Toscana

I «professori» e la politica: Cardini: «È solo un progetto politico contro il governo»

La domanda fatta a Givone, sul senso del ritorno degli intellettuali alla politica, l’abbiamo rivolta anche a Franco Cardini, docente di Storia medievale a Firenze, che si dichiara politicamente «di un’altra parrocchia» e rifiuta la definizione di intellettuale a vantaggio di quella «di cane sciolto o al massimo di uomo di cultura o di insegnante».

Sul fatto che ci sia un malessere diffuso è però d’accordo: «La cultura nella società italiana ha sempre minor peso e questo – spiega Cardini – genera disagio, crea perdita di senso di funzione sociale, di ruolo, che per gli uomini di cultura, gli intellettuali, è importante, anche se fra uomo di cultura e intellettuale c’è una bella differenza: l’intellettuale per sua natura è strettamente collegato al mondo della politica, per sua natura è organico. Ed è il mondo della sinistra a possedere intellettuali, mentre gli altri mondi possono avere uomini di cultura ma non mi sembra che abbiano mai sviluppato un interesse per l’intellettualità organica».

Il noto medievista non entra nel merito della strategia scelta dai suoi colleghi («potrebbe essere anche tatticamente buona»), ma la giudica «concettualmente vecchia». «È un qualcosa di già visto – dice –, è la classica mobilitazione dei gruppi e degli ambienti che tradizionalmente si rifanno o si riconoscono in una delle molte versioni della sinistra per mettere in difficoltà la controparte, che in questo momento è al governo. Mi pare che il copione segue in questo senso una ferrea logica manualistica: sono intervenuti nell’ordine i sindacati, la magistratura e poi naturalmente gli intellettuali».

È una manovra che Cardini non solo non condivide, ma che non trova nemmeno interessante perché le cose che vengono dette «sono esplicitamente funzionali ad un progetto politico contro il governo. Se io pensassi – dice ironicamente lo studioso fiorentino – che questo è l’obiettivo primario di una vita dedicata al rapporto tra politica e cultura, mi ci potrei impegnare anch’io, ma mi sembrerebbe ben poca cosa. Insomma, non ho sentito voci nuove od originali, ma nemmeno politicamente qualificate o comunque interessanti. Mi pare di sentire un certo malumore vagamente morettiano, ma non ho l’impressione che ci siano fermenti nuovi».

Cardini trova inoltre «un po’ ingenuo se è ingenuo, disonesto se non è ingenuo, anche un tentativo di addossare all’attuale maggioranza le colpe dell’attuale impasse della scuola e dell’università. Ma in realtà le cause vanno cercate indietro nel tempo».

Ma cosa potrebbero fare, concretamente, gli intellettuali o gli uomini di cultura oggi per l’Italia? Cardini scuote la testa: «Purtroppo – dice – nella società italiana dobbiamo oggi registrare una grave carenza sul piano dei valori della cultura e dello studio. Ma detto questo, io credo – aggiunge lo storico – che gli uomini di cultura, gli insegnanti dovrebbero ricominciare a fare il loro lavoro evitando di fare della tuttologia etico-politica e ricominciando ad assumere un ruolo nella società». Mentre «il tentativo di cercare un ruolo nei partiti è subordinato al tentativo di rovesciare l’esito delle ultime elezioni politiche, cosa che si può fare in parte con un esito diverso nelle elezioni amministrative e in parte creando delle condizioni o delle sensazioni di disagio nel Paese. Ma trincerarsi dietro una logica di parte non porta in nessun luogo, perché oggi la crisi è una crisi civile e morale molto profonda. Un uomo di cultura queste cose le deve avvertire, ma se non le avverte – conclude Cardini – non mi interessa che collabori alla prosecuzione o alla interruzione dell’esperimento di governo di Berlusconi».A.F.

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