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I gesti che segnano un viaggio

In occasione dell’ottantaduesimo compleanno del Papa tante cose si sono scritte. Sagge e affettuose, per lo più, anche se non è mancata un po’ di dietrologia con relative… previsioni. Ma questo è nel conto. Del resto Giovanni Paolo II non manca certo di umorismo, se è vero l’aneddoto che si racconta. A chi gli chiedeva notizie sulla sua salute avrebbe risposto: «Non lo so, non ho ancora letto i giornali!».

Certo è che egli continua il suo ministero con evidente fatica, ma con determinazione, sorretto da una fiducia che gli viene dall’Alto e a cui si affida totalmente. E mentre sta per concludere il viaggio in Bulgaria – terra vivificata dal sangue di tanti martiri e ancora memore della presenza gioiosamente operosa del Nunzio Roncalli – già si appresta a vivere il grande incontro con i giovani di Toronto e le beatificazioni a Città del Messico e a Città del Guatemala, cariche di significati per quei paesi e per le popolazioni autoctone.

Ma questo 96° viaggio si è caratterizzato per quella che potrebbe sembrare un’appendice. È la tappa a Baku, capitale dell’Azerbaigian, dove ha incontrato la comunità cattolica formata da… 120 persone, disperse in un paese grande come l’Austria, a maggioranza musulmana: un piccolo resto, sopravvissuto a lunghi anni di persecuzioni, che, privo di chiese, si riunisce in una casetta. Qui la memoria – come è stato scritto – corre davvero agli Atti degli Apostoli, alla Chiesa nascente, alle parole di Paolo che racconta la frazione del Pane nella «chiese domestiche».

Il Papa delle folle – come alcuni dicono con grande superficialità – celebrerà l’Eucarestia e segnerà per quel piccolo gregge un nuovo cammino, una nuova «plantatio ecclesiae». Sono questi i gesti che segnano un viaggio e lo caratterizzano come un autentico pellegrinaggio di Pietro.a.m.I discorsi in Azerbaijan e Bulgaria