Opinioni & Commenti

I trent’anni di Toscana Oggi: pronti «a osare di più»

Credo che il compito più difficile per un settimanale cattolico sia quello di saper stare al passo con i tempi, di saper leggere ed interpretare i cambiamenti sociali più radicali e i fermenti ecclesiali – sono sempre segni positivi! – orientando le coscienze con un’informazione non fine a se stessa, ma che deve avere come primo obiettivo quello di promuovere un’autentica cultura dell’incontro e del dialogo. Come da qualche mese ci sta insegnando Papa Francesco, con la sua possente e forse inimitabile capacità mediatica, ormai universalmente conclamata. Un servizio che sappia coinvolgere ogni lettore e ogni comunità cristiana, portandoli a condividere, a farsi i partecipi di speranze, di sofferenze, di una ricerca appassionata per il senso della vita, in un momento sempre più contrassegnato dal disagio giovanile e dalla povertà dilagante. Una comunicazione fatta non solo di parole, ma di gesti concreti. Una missione che diventa ancor più impegnativa proprio per la svolta epocale che Bergoglio ha dettato alla Chiesa e che ogni giorno raccomanda ai suoi Vescovi, ai nostri Pastori.

A 30 anni dalla sua fondazione, «Toscana Oggi» non può quindi soffermarsi a lungo e crogiolarsi su bilanci autoreferenziali, sui risultati raggiunti nell’innovazione tecnologica, per realizzare un sempre maggiore radicamento sul territorio ed un proficuo collegamento ecclesiale tra le diverse realtà diocesane. Forse tutta la redazione si chiede, avendo profuso tante energie spirituali e professionali, se è riuscita ad essere veramente un punto di riferimento per il mondo cattolico e, contemporaneamente, ad offrire un terreno di confronto aperto a tutta la complessa ed esigente società civile della nostra regione.

Per continuare il proprio cammino senza sbandamenti e cali di tensione. Avendo io seguito fin dall’inizio (negli ultimi mesi di vita dell’edizione fiorentina di «Avvenire») la difficile impresa di riunire in un’unica testata le tradizioni e le esperienze dei vari settimanali diocesani, direi che sono state ampiamente raggiunte le attese manifestate, alla nascita, dall’episcopato toscano, con in testa l’allora arcivescovo di Firenze, Silvano Piovanelli, che ha saputo realizzare il grande sogno ed il progetto incompiuto del suo predecessore, il cardinale Giovanni Benelli. «Saremo testimoni del quotidiano»: era la parola d’ordine (la «fiaccola») che Alberto Migone, primo direttore, aveva imposto a se stesso ai suoi più stretti collaboratori, ai giovani giornalisti con loro protagonisti di questa grande avventura.

Oggi, onestamente, mi sento di dire loro, senza trionfalismi: «Bravi, missione compiuta!». Anche per questo ho offerto negli ultimi anni la mia collaborazione, sperando che altri colleghi e intellettuali toscani si uniscano per rendere il settimanale cattolico sempre più moderno, pluralista, vivace e popolare. Per continuare a dare «voce ai senza voce». Per raccogliere tutti insieme quell’esortazione «a osare di più», ad avere maggior coraggio, che il presidente della Conferenza episcopale toscana, il cardinale Giuseppe Betori, ha lanciato da Pistoia a conclusione della Settimana sociale dei cattolici toscani. «Un’agenda di speranza» su cui confrontarsi senza reticenze e complessi. Per prepararci ad accogliere, nel 2015, Papa Francesco a Firenze.