Lettere in redazione
I vescovi lefebvriani e il Concilio
Vorrei testimoniare da parte mia lo sconcerto di chi è cresciuto ed ha maturato la propria fede e appartenenza alla Chiesa cattolica, talvolta sofferta, nel periodo successivo al Vaticano II. A costoro questa deliberazione appare come una evidente sconfessione delle decisioni assunte da Paolo VI (che nel 1975 revocò l’autorizzazione vescovile alla Fraternità San Pio X e che nel 1976 sospese a divinis mons. Lefebvre) e da Giovanni Paolo II che nel 1988 scomunicò lo stesso prelato.
Viene il dubbio inquietante ed amarissimo che la ribellione nella Chiesa e l’aperta disobbedienza al Papa alla lunga paghino soltanto quando vengono messe in atto in nome della difesa della tradizione.
In riferimento ad un articolo di Vito Mancuso («Il Papa che preferisce dimenticare la Shoah», «Repubblica») rilevo un atteggiamento fortemente pregiudiziale e con impostazione puramente ideologica delle affermazioni ivi contenute. Faccio notare che il Papa in molte circostanze ed anche negli ultimi giorni ha ribadito che «la Shoah è per tutti monito contro l’oblio, contro la negazione o il riduzionismo, perché la violenza fatta contro un solo essere umano è violenza contro tutti». Il Papa, rimettendo la scomunica ai lefevriani, ha ribadito che la comunione con la Chiesa è connessa alla fedeltà ed al riconoscimento del magistero e dell’autorità del Papa e del Concilio Vaticano II.
Queste dichiarazioni sono molto chiare ed esplicite e solo chi fa processi alle intenzioni può vedere presunti ridimensionamenti del Concilio Vaticano II in contrapposizione alla tradizione che pure è un valore.
Rimane la delusione che, proprio coloro che sollecitano il dialogo interreligioso, pretenderebbero che il Papa lo negasse ai seguaci di Lefebvre.
Queste lettere, tra le tante arrivate, ben evidenziano che anche tra i nostri lettori la revoca della scomunica ai quattro vescovi, ordinati da mons. Lefebvre, ha suscitato perplessità. È opportuno quindi chiarire e precisare proprio perché sia dissipato ogni possibile equivoco e farlo con le parole stesse, chiare e inequivocabili, che, a chiarimento per tutti, Benedetto XVI ha detto in Piazza S. Pietro alla fine della catechesi di mercoledì 28 gennaio: «Nell’omelia pronunciata in occasione della solenne inaugurazione del mio pontificato dicevo che è esplicito compito del Pastore la chiamata all’unità e commentando le parole evangeliche relative alla pesca miracolosa ho detto che, sebbene fossero così tanti i pesci, la rete non si strappò e proseguivo: ahimé, amato Signore, la rete ora sì è strappata. Ma non dobbiamo essere tristi e facciamo tutto il possibile per percorrere la via verso l’unità. Proprio in adempimento di questo servizio all’unità ho deciso giorni fa di concedere la remissione della scomunica ai quattro vescovi ordinati nel 1988 da mons. Lefebvre senza mandato pontificio. Auspico che a questo mio gesto faccia seguito il sollecito impegno da parte loro di compiere gli ulteriori passi necessari per realizzare la piena comunione con la Chiesa, testimoniando così vera fedeltà e vero riconoscimento del magistero, della autorità del Papa e del Concilio Vaticano II». Con questo esplicito riferimento al Concilio il Papa dice ai lefebvriani che il Concilio è e resta pietra miliare nella storia della Chiesa, vincolante per tutti e che non può essere minimizzato in nessuna sua parte.
Su questo momento, indubbiamente delicato, sono, per così dire, piovute le inquantificabili dichiarazione di uno dei quattro vescovi, l’inglese mons. Richard Williamson, riguardo alla Shoah e ai rapporti con il popolo ebraico. Il Vescovo si è subito addolorato per queste dichiarazioni, rendendosi ben conto dell’imbarazzo in cui si è trovata la Santa Sede. Ma si è fatta notare con un pizzico di malizia in ambienti vaticani Williamson, passato dall’anglicanesimo al movimento lefevriano, poco o nulla ha assimilato del sentire autenticamente cattolico. Il Papa comunque anche su questo argomento era stato di una chiarezza estrema. «Mentre rinnovo con affetto l’espressione della mia piena e indiscutibile solidarietà con i nostri fratelli, destinatari della Prima Alleanza, auspico che la memoria della Shoah sia per tutti monito contro l’oblio, la negazione o il riduzionismo».
Certo con i lefebvriani è questo un momento di passaggio, che conosce difficoltà anche serie e che va gestito con coraggio e determinazione. Ma in ogni passaggio si gettano semi che, ce lo auguriamo tutti, possono dare, a suo tempo frutti buoni.