Autore emerito è Umberto Ragozzino che racconta questa terra.Ed è proprio di San Leolino che vogliamo parlare. Prendendo da Bucine la strada per Mercatale dopo qualche chilometro a sinistra c’è l’indicazione «San Leolino». Qui si scopre un tesoro quasi segreto della Valdambra che risale all’anno mille: è la Pieve di San Leolino nel comune di Bucine che fa parte della diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro. La prima scoperta a livello culturale ma soprattutto sentimentale, si deve appunto a Umberto Ragozzino, romano di nascita che «durante le festività natalizie del 1980 conobbe l’ultimo parroco, don Dino Grazzi». Entrati nella casa parrocchiale, don Dino aprì il suo cuore ricco di storia e memorie della sua terra. Perché vogliamo parlare di questo incontro? Dopo 22 anni la curia vescovile di Arezzo dichiarò la parrocchia soppressa con l’addio di Don Grazzi che, per gravi motivi di salute e l’età avanzata, si ritirò a Figline Valdarno dove morì nel 1992 dopo aver retto la parrocchia dal 1949. La parrocchia stessa viene quindi dichiarata succedanea di Sant’Apollinare a Bucine con parroco don Valtere Tanganelli.Tutto, però, rimane come allora, dice Ragozzino, «sospeso e congelato come in attesa che si riaprisse la porta dalla quale il Pievano era uscito per l’ultima volta». Queste parole sono contenute nella prefazione di un poderoso volume presentato al circolo ricreativo di San Leolino alla presenza delle autorità religiose e civili. E’ l’autore stesso a porgere i suoi ringraziamenti e quanti hanno contribuito alla realizzazione del documento, per prima sua moglie Roberta che, avendo lavorato nella sezione incunaboli e manoscritti della biblioteca centrale di Firenze, è stata di valido aiuto e segue una pagina intera di persone da ringraziare.Guida preziosa per noi è stato lo stesso Ragazzino che ci ha accompagnati lungo il percorso storico del castello ove è inserita la chiesa, la casa parrocchiale e il museo d’arte sacra. Come è contenuto nella sua pubblicazione del 2000, ci fa notare la suddivisione degli ambienti: lo studio del Pievano, la camera, la stanza del vescovo Tommaso Salviati che visitò la Pieve nel 1639. L’interesse viene spontaneo visitando l’archivio storico della Pieve e le notevoli opere d’arte, riconosciute dalla Sovrintendenza databile al 1400. Un grande lavoro è stato compiuto sugli archivi parrocchiali, a cominciare dallo «stato delle anime» dal 1370 al 2001. In questo modo le famiglie ancora residenti possono seguire l’evoluzione del loro percorso storico. Parecchi di questi nomi fanno parte ancora oggi dell’anagrafe della Valdambra. Famiglie importanti di San Leolino erano i Sanleolini, i Magiotti, i Corso, i Del Nobolo, i Peri che curavano i propri terreni, alcuni di Montevarchi sin dal 1400. Tra queste ci sono famiglie che vennero iscritte nei gonfaloni dei quartieri di Firenze (Magiotti, Del Nobolo e Peri). Anche se le famiglie evolvendosi prendono dimore cittadine, non tralasciano di conservare i loro rapporti con il territorio. Le loro biografie si intrecciano l’una con l’altra arricchendo così i patrimoni e le personali culture. Nel 1555 un membro della famiglia Sanleonini curò un’edizione della Divina Commedia ricoprendo anche cariche politiche. Reperti storici importanti sono legati alla corrispondenza tra Candida Quirina Mocenni Biagiotti ed il poeta Ugo Foscolo. Un altro personaggio legato a Ugo Foscolo è Silvio Pellico (scrittore e carbonaro) che intratterrà per oltre 30 anni assidua corrispondenza sempre con la Quirina.Nel volume dedicato alla pieve di San Leolino, in Valdambra, ci sembra interessante come Ragazzino scandagli velocemente il percorso storico del castello di San Leonino che si inserisce naturalmente con quello degli altri castellari della Valdambra tra il 1100 ed il 1307, in epilogo alle lotte tra Guelfi e Ghibellini quando viene saccheggiato e distrutto. Le origini della chiesa risalgono all’anno 1000 e, grazie al suo importante ruolo, fu titolata Pieve tra la fine del 1400 e l’inizio del 1600. La chiesa attuale ci appare nella parte più alta del paese e conserva in vari punti tracce della sua storia come la parte muraria dell’antico castello, i segni di ampliamenti avvenuti nel corso dei secoli. Intatto è rimasto il campanile a vela con le attuali campane istallate nel 1869 grazie al pievano Giacchi e ad Egidio Sanleolini ricordati sulla campana piccola, mentre sulla grande «con le oblazioni del popolo e del parroco» e la loro voce percorre instancabilmente la valle. E non possiamo tacere ventidue pagine trovate da Ragazzino ha trovato di una «relazione dell’incursione barbara della soldatesca nel castello di San Leolino», datata 20 dicembre del 1944. Il parroco, con una narrazione intensa e spedita, dedica agli ultimi giorni di giugno del 1944, il racconto di tragici eventi, come furono anche vissuti in altre località vicine. «Nelle prime ore del 9 luglio, un’orda di questi barbari fece irruzione passando da diverse parti: sfondando usci, porte, entrarono nella canonica dove erano famiglie di sfollati, sempre con la rivoltella puntata e le bombe a mano». Durante il rastrellamento vennero catturati 150 uomini tra giovani e vecchi «fra i quali io stesso con la determinazione di fucilarci tutti». Poi eventi provvidenziali consentirono la salvezza. Finalmente giunse il comando inglese e gli occupanti proseguirono nella loro fuga dall’Italia. «Il 17 luglio cominciammo a vivere una vita migliore». Il sito ideale per raccogliere tanto materiale recuperato è l’oratorio di San Michele Arcangelo, situato a pochi metri dalla facciata della chiesa.di Anna Valenti e Gaby Oppi Ferretti