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Il cristianesimo: una fede concreta, molto concreta, ai limiti del materialismo

di Giuseppe SavagnoneLa solennità del Corpus Domini – che quest’anno cade in coincidenza con la celebrazione del Congresso eucaristico nazionale – è un’occasione per ricordarsi che il cristianesimo non è una fede spiritualista, contrapposta alle concezioni materialiste, ma si pone al di là dell’uno e dell’altro estremo, perché considera l’essere umano nella sua integrale realtà, insieme fisica e spirituale.

Rispetto alla maggior parte delle grandi religioni, che mirano a ridurre quanto più possibile l’influsso della sfera fisica, considerata fonte di turbamento e di disordine, esso ha la propria originalità nell’enorme importanza che dà alla materia. Corpus vuol dire «corpo». E, se è vero che quello di cui si parla è il corpo del Signore, in esso è la corporeità come tale che viene additata e festeggiata come luogo dell’incarnazione di un Dio che per tutta l’eternità, ormai, dopo l’ascensione di Gesù al cielo, vive in un corpo umano.

Affonda qui il senso dell’eucaristia, che, malgrado i disperati tentativi di certi teologi per ridurre questo mistero a un gioco di eterei simboli, implica che la carne e il sangue del Signore diventino per noi vero cibo e vera bevanda. Siamo ai limiti del materialismo!

La differenza è che nella concezione cristiana la materia non è mai considerata al di fuori della sua intrinseca compenetrazione con la sfera spirituale. Come avviene, del resto, nell’essere umano: il corpo è il volto dell’anima, e nessuno dei due sarebbe percepibile nella sua propria identità senza l’altro.

Perciò anche il modo di festeggiare il Corpus Domini, nella comunità cristiana, non è di limitarsi a una silenziosa adorazione, ma di fare una processione, un cammino materiale, nello spazio fisico.

Tutto ciò appare di singolare importanza in un tempo come il nostro, che non si può definire in senso stretto materialista o spiritualista, ma è sia l’una che l’altra cosa, perché separa i due aspetti e, così, li distorce entrambi. Da un lato i gesti materiali vengono spogliati della loro pregnanza spirituale. C’è un abisso tra il rito del banchetto, che ha costituito un momento essenziale nella storia della nostra civiltà, dal Simposio di Platone all’Ultima cena dei Vangeli, e il frettoloso consumo di un hamburger al fast food. Come c’è un abisso tra l’unione piena che nasce dall’amore di un uomo e di una donna e il «fare sesso» divenuto di moda.

Dall’altro lato non è meno grave una progressiva svalutazione della sfera fisica, quale si riscontra, per es., nel dilagare di forme di comunicazione che eludono l’incontro tra le persone in carne ed ossa, nascondendo il volto dell’altro, e lo sostituiscono con uno scambio di anonimi messaggini telefonici o tramite Internet.La celebrazione dell’Eucaristia è, in questo contesto, un richiamo a recuperare l’unità della persona. Essa ci avverte che non è il corpo, la minaccia, ma il suo misconoscimento e il suo abbrutimento, che va di pari passo col misconoscimento della vera identità umana dell’anima.

Tutti intorno all’Eucaristia il vero cuore della domenica