Cultura & Società
I misteri di Terra Santa in scena a San Miniato
Gerusalemme andrebbe restituita a Dio: «Sottratta alla politica e alle armi e restituita a Dio sostiene un altro dei personaggi del dramma, il Custode di Terra Santa . I Cugini del Muro vogliono una Gerusalemme capitale dello stato ebraico, come oggi. Gli Amici della Roccia vogliono Gerusalemme est come loro capitale. Il mio progetto è lavorare all’ipotesi di Gerusalemme Vecchia città della pace, il cui equilibrio sia garantito dalle varie religioni. Gerusalemme, la città della pace…».
Parte da questo progetto del Custode di Terra Santa l’idea di affidare a padre Matteo, scopritore dei mosaici del Monte Nebo, il tentativo di trasformare Gerusalemme in città della pace. Ma ben presto, nella finzione scenica e in quella del romanzo, padre Matteo si trova coinvolto in una complessa vicenda che vede protagonisti i servizi segreti, un ricchissimo uomo d’affari e quattro giovani che sognano di combinare un doppio matrimonio misto: l’ebrea Hanan con l’israeliano di religione cattolica Shlomo e l’italiana ebrea Giulia con il cristiano melchita palestinese Pascal.
Ma l’uccisione dapprima di Pascal, poi di Hanan e Shlomo a un posto di blocco e nel frattempo la morte misteriosa di padre Luca, anche lui archeologo, rivelano a Matteo che sono in gioco interessi non solo religiosi. «Mi trovavo senza volerlo ammette in uno dei monologhi al centro di una trama che non controllavo». Almeno fino a quando non entra in possesso della mappa gelosamente custodita da padre Luca, conosciuta dal padre Custode e nascosta dal frate cuoco, nella quale non è contenuta, come si pensava, l’ubicazione dell’Arca dell’Alleanza, bensì l’elenco dettagliato delle fonti d’acqua in Cisgiordania. «Fonti antichissime che se esistessero ancora spiega padre Matteo darebbero a chi le possiede forza e sicurezza. Nelle mani dei nostri Cugini del Muro renderebbero stabile il loro dominio sulla regione. In quelle degli Amici della Roccia garantirebbero la loro totale indipendenza dagli israeliani. Se il ventesimo secolo è stato il secolo del petrolio, il ventunesimo sarà quello dell’acqua. Chi la possiede diventa il suo custode e regola pace, guerra e ricchezza».
Da esperto e da appassionato della Terra Santa in cui ha ambientato altri romanzi e dove si è recato come giornalista, Franco Scaglia, per Il custode dell’acqua, si è ispirato alla figura reale dell’archeologo francescano padre Michele Piccirillo. Così, nel dramma, storia e finzione si intrecciano in modo da ritrarre la Terra Santa come un teatro del mondo e dell’animo umano con le sue inquietudini e il continuo conflitto tra bene e male. «Le religioni dice padre Matteo possono portare la discordia se la fede non è abbastanza profonda e non si accompagna al rispetto e alla tolleranza dell’altro. Io prego sempre che la conoscenza dei luoghi santi, la scoperta di nuovi tesori archeologici possa condurre gli uomini a conoscersi meglio e a conoscere sul serio il volto di Dio, che è un volto di compassione, di misericordia e di amore».
Il lavoro presentato quest’anno a San Miniato rimette al centro l’uomo con la sua dimensione anche spirituale, «l’essere umano spiega il regista Maurizio Panici con le sue responsabilità e la sua possibilità di favorire cambiamenti positivi e negativi, di operare consapevolmente per il Bene».
Passibile di qualche sfoltimento soprattutto nella prima parte, Il custode dell’acqua si è avvalso, oltre che della regia del rammentato Panici alla sua seconda esperienza consecutiva alla «Festa del teatro», dell’ottima interpretazione di tutti gli otto attori (Maurizio Donadoni, Renato Campese, Silvia Budri, Francesco Biscione, Carlo Simoni, Sergio Basile, Fabio Bussotti e Sandro Querci). Non è facile, infatti, che accanto al bravo Donadoni, che ha saputo ben miscelare il frate e l’archeologo, e al veterano Simoni (un nome, una garanzia) anche i cosiddetti (in questo caso ingiustamente) comprimari siano stati tutti all’altezza della situazione.
Padre Piccirillo, presente all’anteprima per la stampa, ha seguito con grande partecipazione tutto lo spettacolo, molto spesso in punta di sedia e senza battere ciglio.