In riva allo Stretto per una giornata-simbolo nella storia di Messina, nel giorno dell’anniversario del disastroso sisma del 1908, che in 37 secondi rase al suolo la città e non lasciò scampo a oltre 80 mila persone. Messina ricorda le vittime scomparse in quella notte e non dimentica quelle trascinate via dal fango del 1° ottobre 2009. La nostra è una città che ancora piange i suoi morti, ancora soffre, ancora conta i danni. Ma proprio in virtù di questo contesto afferma l’arcivescovo Calogero La Piana deve guardare avanti, noi tutti dobbiamo stringerci intorno ad una città che ha bisogno di risollevarsi. E nel farlo Messina non è sola, perché a pregare con i messinesi c’è oggi il cardinale Angelo Bagnasco e tramite lui l’intero episcopato italiano ci porta conforto e speranza.Presenza e testimonianza, non solo personale, ma dei vescovi italiani che condividono le gioie e le speranze, ma anche i dolori e le preoccupazioni dell’esistenza di tutti. È così che il card. Angelo Bagnasco si è presentato alla comunità messinese nel 100° anniversario del terremoto. Davanti a Dio, nel corso di una solenne concelebrazione, il presidente della Cei ha affidato alla misericordia divina i defunti di ieri e di oggi, ha pregato per coloro che ancora vivono nella sofferenza e nel disagio e perché il Signore ci faccia crescere nella saggezza e nella fede, ci confermi nel coraggio e nella fiducia per stare vicini gli uni agli altri con opere di giustizia e d’amore. Se gli anniversari fanno parte della vita umana: quelli lieti per rinnovare la gioia, quelli dolorosi per affidare al Padre della misericordia le anime dei defunti, il cardinale ha invitato i fedeli a cogliere l’occasione per guardare al futuro con fiducia e coraggio fatti più saggi e più forti, tanto più che anche di recente le forze della natura sono tornate a colpire seppure in forme diverse e in misura minore.Ogni sventura che percuote l’anima e segna la carne ci pone delle domande legittime: potevamo evitare le cose? Era possibile prevedere e prevenire? Oppure tutto era troppo imponderabile? Interrogarci è giusto e anche doveroso, e così risponderci, per quanto è possibile, al fine di migliorare l’azione futura. Anche questo aggiunge – fa parte di quella conversione alla saggezza che è intelligente invocare nel cuore dei singoli, delle società e dei popoli. Ma il card. Bagnasco ammonisce: Questo non basta. Per il presidente della Cei è opportuno lasciarci richiamare anche ad altre considerazioni, forse meno dirette e contingenti, ma necessarie. Non vogliono renderci rassegnati e fatalisti di fronte alle calamità che spesso minacciano la tranquillità della vita, ma, al contrario – afferma – ci rendono più realisti e meglio attrezzati interiormente davanti alla realtà del male nel mondo, il male che assume la veste della sofferenza fisica e della sofferenza morale. C’è un male che dipende totalmente dalla libertà umana, di cui solo l’uomo è responsabile davanti a Dio, a se stesso, alla società. E c’è un male che ci viene addosso da fuori, da elementi scatenati che paiono incontrollabili almeno per ora. Ci chiediamo allora perché: perché tanto male nel mondo di ieri e di oggi? Perché la nostra libertà può causare tanto dolore? E così può fare questo splendido universo? Perché come un giorno accadde e in forme nuove si ripete il dolore innocente che oggi la Liturgia celebra, quello di una moltitudine di bambini uccisi dall’Erode del tempo, spaventato dal Bambino Gesù? Tutti facciamo l’esperienza del male quando ci priviamo o siamo privati di un bene che dovremmo avere: la vita e la salute, il lavoro e la casa, l’amore e la pace.Un clima particolare si è vissuto stamattina sia a Scaletta Zanclea sia a Giampilieri, zone del messinese colpite dall’alluvione del 1° ottobre scorso, dove il presidente della Conferenza episcopale italiana ha portato a quelle popolazioni colpite la vicinanza della Chiesa italiana. Il clima spiega al SIR mons. Domenico Pompili, direttore dell’Ufficio comunicazioni sociali della Cei era di attesa per questa visita che sicuramente costituisce un modo per rimettere al centro dell’attenzione della pubblica opinione l’alluvione del 1° ottobre, che ha causato tanti lutti tra la popolazione e numerosi sfollati. Il cardinale è stato circondato affettuosamente da tante persone richiamate dalla sua presenza. Un primo momento si è svolto nella chiesa di Scaletta Zanclea, che in occasione dell’alluvione si era riempita di fango quasi fino all’altezza del tabernacolo. In chiesa ha ricordato mons. Pompili c’è stato un bel momento quando un bambino ha letto davanti al card. Bagnasco una sorta di lettera al Bambino Gesù in cui chiedeva di tornare alla vita normale. Il porporato, nelle sue dichiarazioni a caldo, ha auspicato che questo desiderio si possa realizzare facendosi forza gli uni con gli altri, richiamando l’elemento della convergenza e della solidarietà per trovare la maniera di sollevare la gente da questa difficile situazione.Il card. Bagnasco si è recato, quindi, a Giampilieri, il luogo dove si è scatenata la furia di acqua e fango. In particolare, il porporato si è spinto fino ai luoghi dove c’è stato il crollo di una palazzina ed è entrato in una casa dove si sono salvate due persone miracolosamente, aggrappandosi a una finestra. Anche qui racconta mons. Pompili si è respirato un clima di grande cordialità. Il momento più alto è stato, poi, nella chiesa di Giampilieri, dove il cardinale ha invitato i presenti a guardare in alto, nonostante la tragedia che è stata vissuta. Due sono stati, per il direttore dell’Ufficio Cei, i messaggi che si possono trarre dalla mattinata a Scaletta Zanclea e a Giampilieri: Il primo è quello di una grande vicinanza della Chiesa, che conferma di stare vicino alla gente, attraverso i suoi parroci e tutte le sue realtà; il secondo è un invito a rinsaldare le fila per dare seguito alla ricostruzione nel più breve tempo possibile. A quasi tre mesi di distanza, infatti, sono rimaste le ferite anche se rispetto a quei giorni tragici, la situazione è cambiata. Restano, comunque, ancora tante cose da fare e soprattutto la gente attende di poter tornare in casa, quando ci saranno tutte le garanzie necessarie. A Giampilieri c’è questa montagna che non è stata ancora messa in sicurezza e quando piove ritorneranno sicuramente fantasmi e paure, sottolinea mons. Pompili.