Dossier
I rischi e le speranze di un’autentica rivoluzione
Dopo alcuni infruttuosi tentativi di riforma (si ricorda il noto rinvio alle Camere dell’allora Presidente Cossiga, effettuato a Parlamento già sciolto), la disciplina del 1972, ritenuta anche dalla stessa Corte costituzionale eccessivamente punitiva per l’obiettore, viene sostituita da una legge del 1998, che riconosce al giovane un vero e proprio diritto all’obiezione di coscienza e parifica in tutto e per tutto la sua posizione giuridica a quella del militare di leva. La scelta tra servizio militare e servizio civile, peraltro, non si configura ancora come una vera e propria alternativa, in quanto il servizio civile continua a qualificarsi quale soluzione derogatoria rispetto a quella ordinaria, rappresentata dalla leva, nel senso che l’arruolamento rimane il presupposto logico e giuridico affinché tale alternativa possa effettivamente realizzarsi, attraverso appunto l’istituto dell’obiezione di coscienza.
Tale normativa, completata l’anno successivo con un decreto legislativo del Governo, prevede in realtà un doppio regime. E’ innanzi tutto disciplinata la lunga fase transitoria, tuttora in corso, nella quale il servizio civile, in attesa della soppressione della leva, viene definito nei termini di una effettiva alternativa al servizio militare, nel senso che ogni giovane chiamato alle armi può dichiarare liberamente se opta per il servizio militare o per quello civile; e ciò a prescindere dai motivi di tale scelta, e quindi senza che quest’ultima sia condizionata da una preventiva dichiarazione di obiezione di coscienza. Per inciso, tale nuova configurazione segna in modo definitivo il venir meno della finalità originaria del servizio civile (che già nei fatti, in verità, si era nel tempo assai stemperata), cioè quella di una contestazione ideale e radicale del sistema di difesa armata.
La stessa normativa prevede poi la regolamentazione della fase a regime, pienamente operante a partire dalla soppressione della leva militare, con l’istituzione del servizio civile volontario, della durata di dodici mesi, al quale sono ammessi uomini e donne cittadini italiani di età compresa tra diciotto e ventotto anni. Il nuovo servizio civile, gestito a livello centrale dall’Ufficio nazionale incardinato sotto la Presidenza del Consiglio, viene svolto presso quegli enti che, iscritti ad apposti albi, abbiano presentato specifici progetti di impiego dei giovani. Tra il giovane in servizio civile e l’ente si stipula un contratto, nel quale vengono stabiliti i reciproci obblighi, compreso quello relativo al riconoscimento di un assegno personale di entità pari al trattamento economico previsto per i militari volontari in ferma annuale.
Fin qui, la successione delle tappe che il servizio civile ha percorso in Italia in oltre trent’anni. Venendo ora a qualche considerazione su ciò che ci possiamo aspettare nel prossimo futuro, occorre muoversi innanzi tutto con una certa cautela. E’ infatti difficile prevedere se il servizio civile volontario, una volta definitivamente esauritosi il bacino dell’obiezione di coscienza, potrà effettivamente corrispondere alle numerose richieste provenienti dai tanti settori, dall’ambito sociale a quello ambientale o culturale, per i quali la risposta delle istituzioni non è tradizionalmente sufficiente, e che pertanto vivono anche grazie al generoso contributo di quei giovani che, per un certo periodo della loro vita, scelgono di servire in questo modo il proprio paese.
Un’idea di patria all’interno della quale il nuovo servizio civile non può che candidarsi ad un ruolo di protagonista.