Cultura & Società

Il bue e l’asinello: due animali «a statuto speciale»

di Elena GiannarelliNon c’è Natale senza presepe, o quasi; non c’è presepe senza bue e asinello, o quasi. In realtà i personaggi indispensabili sono tre: Bambino, Maria e Giuseppe; l’assenza dei due animali pare tuttavia da evitare assolutamente, per non tenere il «re del cielo» «al freddo e al gelo» più del dovuto. La funzione dei due quadrupedi è quella di fornire il riscaldamento «a fiato» al piccolo Gesù, deposto nella mangiatoia, secondo Luca 2,12, che non fa cenno a bestie. La stalla viene sostituita con la grotta nell’apocrifo Protovangelo di Giacomo. La tradizione pare antichissima e l’apologeta Giustino, nel II secolo, poneva la stalla di Luca dentro la grotta. Questa si mostrava già a Betlemme nel III secolo e nel IV era mèta di pellegrinaggi. Nell’arte più antica prevale l’immagine della stalla ed è su un sarcofago romano sempre di IV secolo che appaiono quegli amici a quattro zampe. Nel Vangelo dello Pseudo Matteo si legge: «Tre giorni dopo la nascita del Signore, Maria uscì dalla grotta ed entrò in una stalla e depose il bambino nella mangiatoia e il bue e l’asino lo adorarono».

Perché proprio questi due animali? In primo luogo perché erano fra i quadrupedi più presenti nella quotidianità del mondo antico: il possederne indicava senz’altro ricchezza (Abramo ricevette greggi, buoi e asini dal Faraone secondo Genesi 12,16), ma soprattutto esistevano profezie che li mettevano in rapporto con il Messia e la sua venuta. Il profeta Abacuc aveva scritto al versetto 3,2 nella versione dei Settanta: «In mezzo ai due animali ti manifesterai»; quali fossero lo si ricava dal testo di Isaia 1,3: «il bue conosce il proprietario e l’asino la greppia del padrone» dove per «greppia» si usa la parola greca phatme, che è la mangiatoia del testo di Luca.

I Padri della Chiesa e gli scrittori cristiani antichi vedono in loro i due popoli, Giudei e pagani, presenti alla nascita di Gesù. Il bue è per la Sacra Scrittura animale mondo (Levitico 11,3 e Deuteronomio 14,5); in più porta il giogo, ossia conosce la Legge: eccolo quindi adatto a simboleggiare i Giudei, dai quali provengono apostoli ed evangelisti. Grande e mansueto, fin dalle elementari sappiamo che è buono («T’amo, pio bove», dice il poeta); considerato addirittura sacro in Egitto nella figura del bue Api, esaltato in letteratura latina come indispensabile aiuto per l’uomo nelle fatiche dei campi – ne scrivono Varrone e Columella –, diventa grazie a Paolo (1Cor 9,4; 8-10 e 14) il simbolo del predicatore, che con pazienza e fatica evangelizza e che deve vivere con i proventi del suo lavoro. Il grande quadrupede rappresenta quanti hanno arato i cuori degli uomini e seminato la parola di Dio. Se però si accentua troppo questo legame con la terra, è in agguato per lui un significato negativo: può indicare chi si occupa troppo di cose terrene e non a caso in Giovanni 2,15 Gesù scaccia dal tempio i venditori con pecore e buoi (lo sottolinea Origene, Commento a Giovanni X,24,142).

E l’asino? Anche nel mondo antico dare di «asino» a qualcuno era una offesa (ce lo dice Cicerone, In Pisonem 73), perché caratterizzato da poca intelligenza, testardaggine, carattere indolente. Peraltro, anch’esso grande lavoratore, capace di portare enormi pesi, era indice di ricchezza e a dorso d’asino viaggiavano non solo genti modeste, come la Sacra Famiglia, ma anche personaggi importantissimi, fra cui il Messia secondo Zaccaria 9,9: «Ecco a te viene il tuo re. Egli è giusto e vittorioso, umile, cavalca un asino, un puledro d’asina». Animale messianico, dunque, e sarà proprio un «ciuco» la cavalcatura del Signore al momento dell’entrata in Gerusalemme. Bestia di pace, viene contrapposto al cavallo, simbolo di guerra: il nemico viene sempre su un destriero, come i cavalieri del Faraone, poi sommersi nel Mar Rosso. È tuttavia fra gli animali immondi e rappresenta, nell’allegoria antica, il popolo pagano, gli idolatri che non conoscono Dio. Sarà Gesù stesso a sceglierlo per il suo ingresso trionfale, a simboleggiare l’elezione delle genti. Lo si vedrà però ancora come l’immagine di chi «è tardo e lento nel comprendere», secondo Cirillo, Commento a Zaccaria VI,110, ossia dei pagani che non si arrendevano alla vera fede.

Fra gli zoologi antichi godeva la pessima fama di bestia dedita alla lussuria: diventa così il simbolo del nostro corpo, che l’anima deve tenere a freno e guidare (Paolino di Nola, Carme 24, 617-618, poeta di sec. IV). Ma può indicare anche una nostra dimensione del tutto positiva: «Noi tutti cristiani, scrive Ambrogio, siamo gli asinelli del Signore, lieti perché portiamo i suoi misteri», ridenti e rampanti come il ciuchino del mosaico sul pavimento della splendida basilica di Aquileia.

E nel presepe? Rappresenta il popolo dei pagani, ovviamente, ma il fatto che lui e il bue siano lì, insieme, sta a significare l’unione dei discendenti di Giudei e Gentili e di tutti i popoli del mondo nel nome del Signore. Se sapessero questo, gli sciagurati Bonolis e Laurenti, nello spot che reclamizza un noto caffè, sarebbero ben fieri di dare le loro sembianze a due «bestie» davvero a statuto speciale.

Sul bue e l’asinello abbiamo raccolto alcuni passi antichi.

Paolo, 1Cor 9,7-14Chi mai presta servizio militare a proprie spese? Chi pianta una vigna senza mangiarne il frutto? O chi fa pascolare un gregge senza cibarsi del latte? Io non dico questo da un punto di vista umano: è la Legge che dice così. Sta scritto infatti nella legge di Mosè: «Non metterai la museruola al bue che trebbia». Forse Dio si dà pensiero dei buoi? oppure lo dice per noi? Certamente fu scritto per noi: poiché colui che ara deve arare nella speranza di avere la sua parte, come il trebbiatore trebbiare nella stessa speranza…. Così anche il Signore ha disposto che quelli che annunziano il Vangelo vivano del Vangelo. Girolamo, Commento al profeta Isaia Beato chi semina sopra ogni acqua dove calpestano bue e asino» (Isaia 32,20). Beato è colui che semina con le parole delle Scritture sia del Vecchio che del Nuovo Testamento; e calpesta le acque della lettera che uccide, per mietere il frutto dello Spirito che vivifica (2 Corinzi 3,6). Secondo l’interpretazione spirituale il bue si riferisce a Israele, che ha portato il giogo della Legge ed è un animale mondo. L’asino, carico del peso dei peccati, si intende come il popolo delle genti cui diceva il Signore: «Venite a me, voi tutti che siete travagliati e oppressi, ed io vi ristorerò» (Matteo 11,28). Gregorio Magno, Commento a GiobbePossedere asine vuol dire regolare i pensieri semplici dentro di noi: è vero che non sono capaci di correre con sottile intelligenza ma, quanto più camminano quasi con pigrizia, tanto più portano i pesi dei fratelli con mansuetudine. E difatti ci sono alcuni che non capiscono le cose elevate, ma si abbassano umilmente ai lavori manuali della vita quotidiana. Nelle asine, dunque, animale pigro sì, ma dedito a portare pesi, bene intendiamo i pensieri semplici, perché se riconosciamo la nostra ignoranza, più facilmente sopportiamo i pesi degli altri. Girolamo, Vita di Ilarione Asinello mio, farò in modo che non recalcitri, non ti nutrirò di orzo, ma di paglia, ti sfinirò con la fame e con la sete, ti caricherò di un grave peso, ti metterò alla prova col caldo e col freddo, per farti pensare al cibo più che alla lussuria». Così l’asceta si rivolgeva al suo corpo, in preda ai turbamenti della carne.

Chi ha paura di quel Bambino?