Prato

Ici, la Chiesa di Prato paga 100mila euro

di Giacomo Cocchi«Certo che paghiamo l’Ici, lo abbiamo sempre fatto come ci chiede la legge». Anche la Curia della diocesi di Prato per voce del suo Economo, il can. Emilio Riva, è stupita dalla feroce e falsa campagna di informazione che negli ultimi tempi ha voluto rinfocolare una polemica che ciclicamente ritorna: la Chiesa non paga l’imposta comunale sugli immobili. Ogni anno la diocesi di Prato versa circa 40 mila euro per il pagamento della tassa e lo fa, come prescrive la legge, in due tranche. «Non solo – aggiunge il can. Riva – ovviamente paghiamo anche tutte le altre tasse che ci spettano, faccio l’esempio del Seminario che spende 8800 euro annue per la Tia, la tariffa dei rifiuti. E dire sono solo una decina di persone ad abitarci stabilmente». Ai costi Ici dobbiamo aggiungere oltre 23 mila euro per la Versiliana, la Casa per ferie a Pietrasanta – di proprietà di una Srl che fa capo alla diocesi – grazie alla quale ogni estate molte famiglie, anziani, portatori di handicap e gruppi parrocchiali hanno la possibilità di andare al mare. Questo caso smaschera una delle bugie più grosse e ripetute da più fronti: basta che in un albergo ci sia una cappellina per avere l’esenzione. «Anzi è vero il contrario! – ribatte il canonico – in questo caso anche la cappella della Versiliana è soggetta a Ici».Al conto aggiungiamo anche Villa Maria Assunta, agli ex Celestini, oggi casa di riposo per anziani, che versa nelle casse comunali più di 30 mila euro. Totale quasi 100 mila euro di imposte sugli immobili. E questo se consideriamo soltanto gli enti «centrali» della diocesi.L’Ici pagato – che nella nuova manovra del Governo Monti si chiamerà Imp, imposta municipale propria – corrisponde all’utilizzo di immobili per attività esclusivamente commerciali in fondi di proprietà della diocesi o di altri enti ad essa collegati. A Prato oltre alla diocesi, che possiede soltanto Palazzo vescovile e la Villa del Palco, ci sono altri enti proprietari di beni. Come due istituti, quello per il sostentamento del clero e l’istituto per l’educazione religiosa e l’assistenza morale della gioventù. Il primo, che esiste in tutte le diocesi, è nato nel 1984, con la riforma del Concordato, creato per amministrare gli ex «benefici parrocchiali» destinati appunto al sostentamento del clero. Mentre il secondo, di creazione pratese, fu istituito negli anni ’50, nel quale sono confluiti alcuni lasciti e donazioni ed è proprietario di immobili fra cui l’oratorio di Sant’Anna in viale Piave.Tra tutti i beni amministrati a non pagare sono solo immobili destinati esclusivamente ad attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricreative, culturali, ricreative e sportive (come dice il decreto legislativo 504 del 1992). Vediamo ora nel dettaglio quanto paga la Chiesa pratese. L’ente diocesi versa annualmente 8372 euro perché all’interno di Palazzo vescovile ci sono alcuni esercizi commerciali come una macelleria e un fruttivendolo. «Anche la Libreria cattolica, pur essendo di proprietà diocesana – precisa il can. Riva – paga l’Ici. Non solo, paghiamo anche per due fondi sfitti adibiti a uso commerciale».L’Idsc pratese possiede due palazzi, uno in via del Serraglio e uno in via Tintori, dentro questi immobili ci sono appartamenti dati in affitto e un esercizio commerciale, il noto negozio di calzature Piumi, tutti soggetti a Ici. Totale 5462 euro. Qualcosa in più paga l’Istituto per l’educazione religiosa, presieduto dall’Economo Riva, che con 6218 euro viene tassato per l’affitto di alcuni appartamenti in centro città e alcuni terreni agricoli. Poi ci sono le parrocchie. «Alcuni beni sono di proprietà dell’ente parrocchia – spiega il canonico e parroco del duomo – e possono essere dati in affitto. Faccio l’esempio della parrocchia di San Francesco, proprietaria del palazzo accanto alla chiesa. Lì ci sono tre uffici e un ristorante pizzeria, questi sono soggetti a Ici per 2200 euro l’anno. Naturalmente a spese della parrocchia». Aggiungiamo all’elenco anche il Capitolo della Cattedrale che per la proprietà di alcuni terreni agricoli, a Cerreto Guidi e Vinci, dati in affitto paga 1408 euro.Parliamo anche delle esenzioni. Queste riguardano ad esempio Villa del Palco, ambiente destinato a ritiri, campi scuola e iniziative benefiche; le Case per ferie di Carbonin, per lo stesso motivo e perché gestite direttamente dall’Istituto per l’educazione religiosa sopra ricordato; l’oratorio di Sant’Anna, dove si svolgono importanti attività didattiche e ricreative per ragazzi senza fini di lucro; gli edifici di culto come le chiese, gli oratori, le cappelle e gli ambienti di pertinenza parrocchiale.Qualcuno, tra i più agguerriti, chiede che a pagare siano anche le canoniche. «Non mi sembra giusto – commenta il can. Riva – le canoniche sono luoghi aperti a tutti, non sono solo la casa del prete. Negli ambienti parrocchiali si svolge il catechismo e altre attività pastorali, spesso sono sede di gruppi e associazioni. E questo vale anche per le altre confessioni religiose». Non solo, l’esenzione vale anche per le Case del popolo, che secondo la legge svolgono attività ricreative e culturali senza fine di lucro, i musei, le sedi dei sindacati, le biblioteche e perfino le sedi dei partiti.«La Chiesa svolge sul territorio un’azione sociale, di sussidiarietà con lo Stato molto importante – conclude l’Economo -, per fare l’esempio di Prato basti pensare alla mensa dei poveri La Pira e alle tante opere della Caritas. La Chiesa fa la sua parte per concorrere ai bisogni dello Stato, dei cittadini, in questo modo, erogando servizi in modo aconfessionale, esistono attività che senza le Diocesi sarebbero sulle spalle delle istituzioni».(dal numero 45 del 18 dicembre 2011)