Opinioni & Commenti
Ibrahim, il frate dell’assedio
Davvero?
Ha cambiato idea?
«Assolutamente no. È stata una vicenda che mi ha segnato per sempre».
Uno dei momenti più difficili, almeno sul piano personale, è stato quando un cecchino israeliano le ha sparato.
«Sì, era il 6 aprile, la mattina alle 10 e mezzo, avevo appena aperto la finestra della mia stanza per dare uno sguardo alla nostra scuola, che è proprio sulla strada sotto al convento. Il proiettile mi ha sfiorato, ho sentito il soffio sulla faccia».
Si è chiesto perché le hanno sparato, visto che era l’unico con cui anche gli israeliani potevano comunicare?
«Non lo so. Forse non mi avevano riconosciuto o se mi avevano riconosciuto, lo hanno fatto per farmi paura».
Tra tanti momenti difficili, ce n’è stato uno positivo?
«Sì, quando mi ha telefonato il Papa».
Giovanni Paolo II in persona?
«Sì, sul cellulare. Erano trascorsi alcuni giorni veramente difficili. C’erano state incomprensioni anche tra noi frati e con i greco-ortodossi. Ero scoraggiato, avevo anche spento il telefono. Poi, una mattina, appena riacceso, squilla e sento la voce del Papa».
E cosa le ha detto?
«Mi ha ringraziato e mi ha incoraggiato: Coraggio ha ripetuto più volte , coraggio. Prego per voi ventiquattro ore al giorno. A quel punto gli ho ribadito quello di cui eravamo convinti: non avremmo mai abbandonato quel Luogo santo che da secoli è affidato alla nostra custodia».
Una curiosità: come facevate a ricaricare i cellulari se gli israeliani vi avevano tagliato l’elettricità?
«In uno stanzino dimenticato nella parte del convento dei greco-ortodossi era rimasta la luce. Se ne accorse per caso un giovane palestinese che era andato in giro a cercare qualcosa da mangiare. Non si sa come, ma gli israeliani non riuscirono a trovare dove fosse allacciata la luce di quella stanza, così come non sappiamo da dove venisse l’acqua di un rubinetto che ha continuato a buttare per tutti i 39 giorni».
A proposito di assedi, cosa pensa di quello ad Arafat?
«Penso che gli israeliani abbiano sbagliato strategia. Arafat era in declino, ma con l’assedio la sua immagine esce rafforzata. Negli ultimi tempi non era mai stato così popolare tra il suo popolo e di fronte all’opinione pubblica intenazionale».