Lettere in redazione
I «Suv» come simbolo della potenza
Nei giorni del blitz di Cortina, il «Suv» è passato sulle cronache come il mezzo posseduto da molti degli avventori del luogo, che però dichiarano redditi da fame. A Milano, invece, si legge che un «Suv» ha ucciso un vigile urbano, anche se le cose non uccidono, l’assassino è il conducente. Insomma, questi «Suv» sono nell’occhio del ciclone, perché hanno invaso le nostre città, ma sono mezzi fuoristrada. Nei centri urbani, i conducenti di questi mezzi usano le ridotte per salire sui marciapiedi o sui cordoli inibiti al traffico. La mia città pullula di «Suv», perché il popolo delle partite Iva lo tiene come mezzo di lavoro per ridurre le spese, anche se poi lo usano per portare i figli a scuola o per andare a fare shopping in centro. Mi è capitato di leggere un interessante articolo sul mezzo utilizzato come simbolo fallico, dove contano le dimensioni. Sarà un caso, ma se vi tagliano la strada, se vi superano a destra, sovente si tratta di uno di questi bestioni, perché, forse anche incospavevolmente, il conducente si sente più forte perché «ce l’ha più grosso». La psicologia ci spiega tutto.
Caro Di Furia, non so se la psicologia spiega tutto. Il simbolo fallico, evocato in più circostanze, non mi convince mai del tutto. Mi suona un po’ freudiano e quindi un po’ stantio. Poi pensiamo anche alle tante donne che guidano i «Suv» e per le quali il principio in questione non dovrebbe valere. Certo è che questo «Veicolo utilitario sportivo» («Suv» sarebbe infatti l’acronimo di «Sport utility vehicle») sembra dare realmente l’idea di potenza a chi lo guida. Concordo con lei, pur senza generalizzare, che spesso i conduttori di «Suv» si comportano in modo, diciamo così, autoritario rispetto agli altri automobilisti. Ma non sono da meno quelli alla guida di macchine più sportive, basse più della metà di un «Suv», ma altrettanto potenti. L’altra cosa certa è che questi veicoli sono veramente poco adatti alle nostre città. Ma anche in questo caso non sono i soli. Il problema, insomma, come dice anche lei a proposito di quanto successo a Milano, non è il mezzo («le cose non uccidono»), ma chi c’è alla guida di quel mezzo. Gli scooter potrebbero essere i mezzi più adatti alla città, ma se usati con poca testa diventano pericolosi al pari se non di più di un «Suv». A mio giudizio quando si è alla guida ci vorrebbe in ogni caso e su ogni mezzo molta meno disinvoltura, molta più educazione e rispetto della vita, propria e altrui.
Andrea Fagioli