Arezzo - Cortona - Sansepolcro

I genitori, modello di amore per i figli.

Spesso le famiglie di oggi hanno bisogno di una iniezione di amore. E’ così che si aprono all’esterno e diventano testimonianza viva e fonte di speranza per tanti. L’amore fra i membri fa brillare il vero volto della famiglia, che non appare più come una «istituzione ingabbiante», ma come un luogo di crescita, di scoperta reciproca, di rispetto e di donazione, di impegno alla solidarietà reciproca. Per capire bene cosa è la famiglia dobbiamo guardare al suo modello: la famiglia di Nazareth.Cosa possono dire Giuseppe Maria e Gesù a noi oggi? Innanzitutto riflettiamo sul fatto che essi hanno attraversato insieme tanti momenti di crisi. Questa riflessione ci aiuta ad uscire da una immagine statica della famiglia di Nazareth, come potrebbe essersi radicata in noi, magari osservando i dipinti che ne hanno esaltato sì la bellezza, ma in un modo che forse può apparire lontano dalla realtà. Proviamo, invece, a pensare all’eroismo di Giuseppe, che non denunciò pubblicamente Maria, come la tradizione ebraica gli imponeva, quando seppe della sua gravidanza. Che l’amò tanto da restarle fedele, andando controcorrente rispetto alle leggi del tempo. Anche oggi un giovane può trovarsi ad andare contro le consuetudini del suo tempo. Giuseppe è dunque sempre attuale nel dare esempio di coraggio e di capacità meditativa. Proviamo a pensare ancora quando Giuseppe prende con sé Maria e il suo bambino e li porta in Egitto per sfuggire il pericolo rappresentato da Erode: quello è stato un modo per affrontare insieme le difficoltà, per restare uniti. È la stessa unità che oggi salva qualunque famiglia, in qualunque parte del mondo, quando deve far fronte ad eventi drammatici, a scelte dure.Guardiamo a Maria quando accoglie le parole dell’Angelo annunciatore: lei accoglie la volontà di Dio. Le sue parole ce la mostrano intelligente, accorta, consapevole della sua donazione a Dio. Più tardi, nella vita quotidiana, la vediamo uguale a Giuseppe, capace di sacrifici, vicina a Gesù, capace di tenere in cuor suo tutte le cose. Guardiamo infine nella famiglia di Nazareth come ci appaiono i rapporti tra genitori e figli. L’episodio di Gesù tra i dottori del tempio è un esempio di affermazione di libertà dei figli e di consapevolezza dei genitori che i figli «hanno una missione da compiere». Quindi l’amore è il segreto della famiglia, la sua radice, il segno distintivo. Questo è così vero che anche nel linguaggio comune quando si vuol dare un significato di forte unione tra i membri di un gruppo si dice per esempio: «è come una famiglia», e se si vuol dire tra amici che ci si vuole proprio bene si dice: «è un mio fratello, è una mia sorella»; o se c’è un rapporto di confidenza e di sostegno con una persona più grande di noi si dice: «per me è come un padre» oppure «è come una madre». Infatti l’amore fa famiglia, fa sentire accettati, sostenuti, compresi e spinge al desiderio di accettare, sostenere comprendere. È in famiglia che il bambino nasce, viene accettato, sostenuto e compreso nel suo processo di crescita. E il processo di crescita è organizzato dall’ affettività.Cosa è l’affettività? E’ la sfera delle emozioni e dei sentimenti, in costante rapporto con la sfera dell’intelligenza e del movimento. Si sviluppa dalle prime relazioni affettive che il bambino stabilisce con le figure di riferimento primarie. Una sana affettività familiare è un’aspettativa realistica dell’educazione affettiva fin dai primi anni di vita, che richiede volontà e tempo, i requisiti che stanno a confermare che le relazioni familiari sono una priorità per quella famiglia. I genitori ne danno testimonianza tra loro ed incoraggiano i figli ad esprimere il loro mondo affettivo. L’affettività è un modo di relazionarsi col mondo che nasce con l’uomo stesso, quindi con il bambino che si affaccia alla vita, che appena nato vive ogni gesto dei genitori come un affetto che gli dà la vita. Avete mai pensato quanto è inerme un bambino piccolo? È indifeso di fronte alle pulsione ed ai bisogni, alla fame, al freddo, alla sete. Ma accoglie tutto come dimostrazione d’affetto. Se i genitori lo guardano sorride. Se la madre lo allatta è felice. Se il padre lo tiene tra le braccia è sicuro di sé. Piano piano si fa strada in lui quella sicurezza che lo aiuta a crescere e che è fatta di una affettività buona, serena, costante. I genitori hanno perciò dei compiti ben precisi quando nasce un bambino: devono accoglierlo, collaborare tra loro per dimostrare al figlio la loro unità, non stancarsi mai di essergli vicino con serenità, perché i conflitti e l’impazienza non fanno bene al bambino, lo gettano nell’insicurezza. Quando poi il bambino cresce, i genitori hanno un compito un po’ diverso.Devono sempre stargli accanto, ma proteggendolo sempre meno, per permettergli di esprimere la sua personalità e per aiutarlo a conquistarsi le sue autonomie. Non è sempre così facile capire: per capirlo è necessario che i genitori siano uniti e sfruttino la loro unità per ricavare «luce» su cosa è bene fare. Ci sembra di dover sottolineare, in tutte le fasi dell’educazione affettiva, la necessità della sinergia degli affetti con l’impegno dei legami e con l’etica della cura. In una famiglia dove i rapporti affettivi restano nel tempo orientati alla crescita globale dei figli si impara ad essere: attraverso l’affettività ciascuno impara a conoscersi per sviluppare le proprie potenzialità. E si impara a donare: la vita quotidiana chiede continuamente di essere l’uno per l’altro un dono. di Maddalena Petrillo Triggiano