Lettere in redazione

I limiti della legittima difesa

Caro Direttore,domenica 5 febbraio si è celebrata nella Chiesa la giornata della vita. «La vita va sempre rispettata e difesa», ha detto il Papa. Noi, che ci professiamo seguaci di Cristo, siamo fermamente convinti di questa verità e la difendiamo ogniqualvolta essa viene messa in dubbio. Così è stato fatto alcuni mesi fa per la difesa dell’embrione. In quell’occasione, tutta la Chiesa si è mobilitata massicciamente per la difesa della verità in cui crede.Giorni addietro, abbiamo assistito al varo di una legge che, approvata in fretta e furia, autorizza di fatto un uomo a sparare contro un altro uomo. Ma in questo caso non ci sono state prese di posizione forti e chiare come per l’embrione; c’è stato solo qualche timido sussurro. Nessuno, con autorità, ha gridato il non licet! La giusta difesa dell’embrione non comporta anche la difesa dell’uomo che da esso si sviluppa? La vita va sempre rispettata e difesa, dice il Papa, e nessuno può autorizzare per legge ad uccidere un altro uomo.Alberto EusepiFirenze Il nostro pensiero sulla Legge, che introduce innovazioni significative all’art. 52 del codice penale in tema di «legittima difesa», è stato espresso con chiarezza dal magistrato Giuseppe Anzani nel fondo del 5 febbraio. L’argomento merita comunque di esser ripreso, perché attiene pur sempre alla difesa della vita, anche se con le dovute distinzioni: l’aborto volontario e la soppressione dell’embrione comportano, secondo la morale cattolica, valutazioni molto diverse. La difesa infatti è di per sé giusta e corrisponde al diritto delle persone e della società, «perché è legittimo far rispettare il proprio diritto alla vita» e «non ci si rende colpevoli di omicidio anche se si è costretti ad infliggere all’aggressore un colpo mortale» (Catechismo Chiesa cattolica § 2263).Anzi, al § 2265 si precisa che «la legittima difesa può essere non soltanto un diritto, ma un grave dovere per chi è responsabile della vita di altri, del bene comune della famiglia e della comunità civile». Si fissano però dei limiti ben precisi e invalicabili: che sia in pericolo la vita – non si parla mai di beni – e che non si usi «maggior violenza del necessario» perché l’atto diventa allora illecito.Anche il nostro codice penale regolava il diritto alla legittima difesa con dei paletti ben definiti. Le modifiche ora introdotte stabiliscono, sottolinea Anzani, che «anche quando viene violato il domicilio (la casa, l’ufficio, il negozio) si può sparare senza chiedersi se sparare sia proporzionato e non si fa differenza se l’intruso che trovi in casa tua aggredisca la tua incolumità o vuole solo rubare le tue cose. Resta solo il requisito di essere costretto dalla necessità». I promotori di questi cambiamenti giustificano l’inasprimento – che può aprire la strada a «un fai da te difensivo» – con la violenza che oggettivamente segna la nostra società e con una delinquenza sempre più spietata (a volte si uccide per pochi spiccioli).Ci si domanda però se questa sia la via giusta per contrastarla: in una società civile infatti la prevenzione e la repressione dei crimini sono compiti propri dello Stato.Un’ultima osservazione: non è vero, caro Eusepi, che «nessuno, con autorità, ha gridato non licet». Perplessità e critiche sono state espresse dal mondo cattolico e la Cei in un comunicato auspica «che la nuova normativa sull’uso delle armi per la legittima difesa non oscuri o relativizzi il valore della vita umana», che resta per noi sempre e comunque primario.

Legittima difesa, una legge pericolosa