Cultura & Società
I luoghi della scienza/1: Siena
di Francesca Galluzzi
Siamo talmente abituati a considerare la Toscana terra di arte e di bellezze naturali e paesaggistiche che a volte ci stupiamo delle pieghe meno conosciute che compongono il tessuto, l’humus culturale della regione. Nel passato sono stati gettati semi della conoscenza scientifica, che ancora oggi vivono in importanti istituzioni, a volte collegate alle università, a volte indipendenti. È una scoperta di grande interesse seguire le tracce della ricerca scientifica nelle varie città della Toscana, individuarne i cuori pulsanti in un percorso della conoscenza che facciamo iniziare a Siena, all’ombra della torre del Mangia.
Presso Santa Maria della Scala fu piantato il primo Orto Botanico della città risalente al 1588: luogo di studio dei semplici, le piante le cui virtù terapeutiche dovevano essere conosciute da chi intraprendeva la professione di medico. Frequentato e curato dai più eminenti studiosi, il giardino divenne particolarmente ricco di piante locali e non, grazie alle acquisizioni a partire dalla seconda metà del Settecento. Nel 1856 l’Orto, divenuto nel frattempo di proprietà dell’Università si trasferisce nell’attuale sede, fra porta Tufi e il centro, in via Mattioli. Ulteriormente arricchito di piante esotiche e di una serra calda, oggi l’Orto afferisce al Dipartimento di scienze ambientali.
Una delle realtà più interessanti del panorama scientifico senese è l’Accademia dei Fisiocritici, fondata nel 1691 da Pirro Maria Gabbrielli, professore universitario e dal domenicano Elia Astorini. Fisiocritici, cioè giudici della natura, cioè persone intente a indagare i segreti della natura, a discernere quello che è falso da quello che è vero. Un’accademia di studiosi, che continua ancora oggi in maniera indipendente ad arricchire il panorama degli studi scientifici. L’Accademia è tre realtà, un Museo di Storia Naturale, una Biblioteca specializzata in materie scientifiche e un Archivio storico di antichi manoscritti. Estremamente viva e attiva in azioni di divulgazione, collabora con l’Università degli Studi di Siena, con il Centro Studi Cetacei Italiano, recuperando e preparando per gli studiosi i corpi dei cetacei spiaggiati; oppure accoglie, in collaborazione con il Corpo Forestale dello Stato, tutti quegli esemplari di flora e fauna protetta, che vengono intercettati nel commercio illegale e sequestrati. Una giornata al Museo di storia naturale dell’Accademia è un’esperienza da raccomandare. Prima di tutto per la sede, un antico monastero camaldolese che risale al XII secolo, dove i Fisiocritici si sono insediati nel 1816, anno in cui il granduca Ferdinando III lo donò all’Accademia. Poi per la prima, strabiliante sorpresa che ci troviamo davanti, nel chiostro: uno scheletro di balenottera, nonostante le misure un cucciolo, che sembra mollemente adagiato accanto al pozzo, al centro del chiostro. All’interno del museo, sviluppato intorno al chiostro, si possono poi ammirare le collezioni dell’Accademia, createsi nel corso dei secoli grazie all’appassionata ricerca dei suoi membri. Tutto il materiale esposto, ed è veramente numeroso, è collocato in austeri armadi in legno e vetro, seguendo quelli che erano i criteri ostensivi ottocenteschi: ci si perde fra rocce e minerali nella sezione Geologica, fra le tante specie di animali impagliati, della sezione Zoologica, una vera galleria di specie esistenti ed estinte, che ancora oggi, e questo è un dato di cui l’Accademia si fa vanto, vengono preparati internamente, grazie al laboratorio di tassidermia in cui è attivo un tecnico specializzato. La sezione Anatomica è quella più macabra e intrigante, con i pezzi anatomici pietrificati della collezione del dott. Francesco Spirito, e i preparati, i libri e le tavole di Paolo Mascagni, anatomista e presidente dei Fisiocritici dal 1798 al 1815.
Le sale dell’Accademia sono abitate da altre imperdibili curiosità: le Terre Bolari naturali e manufatte, cioè le terre di Siena, provenienti dall’Amiata, usate come coloranti naturali ed esposte in ottocentesche «zuppierine» di vetro; le acque minerali della provincia di Siena, 26 campioni da 16 diverse sorgenti, in bottiglie d’epoca con tappo smerigliato e etichette scritte a mano. Come non deliziarsi ammirando la collezione dei funghi di terracotta, circa 800 diversi esemplari, modellati dal dott. Valenti Serini per prevenire la mortalità fra le popolazioni che se ne cibavano. Le curiosità di questo museo sono tante, fra le altre il meteorite di Siena, caduto nei pressi della città nel 1794 (vedi riquadro). Le meteoriti sono il trait d’union con un’altra eccellenza scientifica, inaspettatamente presente a Siena: il Museo nazionale dell’Antartide. Questo centro di ricerca, che si articola in tre sedi, a Genova e a Trieste oltre che alla città toscana, ha sede presso il Dipartimento di Scienze della terra dell’Università. Ci sono infatti studiosi italiani presenti nelle stazioni scientifiche del continente antartico, e il museo intende valorizzare proprio i reperti da essi acquisiti nel corso delle spedizioni. Entrando nella modernissima sede di via del Laterino si fa conoscenza con l’Antartide, continente coperto di ghiacci, ma che in passato aveva climi più temperati, con caratteristiche morfologiche, una propria flora e fauna che lo rendono ricchissimo di informazioni sulla storia stessa del pianeta terra.
Tramite i reperti esposti, dettagliati pannelli esplicativi e strumentazioni multimediali questo museo spiega le attività di raccolta di fossili e gli studi effettuati tramite i carotaggi nel ghiaccio raggiungendo strati antichi anche un milione di anni, che parlano della composizione dell’atmosfera e dei cicli di temperature sul nostro pianeta. È presente una piccola sezione biologica, con gli animali antartici dalle caratteristiche uniche, e la raccolta di meteoriti. Sezione affascinantissima, con campioni di materiali (rocce, leghe metalliche) provenienti dallo spazio, dai massi di 5kg. alle pietruzze infinitamente piccole, che in Antartide affiorano dal ghiaccio.