Opinioni & Commenti
Il debito mondiale e la ricchezza prodotta senza produrre nulla
Dopo un estenuante tira e molla sembra che alla fine la Grecia non sia riuscita a pagare il miliardo e seicento milioni che doveva pagare nell’immediato ai suoi creditori prendendo naturalmente ancora soldi a debito per pagare il suo debito. Lasciamo stare qui il tema del default probabile della Grecia e del riflesso che può avere sull’euro e sull’Europa di cui si è discusso fin troppo senza tuttavia essere in grado di dare nessuna certezza.
Al di là della rata in scadenza di un miliardo e seicento milioni, che ha provocato la crisi, rimane tuttavia un, per cosi dire, piccolo particolare: la Grecia deve ancora ai suoi creditori qualcosa come 320 miliardi di euro, una cifra che è quasi il suo reddito nazionale di due anni. Quando pagherà questo debito? Tutti lo sanno anche se nessuno lo dice: mai. Per pagarlo i discendenti di Pericle dovrebbero stare venti mesi senza mangiare.
E la storia della Grecia con un debito eterno quanto Dio è solo il caso più drammatico di una situazione che tende ad essere sempre più diffusa. Ormai ci sono più di venti stati africani che non possono più pagare i loro debiti. Ormai non solo il Giappone, l’Italia e gli Usa hanno un debito che supera il loro reddito nazionale. Anche paesi citati finora come formiche esemplari come la Germania, la Francia, la Gran Bretagna hanno un debito superiore all’ottanta per cento del loro prodotto interno lordo.
Gli economisti ci dicono che il totale del prodotto lordo di tutti i paesi del mondo si aggira ormai sui 70 mila miliardi di dollari. Ma, attenzione, gli economisti ci dicono anche che la massa finanziaria in giro per il mondo è tre volte superiore a questa cifra già enorme. Per l’esattezza ci sono in giro sul nostro pianeta fondi che cercano impiego nei debiti pari a quasi 200 trilioni di dollari, un numero in cui ci si perde dentro perfino a scriverlo perché è composto da dodici cifre e non entra nemmeno in un calcolatore tascabile.
In altre parole se una volta l’attività economica prevalente era l’agricoltura, se per un secolo è stata l’industria, oggi l’attività economica prevalente con cui si creano enormi ricchezze senza produrre nulla è la finanza, che vive degli interessi e delle speculazioni sul debito mondiale. Una volta si usava il grano per fare il pane o l’acciaio per fare una macchina. Oggi in un’economia che produce ricchezza senza produrre nulla si usa il denaro solo per fare denaro. È tornato il tempo di re Mida che maneggia solo l’oro che non si mangia. Detto in altri termini il nostro tempo vive di quell’usura che la Bibbia condanna anche quando si contenta del solo tre per cento di interessi.
Naturalmente se il debito è una rendita perpetua non è assolutamente il caso né di ridurlo o almeno di ristrutturarlo nel tempo. Di fronte a tutte le situazioni più drammatiche a tutto si pensa fuorché a cercare di essere un po’ pietosi rinviando le scadenze come in fondo chiedeva la Grecia o facendo qualche sconto come persino il più spilorcio supermercato di periferia ogni tanto fa. In contemporanea alla decisione di non dare più prestiti alla Grecia è arrivata, per esempio, la notizia che il Fondo monetario internazionale ha negato una riduzione del debito al Nepal che era stato chiesto da 400 organizzazioni religiose dopo il sisma dello scorso aprile con quasi diecimila morti e la distruzione di una intera città come Kadmandu.
Eppure nel tempo non si è mai stati così inflessibili come oggi nel fare del debito un numero sacro e intoccabile a cui si devono lacrime e sangue. Anzi, almeno per quanto riguarda il debito privato, perfino i cosiddetti «barbari» del passato possono dare qualche punto in fatto di pietà al nostro Fondo Monetario Internazionale. I re mesopotamici cancellavano i debiti appena si accorgevano che si cominciava a vendere i figli per pagarli. Come è noto la Bibbia stabiliva che tutti i debiti erano cancellati nell’anno del giubileo. Più di duemilacinquecento anni fa ad Atene Solone con un colpo di spugna cancellò tutti i debiti degli ateniesi quando si accorse che gettavano nella miseria più nera i suoi concittadini. Infine, non per fare di Gesù un economista, ma solo per tenere presente che ogni economista non è Gesù, val la pena ricordare che proprio sul debito troviamo il Gesù più radicale quando, secondo il vangelo di Luca, dopo aver detto di amare il nostro nemico, subito aggiunge di dare a prestito senza sperare che ci sia restituito.
Ma ancora nel secolo scorso sono state usate misure di clemenza. Dopo la prima guerra mondiale i debiti della Germania furono spalmati su un arco di tempo di ben 59 anni e poi in pratica alla Germania fu concesso quasi un secolo per pagare i suoi già ridotti debiti di guerra. Dopo la seconda guerra mondiale di nuovo alla Germania fu concesso un dimezzamento del suo debito. Alla fine degli anni Novanta del secolo scorso, dopo una lunga campagna, si è deciso di cancellare fino al 90 per cento il debito dei paesi africani che non potevano pagarlo.
Ma oggi ci si accanisce perfino sui paesi falliti anche quando riescono a condurre in porto una sorta di concordato con i loro creditori. A questo punto entrano in campo i cosiddetti «fondi avvoltoio» che comprano i titoli pagati al ribasso del loro valore come in tutti i fallimenti e poi vanno in cerca di avvocati, giuristi, consulenti e tribunali che riescano ad imporre ad un paese allo stremo di pagare i titoli al loro valore nominale favoriti dal fatto che per quanto riguarda i debiti sovrani per attirare capitali stranieri le obbligazioni sono quasi sempre emesse in un diritto straniero, spesso inglese e americano, e possono quindi essere soggette ad un giudice forestiero.
Con questo sistema in Argentina i «fondi avvoltoio», fra cui quello fondato dal grande speculatore americano Paul Singer, hanno acquistato titoli per 48 milioni di dollari e dopo una sentenza di un giudice newyorkese se li sono fatti pagare 821 milioni con una guadagno puramente speculativo di venti volte l’acquisto. Allo stesso modo in Perù un debito comprato per 11,8 milioni dopo avere ottenuto una sentenza favorevole è stato pagato 56 milioni e in Zambia un debito acquistato per 3 milioni è riuscito ad essere riconosciuto da un tribunale per 15 milioni.
Il mercato impone ormai ai governi i suoi prezzi, le sue riforme, perfino le sue leggi e i suoi tribunali. È una situazione paradossale che purtroppo sembra dare ragione a chi sostiene che per avere uno sconto sul proprio debito bisogna passare attraverso tragiche rivoluzioni come quella della Russia e del Messico che per non pagare pagarono a suo tempo un prezzo ancora più alto.