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I poveri non possono aspettare! Appello in vista del G8 (25 giugno 2002)
Dal 26 al 28 giugno si terrà a Kananaskis, sulla vetta di un monte in una località difficilmente accessibile del Canada, lontano da tutti, il Vertice dei G8.
Ancora una volta, pur riconoscendo solo in una ONU rafforzata e riformata l’istituzione in grado di garantire un governo globale equo e democratico che assuma le decisioni che coinvolgono i destini dell’intera umanità, ci rivolgiamo a voi, governi dei G8, perché vi impegniate a confermare e a dare concreta attuazione agli impegni presi nella Dichiarazione del Millennio: Obiettivo 2015, dimezzare la povertà nel mondo.
Siamo coscienti che tale obiettivo è responsabilità che ricade sulle istituzioni e sulla società civile e per questo confermiamo il nostro impegno a perseguirlo con le azioni positive che contraddistinguono le nostre organizzazioni: nel campo del lavoro, dell’ambiente, della salute, del consumo e del risparmio socialmente responsabile, dei programmi di sviluppo nei paesi poveri, del volontariato e dell’educazione alla mondialità e fraternità universale, della pace. Dal 7 luglio 2001, prima del G8 di Genova, avvio del nostro cammino comune, non siamo rimasti a guardare. E’ stato un anno intenso che ci ha visti impegnati, autonomamente e insieme, in tante azioni che crediamo possano essere piccoli, ma significativi tasselli per costruire un mondo più giusto e solidale.
Ci rivolgiamo a voi perché siamo consapevoli delle responsabilità che avete e vogliamo assicurarvi che tanta parte della società civile vi sosterrà se assumerete decisioni improntate a giustizia sociale e solidarietà.
Non possiamo ignorare quanto accaduto in occasione degli ultimi appuntamenti internazionali di Monterrey, New York e Roma, l’ultimo dei quali è stato persino disertato dai grandi’ che si sono limitati a mandare delegazioni minori, che non hanno prodotto impegni vincolanti, risultati concreti e piani d’azione con tempi certi.
La stessa cosa non è accaduta, invece, per l’Incontro Interministeriale dell’OMC, svoltosi a Doha lo scorso novembre. Con preoccupazione ancora una volta dobbiamo constatare che quando sono in gioco il commercio e gli interessi dei ricchi si arriva a conclusioni concrete, anche forzando decisioni e tappe; non altrettanto accade quando è in causa il dovere della solidarietà e con essa la responsabilità di garantire lo sviluppo do tutti.
I poveri non hanno bisogno di parole vuote e frasi ad effetto, parole che non risolvono i problemi delle 24.000 persone che, come ha ricordato anche il Direttore Generale della FAO Jacques Diouf, ogni giorno muoiono per fame.
I poveri non possono essere presi in giro. I poveri non possono più aspettare!
Le organizzazioni della società civile hanno presentato proposte concrete e realistiche, proposte sostenibili e alternative. Forse per questo sono rimaste inascoltate. Lontane dalla realtà sono le politiche che subordinano agli interessi di pochi, i diritti di tutti, persino quelli fondamentali come il diritto alla vita e alla dignità di ogni essere umano.
Preoccupati, denunciamo ancora una volta il ribaltamento della scala dei valori che guida le decisioni dei governi, che relega all’ultimo posto l’etica e la politica, in una parola l’obiettivo della giustizia sociale, e pone ai vertici le ragioni della finanza e dell’economia, che sono e devono rimanere strumenti per il suo perseguimento.
A dimostrarlo, la reiterata fiducia nella crescita economica e nel libero mercato, proposte come unica medicina efficace per guarire i mali del sottosviluppo. Ribadiamo la nostra convinzione, che ci deriva da decenni di lavoro a fianco dei poveri, che ciò non basta a risolvere il problema drammatico della povertà.
Facciamo nostre le parole del Santo Padre del 1° gennaio 2002, in occasione della Giornata Mondiale della Pace:
«Non c’è pace senza giustizia, non c’è giustizia senza perdono: questo voglio ricordare a quanti detengono le sorti delle comunità umane, affinché si lascino sempre guidare, nelle loro scelte gravi e difficili, dalla luce del vero bene dell’uomo, nella prospettiva del bene comune».
E’ un’esortazione che ci auguriamo interroghi anche i governi dei G8, perché a Kananaskis orientino a questi fini le loro decisioni e le loro scelte politiche.
Il modello proposto non può essere quello fondato sulla disparità di accesso alle risorse e alle opportunità, e foriero di un mercato libero’ solo per alcuni, ma sempre più protezionista’ per altri. Ne sono prova, la progressiva privatizzazione di beni pubblici globali quali l’acqua, i brevetti e i farmaci e la crescente applicazione di dazi doganali sui prodotti provenienti dai Paesi del Sud, del dumping sulle esportazioni di questi e di sussidi all’agricoltura per i prodotti dei Paesi del Nord.
I piani Marshall, i fondi e gli interventi straordinari, fondati sulla logica dell’emergenza non possono e non devono sostituirsi agli impegni assunti, che vanno rispettati.
All’indomani dell’11 settembre, i governi dei G8 hanno ribadito che il successo della lotta al terrorismo dipende da un incremento sostanziale della cooperazione allo sviluppo.
Condividiamo pienamente questa prospettiva, che riconosce nella costruzione della pace, della convivenza tra i popoli e di una giustizia sociale per tutti gli uomini e le donne del mondo, le precondizioni per la sicurezza e la sostenibilità del pianeta. Per questo, alla vigilia del Vertice dei G8, chiediamo con forza che Kananaskis sia l’occasione per passare dalle parole ai fatti, in particolare per:
Isolare a livello politico e commerciale i paradisi fiscali e finanziari, luogo privilegiato del finanziamento del terrorismo e del riciclaggio del denaro proveniente dalla criminalità;
Destinare all’APS lo 0.7% del PIL, senza operazioni contabili’ quali il ricomputo della cancellazione del debito ed in aggiunta ai fondi straordinari. In particolare ai Paesi europei del G8 chiediamo che l’impegno assunto a Monterrey di raggiungere lo 0.39% entro il 2006, costituisca solo una tappa intermedia verso lo 0.7%;
Rafforzare gli impegni già assunti nella lotta all’AIDS e alle pandemie, garantire l’accesso ai farmaci a costi sostenibili per le popolazioni dei Paesi poveri;
Attivare una procedura di arbitrato internazionale per il debito affidato ad un organismo indipendente, che non sia il Fondo Monetario Internazionale;
Promuovere un arbitrato politico economico e sociale che faccia capo alle Nazioni Unite, in particolare riformando il Consiglio di Sicurezza ed istituendo un Consiglio di Sicurezza Economico e Sociale;
Definire attraverso una consultazione delle organizzazioni della società civile, in particolare quella del Sud, in un’ottica di bilanciamento del fattore economico-infrastrutturale con quello sociale ed umano:
il Piano DDR (Disarmament Demobilisation and Reintegration) per la prevenzione dei conflitti e supportarne l’efficacia con l’applicazione di politiche coerenti a livello nazionale ed internazionale;
l’Iniziativa per la gestione delle acque e delle risorse naturali e partecipare alla Conferenza di Johannesburg sullo Sviluppo Sostenibile con delegazioni di alto livello, in grado di assumere decisioni concrete;
un nuovo piano operativo della NEPAD (New Partnership for Africa’s Development), affinché le priorità in esso individuate rispondano ai bisogni e ai diritti fondamentali delle comunità locali e della società civile internazionale.