzo Ornaghi e Andrea Riccardi. Nel mezzo, l’esplosione di una crisi del debito sovrano senza precedenti e le dimissioni di Silvio Berlusconi sotto l’incombere della sfiducia dei mercati oltre che dell’assottigliarsi della sua maggioranza parlamentare. Il resto è storia dei nostri giorni, con un governo che cerca di risalire nella stima internazionale e un Paese in attesa delle misure di salvataggio che riservano sacrifici per tutti, nel segno dell’equità sociale. «Non lacrime e sangue», promette Mario Monti. Staremo a vedere.
A leggere la stampa italiana, è tutto un rincorrersi di analisi, più o meno informate, simpatizzanti o maliziose sul «dopo Todi». Ed è su questa fase nuova che ci soffermero, giusto per orientarci meglio, indicare qualche punto fermo e porre alcuni paletti quanto mai necessari.
Punti fermi: innanzitutto non può essere un caso se, proprio in occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia, ai cattolici venga chiesto di partecipare attivamente, con i suoi uomini migliori, al salvataggio non solo finanziario del Paese. È chiaro a tutti che non solo i cattolici sono una forza di coesione sociale, ma soprattutto garantiscono una visione orientata al bene comune. E in questa stagione il Paese ha bisogno di meno lacerazioni e più solidarietà. In questo i cattolici danno il meglio di sé.
I paletti: Todi ha segnato uno spartiaque con il Berlusconismo ruspante che ha immiserito il discorso pubblico. Ma Todi ha anche preso atto che la moderazione è il tratto caratteristico dominante nell’orientamento del cattolicesimo popolare italiano. Dunque, se Berlusconi (ma non solo lui) ha fallito nel progetto di costruire un bipolarismo moderno e di stampo europeo, forte di due riformismi (uno moderato e l’altro progressista), non vuol dire che questa prospettiva debba essere abbandonata.
Il dopo Todi già oggi segnala un grande fermento nel mondo cattolico. Quindi è opportuno indicare alcune prospettive certe di impegno che, pur essendo pre-politiche, nello spirito di Todi già preparano il terreno a una nuova fase politica. Ai cattolici certamente spetterà il compito di consolidare la coesione nazionale perché le scelte difficili che ci aspettano, trovino un Paese disponibile a rimboccarsi le maniche per dare un futuro ai figli. In secondo luogo, si dovrà riportare i cattolici alle urne e bloccare l’astensionismo dilagante registrato dall’Ipsos che ha calcolato un tasso del 48% (due punti sopra la media degli italiani) fra i credenti e praticanti. Terzo impegno: combattere l’anti-politica riavvicinando il popolo alle istituzioni, chiedendo innanzitutto che il cittadino possa scegliere i propri rappresentanti mediante il meccanismo della preferenza. E infine immettere dosi massicce di cultura politica nel mondo associativo cattolico. Cioè tornare a pensare politicamente, dopo tanti anni (più di trenta) nel corso dei quali le energie del cattolicesimo italiano sono state spese essenzialmente sul fronte intraecclesiale, con punte significative nel campo sociale. Oggi, per i cattolici, costruire politica è un dovere.