Italia
Ici-Imu, Monti chiarisce: il no profit resta esente
di Claudio Turrini.
Per il vero «no profit» non cambia assolutamente nulla. Con un gesto inusuale il premier Mario Monti ha voluto intervenire di persona, lunedì scorso davanti alla Commissione Industria del Senato, accompagnato da ben cinque sottosegretari, per spazzar via tutte le interpretazioni faziose che erano state date dalla stampa nazionale dell’emendamento al dl sulle liberalizzazioni, presentato venerdì 24 febbraio dal governo e riguardante le esenzioni Imu agli enti no profit.
Era la prima volta che un premier partecipava a una riunione degli organi parlamentari in sede referente e lo ha fatto rivendicando il coraggio di aver affrontato una materia che «non era facile», tanto è vero che finora era rimasta irrisolta. Questo Governo, ha detto Monti, per la «familiarità quasi soggettiva con la commissione Ue, le sue procedure e le sue logiche», dovrebbe riuscire a «definire questa delicata materia in un modo che la ponga in futuro al riparo da qualsiasi polemica e interpretazioni distorte». Perché «il no profit è attività troppo seria e importante per permetterci che comportamenti non in linea si insinuino» godendo di agevolazioni fiscali indebite «e meno ancora che serie attività vengano macchiate nella percezione dell’opinione pubblica per la mancata chiarezza fiscale». In tutto il suo discorso Monti non ha mai citato la Chiesa, perché in effetti la norma non riguarda in modo specifico i suoi immobili, ma ha sempre parlato degli enti no profit, di ispirazione laica o religiosa che siano, riconoscendo che sono «un valore e una risorsa della società italiana».
Per quanto riguarda le scuole paritarie, per le quali era nato un forte allarme, Monti ha precisato che «sono esenti quelle che svolgono la propria attività in modo concretamente non commerciale». «L’attività paritaria ha detto è valutata positivamente se il servizio è assimilabile a quello pubblico», in particolare sul piano dei programmi scolastici, dell’applicazione dei contratti nazionali e su quello della «rilevanza sociale». Inoltre il bilancio dovrà essere «tale da preservare in modo chiaro la modalità non lucrativa»; e quindi «l’eventuale avanzo sarà destinato all’attività didattica».
Il premier ha poi invitato i senatori a non modificare l’emendamento poiché «informalmente» la commissione europea cui la norma è stata sottoposta ha dato la sua «assicurazione che la procedura d’infrazione possa essere chiusa». Invito prontamente accolto dalla Commissione, che ha approvato all’unanimità l’articolo 91-bis introdotto dal governo.
Le parole del premier Monti «prendono atto del grande contributo che il sistema scolastico paritario dà alla società italiana. Questa scuole sono espressione della società civile e come tali vanno valorizzate, non mortificate», ha commentato il giurista Giuseppe Dalla Torre, rettore della Lumsa, che giudica «del tutto ragionevole» che restino esentate dall’Imu le scuole «che svolgono attività secondo modalità non commerciali». Proprio Dalla Torre, in un’intervista rilasciata sabato scorso al Sir, aveva chiesto al governo «istruzioni che chiariscano ulteriormente cosa s’intenda per attività commerciale».
«Il principio è corretto: l’Ici/Imu va applicata quando c’è una finalità commerciale, ossia tesa al lucro», conferma Francesco D’Agostino, docente all’Università di Roma «Tor Vergata» e presidente dell’Unione giuristi cattolici italiani. «Anche le scuole non statali che rilasciano titoli di studio con valore legale svolgono una funzione pubblica», sottolinea D’Agostino, e quindi «il loro fine è la formazione dei cittadini, non il guadagno economico». Il giurista contesta, in questi casi, la definizione di istituti «privati», termine «che solleva equivoci». Laddove l’istruzione è patrocinata dallo Stato, dunque, «non vi possono essere quelle imposizioni tributarie che vanno, invece, a chi ha un lucro». È il caso, quest’ultimo, di una piscina aperta al pubblico, con biglietto d’ingresso, all’interno di un complesso scolastico, come pure di un laboratorio linguistico usato per corsi di lingue. «In questi casi sottolinea il giurista è giusto pagare l’Ici/Imu per la parte di edificio destinata a tali attività, purché, beninteso, la piscina non venga utilizzata solo per le ore di educazione fisica degli studenti, ma vi sia effettivamente un’attività commerciale».
Più cauto il commento di don Francesco Macrì, presidente della Fidae (Federazione istituti di attività educative). «Sono principi ancora generali quelli esposti dal premier Monti, confermati da mille leggi, compresa la legge 62 del 2000, ma il problema è che le scuole paritarie cattoliche per alcuni fini, a parte il servizio pubblico e la loro appartenenza costitutiva all’unico sistema nazionale scolastico, hanno due profili: un profilo di non profit e un altro che le definisce attività commerciali, nel senso che se gli iscritti pagano una certa quota sotto il profilo giuridico si rientra in questa tipologia di attività commerciale». Per questo, don Macrì auspica che «siano chiariti alcuni aspetti tecnico-giuridici con estrema esattezza». Dunque, secondo il presidente di Fidae, «per dare seguito a questa dichiarazione di intenti del premmier Monti ci vuole un testo legislativo veramente calibrato e rigoroso sotto il profilo giuridico».
Dall’archivio:
Esenzioni Imu, l’incognita dell’emendamento Monti