Cultura & Società
Il culto dei santi nella Toscana del Medioevo
di Anna Benvenuti
Chi è solito pensare al medioevo come ad una età buia segnata dalla violenza e dalla barbarie dei rapporti di forza imposti da una concezione «armata» del potere, dal predominio della irrazionalità sulla ragione, da una fede arcaica e immatura scandita dalla superstizione e dalle false credenze, da un sistema di rapporti interpersonali definiti dalla sopraffazione del più forte sul più debole, farebbe bene a domandarsi se quei caratteri sono poi realmente così medievali, o se, mutatis mutandis, non facciano invece parte più del presente che di quell’onirico e spesso ignorato passato. Il medioevo degli storici, non quello brutalizzato dalle categorizzazioni semplicistiche dei media, è una età di complesse trasformazioni e di interessantissime sperimentazioni alcune delle quali rappresentano la «condizione» a partire dalla quale si è sviluppata la «nostra» modernità. Questa «basilarità» del medioevo nella formazione della civiltà contemporanea è particolarmente evidente nella storia territoriale, che trasmette al presente tracce significative e non tutte sommerse nelle fondamenta del presente di quel passato: basti, come solo esempio, pensare allo stretto legame di continuità che unisce, pur nelle molte varianti particolari, i contadi medievali alle province attuali, ed entrambi alla morfologia terroriale delle diocesi.
Le profonde trasformazioni demografiche che interessarono la nostra regione in quel lungo periodo che sintetizziamo concettualemente come medioevo ebbero come esito finale un assetto del territorio che in larga misura ancora corrisponde a quello che vediamo. La nostra geografia culturale, ma anche la stessa percezione identitaria dei luoghi così come ce li rappresentiamo discende in larghissima parte dall’imprinting ad essa dato dai secoli medievali che a lungo hanno assegnato allo spazio abitato una fisonomia ed una personalità cancellati solo in epoca recente dallo sviluppo industriale e dalla sua operosa distruttività.
La chiesa «matrix» della comunità, specie nelle città sedi diocesane, divenne quindi l’elemento identitario per ecclellenza, luogo nel quale si scandivano le fasi principali dell’esistenza e molte forme del vivere associato, giustificando la traslazione di significati che avrebbe infine portato il santo cui essa era intitolata a rappresentare il riferimento patronale della comunità. Giovanni a Firenze, Donato ad Arezzo, Frediano a Lucca, ma anche la Vergine a Siena o a Pisa, Cerbone a Massa, Romolo a Fiesole, si trasformarono in emblemi simbolici della identità cittadina, e come tali furono assunti nel composito sistema rituale, civile come religioso, nel quale le città comunali espressero il loro senso di appartenenza e l’orgoglio municipale: quando si andava in guerra ci si portava al seguito, sul carroccio, il proprio santo perché sconfiggesse il santo della città rivale, oppure all’eponimo di un giorno di vittoria, come per san Banaba a Firenze, si potevano riservare onori civici di culto. Studiare dunque le evoluzioni del sistema di raprresentazione patronale, le sue mutazioni nel lungo periodo, il variare del significato culturale attribuito ad essi, o le stratigrafie in virtù delle quali i «segni comunitari» del culto andarono evolvendosi nel tempo significa cogliere il divenire storico della società attraverso una angolazione che, privilegiando il rito ed il sistema «mitico» ad esso sotteso, consente di ricostruire percorsi deleti della storia.
Il perenne aggiornarsi del «sovramondo» cultuale al «mondo reale» delle città toscane medievali, visto che nelle società di antico regime il «fatto» religioso non rappresentò, come nel presente, l’esperessione di una dimensione privata bensì una fondamentale pulsione pubblica, si fa chiave primaria per la percezione di un passato spesso «violato» dalle categorie interpretative del tempo presente che ne eredita sì i monumenti, ma che è spesso incapace di decodificarne il significato.
Per questo motivo un convegno come quello che si terrà a Firenze dal 24 al 26 settembre può rappresentare l’occasione per accedere ad un panorama sommerso in cui sia possibile, attraverso l’accesso alla visuale particolare consentita da tante fonti differenziate, percepire la vitalità antica del culto prestato ai santi.
Il convegno su santità e identità territoriale