Toscana

I toscani malati di gioco d’azzardo

di Marco Giorgetti

Il gioco d’azzardo riguarda almeno 15 milioni di Italiani, il 38,3% della popolazione tra i 15 e i 64 anni. Pressoché identico il dato toscano (38%), con Firenze al 36,4% e Pisa al 41,4%. Secondo un’indagine dell’Istituto di fisiologia clinica del Cnr di Pisa, in Toscana il 51% dei maschi dichiara di aver giocato contro il 27% delle donne. Il dato sicuramente più preoccupante riguarda quella fetta di giocatori toscani che sono esposti (in maniera diversa) al gioco d’azzardo compulsivo: circa il 19% dei giocatori abituali.

Meno numerosi della percentuale nazionale gli studenti che hanno dichiarato di aver giocato almeno una volta 36,6% contro il 40%; il 2,2% (contro il 2,5% nazionale) lo fanno con continuità. La spesa media, tra gli studenti, va dai 10 euro al mese (67,6%), a 11-50 euro (25,2%) fino a 51 e più euro per un 7,2% di loro. Tra questi giovani prevalgono ancora i maschi che dichiarano di giocare sulle femmine, 48,2% contro il 24,4%, percentuali che salgono con l’aumentare dell’età: dal 42,4% di giovani toscani di 15 anni al 52% di quelli di 19 anni. Dal 17% delle studentesse 15enni, al 30,5% di quelle 19enni. Nella nostra regione gli uomini preferiscono prevalentemente le scommesse sportive di ogni genere, giochi con le carte e il video-poker, mentre le toscane prediligono il «Gratta e vinci», il lotto e il SuperEnalotto. Il 78% dei toscani che giocano abitualmente ha dichiarato di essere andato in un casinò almeno una volta, mentre il 65% dichiara di andarci con una certa frequenza. Tra i giovani si fa largo sempre di più, grazie anche alla spinta televisiva, il poker on line: nell’anonimato della propria casa si possono spendere grosse cifre senza essere osservati o controllati da nessuno.

L’intervista: Ma si può uscire dal «paese dei balocchi»

Abbiamo rivolto qualche domanda al dottor Rolando De Luca, psicologo e psicoterapeuta, uno dei maggiori esperti dei problemi riguardanti il gioco d’azzardo compulsivo. In oltre 12 anni di attività ha accompagnato diverse centinaia di persone fuori dalla dipendenza dal gioco d’azzardo. Oggi guida 10 gruppi di terapia e ha fondato a Campoformido (UD) una associazione che si occupa  esclusivamente di questo problema.

Chi è il giocatore compulsivo?

«È colui che manifesta una dipendenza psico-fisiologica simile a quella indotta dalle sostanze stupefacenti (una sorta di tossicomania legale senza uso di sostanze) e classificata tra i disturbi del controllo degli impulsi; il giocatore patologico, infatti, non è quasi mai in grado di controllarsi e aumenta progressivamente le somme di denaro e il tempo destinato al gioco, sperimenta gli effetti dell’astinenza che scatenano in lui sentimenti di ansia e irritabilità e nasconde a se stesso e alla propria famiglia la gravità del problema».

Quali sono le cifre del gioco compulsivo in Italia?

«Varie indagini sembrano convergere verso gli stessi dati. I giocatori patologici sono stimati intorno al 2-3% della popolazione adulta, siamo intorno alle 700 mila unità su tutto il territorio nazionale. Si consideri che l’80% dell’intera popolazione ha avuto contatto con l’azzardo che interessa in maniera costante (con frequenze di gioco variabili) almeno 15 milioni di Italiani».

Quali sono le cause di queste cifre considerevoli?

«Come professionista, che si occupa degli effetti del gioco d’azzardo, devo evidenziare alcuni aspetti molto preoccupanti. Negli ultimi 15 anni lo stato ha deciso di far “cassa”, ed attraverso i monopoli ha dato vita ad una serie di cosiddetti “giochi”. Il gioco è antropologicamente un altra cosa. Quello che viene proposto è puro “azzardo”: non include nessun tipo di abilità, ha altissime percentuali di perdita e distrugge in molti casi alcuni degli equilibri della persona, accecandola con l’effimera speranza di vincite che cambino la sua esistenza. È puro azzardo legalizzato che non ha alcun senso se non quello di far soldi: Cavour definiva i proventi del gioco d’azzardo come la “tassa sugli stupidi”».

Che ne pensa della proposta del ministro Brambilla dell’apertura di nuovi casinò sul territorio nazionale?

«In Italia abbiamo un patrimonio culturale, artistico e ambientale immenso, perché non valorizzare al massimo tutto questo che ha ancora ampi margini di miglioramento e di profitto? Perché ci dobbiamo incanalare in scelte, come quella dell’apertura di nuovi casinò, che porterebbero dei danni sociali non indifferenti. Bisognerebbe smetterla anche con la foglia di fico del “gioco responsabile”. In Italia c’è una forte e crescente offerta di gioco d’azzardo con massicci messaggi pubblicitari: come si può parlare di gioco responsabile e di prevenzione di fronte a questa escalation? Stanno aprendo una grossa breccia in una diga e ci vorrebbero rassicurare di poter controllare ogni successivo evento».

Dalla sua grande esperienza emerge un gioco d’azzardo, tra i tanti, che ha un «successo» particolare tra le persone, causando così più danni di altri?

«Non in particolare. Gli uomini giocano di più ai cavalli, alle newslot (video-poker) oppure al casinò. Le donne preferiscono il lotto, il bingo e i gratta e vinci; mentre i giovani dilapidano le loro risorse nelle scommesse e nel poker on line. Adesso sta prendendo campo l’illusione del “Win for life” con la sua rendita per 20 anni. Non è una questione di che tipo di gioco, ma dell’inganno che è sempre presente in ogni azzardo propinato , che è anima della cultura del: “rischio pochissimo e cambio la mia vita”».

Qualcuno c’è riuscito?

«Nel gioco d’azzardo non vince nessuno. Chi vince, anche cifre di un certo livello, spessissimo reinveste tutta la vincita nel gioco, quindi, la perde di nuovo in brevissimo tempo. I pochi che resistono a questa tentazione spesso sono rimasti sconvolti dall’evento eccezionale. La loro vita si trasforma in un brevissimo lasso di tempo. Cambiano improvvisamente abitudini, amicizie, contesti sociali, molto spesso si verificano crisi personali e familiari. Le grandi somme di denaro danno un effimero senso di potere, distorcono la percezione della realtà e la cognizione del limite. Sembra paradossale ma anche in chi vince, si verificano grandi drammi personali».

Delle tante problematiche derivanti dal gioco d’azzardo, qual è ad oggi la più preoccupante?

«Il gioco d’azzardo sta permeando in maniera seria le nuove generazioni. Io ho un gruppo di terapia dedicato ai giovani dai 18 ai 30 anni, ho ragazzi di 18 anni che hanno già buttato al vento cifre a cinque zeri di tutto rispetto. Ho padri e madri che portano figli di 21 e 23 anni già con gravi problemi di gioco compulsivo. Non c’è da stupirsi, con tutto il martellamento che subiamo a livello mediatico le conseguenze saranno sempre più pesanti. Mi chiedo: che tipo di cultura vogliono trasmettere alle nuove generazioni? Quella del “paese dei balocchi”?».

Le testimonianzeAbbiamo raccolto alcune testimonianze di ex giocatori patologici e dei loro familiari, che dopo alcuni anni di terapia, si sono ricostruiti un’esistenza normale lasciandosi alle spalle definitivamente gli anni della dipendenza dal gioco.

«Tutto è iniziato con una maledetta vincita – ci racconta Maurizio (54 anni) –  mi sono avvicinato per la prima volta in vita mia ad una slot-machine e ho buttato dentro una moneta. Il crepitare dei soldi vinti che cadevano è stata la colonna sonora iniziale di un film drammatico durato dieci anni». «Ho iniziato con una moneta, – prosegue Maurizio – in dieci anni ho perso circa 700 mila euro. Negli ultimi tempi della mia dipendenza giocavo anche per 14 ore al giorno fino ad arrivare ad un record di 26 ore continuative nei week-end, dalle 8 della mattina alle 10 della mattina successiva. Cercavo di trattenermi anche dall’andare in bagno, ci andavo esasperato dalla vescica che mi faceva male, e non prima di aver preso ogni precauzione affinché non mi occupassero il posto che momentaneamente lasciavo libero. A quel tempo avevo un buon posto nel ramo assicurativo ma in poco tempo mi giocai tutte le mie risorse. Ero impegnato in una continua ricerca di danaro, in questa fase è facile fare incontri sbagliati: ed io non sono stato un’eccezione. Ho commesso errori su errori, complicandomi la vita ogni giorno di più, bugie e menzogne con tutti per coprire la bugia più grande che raccontavo quotidianamente a me stesso: “è tutto sotto controllo, riesco a gestirmi e riuscirò a uscire da questa situazione da solo”. Niente di più falso».

Ma nel tempo il peso di questa schiavitù diventa insopportabile manifestandosi anche fisicamente: «Negli ultimi tempi, anche quelle rarissime volte che vincevo (anche cifre considerevoli) provavo una profonda rabbia e prendevo a pugni la slot-machine. Proprio in quel periodo ero terrorizzato dal tragitto che dovevo fare a piedi dall’uscita del casinò alla mia macchina; una trentina di metri in tutto, che mi procuravano un dolore fisico che scompariva appena entrato in auto. Ma un giorno invece di scomparire, aumentò proseguendo fino a casa. Lì ho capito, dopo dieci anni, che ero arrivato al capolinea e non potevo uscirne da solo. Grazie alla mia compagna, che mi ha condotto da uno psicologo specializzato in questo tipo di dipendenza, sono entrato, la settimana dopo, subito in terapia. Oggi posso dire di esserne uscito pienamente».

«Anch’io ho iniziato al casinò – aggiunge Enzo (61anni) – mi ha condotto un amico quasi per gioco, ma dal gioco sono caduto negl’incubi, sempre più brutti e devastanti: il bello è che non ti accorgi per niente di esserne l’unico produttore. Il gioco compulsivo non ti toglie solo i soldi ma anche gli affetti familiari e le amicizie, ti rende apatico verso tutto e tutti, esiste solo il gioco. Si vive unicamente per quello. E per quello, sei disposto a sacrificare tutto ciò che hai. Un giorno, negli ultimi tempi della dipendenza, essendo lontano dalla possibilità di giocare mi sono iniziate a tremare le mani (come nelle crisi di astinenza da droga e alcool), a quel punto ho chiesto aiuto a mia moglie, che nonostante tutto mi è rimasta a fianco in questi anni. Non ho perduto solo una ingente cifra di denaro in tredici anni, ho perduto soprattutto la voglia e la capacità di sognare che forse è la cosa peggiore, ma sono contento di essere tornato ad una vita normale ed ai miei affetti».

Ma c’è anche l’altra faccia della medaglia, costituita da coloro che hanno subìto in prima persona i danni di scelte altrui. «Mi sono accorta subito – ci dice Maria moglie di giocatore in terapia – che qualcosa non andava; è tornato a casa euforico in maniera smisurata per aver vinto  50 euro. Purtroppo erano solo i primi giorni di una lunga storia di bugie, piccole truffe, continue scuse e alibi e debiti a non finire. Una storia di sofferenza che ho tentato varie volte di far terminare. Esasperata ho minacciato di rompere il nostro matrimonio e questo elemento insieme ad altri fattori concomitanti è riuscito a far prendere una svolta positiva a tutta la storia di schiavitù di mio marito. Non bisogna assolutamente sottovalutare il problema del gioco d’azzardo, sarebbe un errore devastante per chiunque e una volta presa la decisione di entrare in terapia bisogna avere la costanza di non mollare; è dura ma se ne esce pienamente».

L’iniziativa: Arezzo, manifesti Caritas contro i «giochi»«I giochi autorizzati dai Monopoli di Stato possono rovinare te, la tua famiglia e molte altre famiglie». Non ha scelto uno slogan «politicamente corretto» la Caritas di Arezzo-Cortona-Sansepolcro per la sua campagna contro la piaga del gioco, con centinaia di manifesti affissi per mettere in guardia da lotterie, giochi a premi, scommesse, slot machines e «gratta e vinci» che possono trasformarsi in una vera e propria dipendenza. L’iniziativa coinvolge quindici comuni della provincia (Arezzo, Capolona, Subbiano, Bibbiena, Poppi, Anghiari, Sansepolcro, Castiglion Fiorentino, Cortona, Foiano della Chiana, Civitella in Valdichiana, Bucine, Montevarchi, San Giovanni Valdarno, Terranuova Bracciolini) dove si stima che i giocatori patologici siano compresi tra i 3 e i 9mila.