Lettere in redazione
Il battesimo è un dono d’amore dei genitori
Ho letto «Lettera firmata» del nonno pubblicata su Toscana Oggi del 11 maggio rivolta al teologo (leggi qui). Il nonno parla della sua gioia per l’arrivo del suo primo nipotino appannata però dalla decisione dei genitori di non battezzarlo. Ho letto con interesse la risposta di mons. Gilberto Aranci ben spiegata, alla portata di tutti quindi anche alla mia. Sono rimasta sorpresa però che mons. Aranci non parli al nonno dell’importanza del Sacramento del Battesimo come dono d’amore dei genitori al proprio bimbo…
Credenti o non credenti tutti sappiamo che il «male» esiste, esistono forze negative e maligne davanti alle quali i bimbi sono indifesi. Quale dono d’amore più grande da dare al proprio bimbo se non quello del Battesimo tramite il quale lo affidiamo tra le braccia di Maria e di Dio? Quando sarà grande potrà sempre fare le sue proprie scelte. Ho 52 anni e mamma di 4 ragazzi e in questo mezzo secolo di vita fatta di tante gioie ma anche di tante amarezze e sofferenza, di tante risate ma anche di tante lacrime come ogni vera «vita» alla fine ci richiede, ho imparato con l’aiuto degli altri e per amore dei figli, a superare tante paure e fisime che viviamo e che molte volte ci creiamo ma il «male» esiste…. se le nostre scelte sono sempre verso il bene con apertura verso l’altro non abbiamo da temerlo ma esiste!
Padre Gabriele Amorth ha dedicato la sua vita a combatterlo e come lui tanti altri, possiamo ignorarlo?… Chiedo scusa, non voglio passare avanti a nessuno, anch’io come dice il nonno sono una persona semplice e non so bene esprimere ciò che penso.
E’ ovvio che il nonno fosse consapevole che il battesimo è un «dono» d’amore da parte dei genitori al loro figlio. Proprio da questo nasceva la sua preoccupazione! E mons. Aranci si è giustamente soffermato su un possibile itinerario di riflessione che possa portare i genitori a ripensare la loro scelta. Contro la loro volontà non è possibile far niente. Il battesimo può essere amministrato anche ai figli di una coppia che non si professa credente, ma deve esserci la loro piena disponibilità a che un amico o un conoscente educhi cristianamente quei bambini. Se invece sono credenti ma pensano che il battezzarli appena nati sia una forma di coartazione della loro coscienza, occorre tanta pazienza e disponibilità al dialogo perché si rendano conto dell’errore. Bisogna far loro capire che sarebbe come se rinunciassero ad insegnare al figlio a parlare in una determinata lingua, per lasciarlo libero di sceglierla da grande.
Claudio Turrini