Lettere in redazione
I fiorentini, la tramvia e il «no» a Pietro Leopoldo
Le tensioni nel Consiglio Comunale di Firenze riguardo alla tramvia fanno ricordare che altre volte i fiorentini (o meglio, alcune categorie rappresentative di essi) si sono distinti nell’impedire innovazioni nell’interesse pubblico.
Nel 1783 il Granduca Pietro Leopoldo propose al Comune di Firenze di dotare la città di un sistema di illuminazione pubblica. Il 18 gennaio 1784 il Consiglio Comunale respinse la proposta con una elaborata risoluzione predisposta dal nobile cavaliere Francesco Guazzesi. La relazione faceva notare: 1) che quelli che passeggiano di notte possono portarsi una lanterna, con minore spesa; 2) che i fiorentini alle undici sono tutti a letto; 3) che il lastrico netto e chiaro delle vie mitiga l’oscurità; 4) che in città ci sono ben 78 lumini davanti ai tabernacoli. Ma soprattutto fu sostenuto che l’illuminazione favorisce, e non impedisce, le aggressioni notturne: infatti il malvivente «riflessivo», non potendosi render conto se il passante sia armato, si asterrebbe dal colpo che le tenebre gli renderebbero incerto, mentre «lo farà quando la luce lo rende per lui sicuro»! La proposta concludeva la relazione non poteva essere patrocinata che «da qualche zelante del male inteso pubblico bene o da qualche nuovo economista»!
Pietro Leopoldo che si era visto rifiutare, ancor più decisamente, anche la proposta di istituire un servizio pubblico di fognature dovette accontentarsi di abolire la tortura e la pena di morte, e d’introdurre varie altre riforme che non coinvolgessero i maggiorenti fiorentini rappresentati nel Consiglio Comunale, ma che comunque gli assicurarono un posto nella storia.
L’episodio è davvero gustoso e calzante. E aiuta a capire perché la città abbia accumulato nel tempo gravi ritardi nel dotarsi di moderne infrastrutture. Si possono avanzare molte critiche al progetto della tramvia, per la scelta iniziale (poteva essere preferibile un sistema di metropolitana leggera), per come è stato gestito finora (lievitazione eccessiva delle spese, ritardi nei lavori, errori progettuali) e anche per il tracciato scelto (passaggio da piazza Duomo, ad esempio). Ma Firenze non può permettersi ulteriori ritardi. A quattro anni dalla firma del contratto di costruzione, trovo assurdo tornare indietro al dibattito «tramvia sì, tramvia no». Adesso la si faccia al più presto e, possibilmente, nel migliore dei modi. Per questo l’amministrazione fiorentina deve cambiare marcia: basta con le improvvisazioni e i pressapochismi.
Claudio Turrini