Lettere in redazione
I cattolici di fronte al «caso Berlusconi», dibattito tra i lettori
Ancor più sconcerto provoca il farsi avanti di un «modello cristiano» delegato e sostenuto dalla compagine governativa, a tutela di alcuni valori essenziali (diritto alla vita, famiglia, dignità della persona) nel timore, evidentemente, che la fede cristiana si disgreghi senza l’appoggio dei poteri politici. Viene così meno la «carica profetica e l’identità spirituale della Chiesa come popolo di Dio che nella storia cerca di leggere i segni dei tempi e di costruire il regno» (A. Cortesi, Storia Etica Politica, Convegno regionale Azione cattolica-Pitigliano 21/3/2011). Prevale invece l’intervento diretto dei pastori nell’ambito dell’azione politica e legislativa; intervento che si sostituisce alla presenza di un laicato cattolico in grado di assumersi responsabilità nelle realtà in cui viviamo.
A nostro parere l’impegno dei cattolici nel tempo attuale dovrebbe porre al «centro», più che la crescita numerica dei fedeli e i successi da conseguire sul piano politico-legislativo, la testimonianza evangelica vissuta con coerenza. Si tratta, come viene sollevato da più parti dalle comunità ecclesiali e dall’associazionismo cattolico di denunciare e smascherare la pratica ormai diffusa di una proclamazione esplicita di valori cristiani accompagnata da una sistematica negazione degli stessi nella vita personale e nella vita pubblica, in particolare di chi è alla guida del Paese. L’intento che ci muove è quello di non rassegnarsi alla «contestualizzazione» e all’ineluttabilità che inquinano e degradano la vita del Paese e delle istituzioni. Bisogna invece reagire tracciando le basi di una trasformazione e di un’alternativa di mentalità.
Sono state veramente tante le lettere arrivate in questi giorni in redazione sul «caso Berlusconi». E partirei proprio dal proporre di non chiamarlo più «caso Ruby», nel tentativo di cominciare a togliere da sotto i riflettori quella povera ragazza, appena maggiorenne (verrebbe voglia di dire: poco più che bambina), ma con atteggiamenti e sembianze da donna vissuta. Vorrei che fossero d’accordo anche i colleghi delle tv. È necessario toglierla da sotto quei riflettori che la segneranno (sicuramente in negativo, anche se lei pensasse il contrario) per tutta la vita.
Per quanto riguarda le lettere, ne abbiamo selezionate alcune (in parte anche ridotte) nel tentativo di dare l’idea di come la pensano i nostri lettori che, con un minimo di presunzione da parte nostra, crediamo rappresentino in modo significativo il pensiero diviso del mondo cattolico. Mentre nel merito dell’argomento, non posso che ribadire quanto scritto nell’editoriale dello scorso numero (Scandalo politico-giudiziario: fare chiarezza e darsi una regolata per il bene del Paese), anche se non da tutti condiviso, ma che trova, a mio modesto parere, sostanza e autorevolezza nelle parole del cardinale Bagnasco al Consiglio permanente della Cei, quando ha parlato di debolezza etica, di comportamenti contrari al pubblico decoro, di stili non compatibili con la sobrietà e la correttezza, ma anche di eccessi da parte della magistratura e di logica conflittuale che perdura ormai da troppi anni.
Per cui, fermo restando che «chiunque accetta di assumere un mandato politico deve essere consapevole della misura e della sobrietà, della disciplina e dell’onore che esso comporta», noi non vogliamo entrare in camera da letto di Berlusconi. Su certe ipotetiche questioni risponderà alla sua coscienza, al suo confessore (se ce l’ha) e, in ultima analisi, al Padreterno (come tutti noi, del resto). Ed è per questo che ci fermiamo in sala da pranzo per dire che quel tipo di feste (e su queste non ci sono dubbi) non possono essere poste come modello.
In questo senso, più che la vicenda politico-giudiziaria, ci preme ribadire che certi stili di vita sono diseducativi, soprattutto se ostentati dai diretti interessati e amplificati a dismisura dai media. Questo lo dobbiamo dire con forza, proprio noi cattolici, nel momento in cui i vescovi ci chiedono, con gli Orientamenti pastorali per il decennio, di «educare alla vita buona del Vangelo». Anzi, come giornale ci impegnamo, fin dal prossimo numero, ad affrontare la questione sul piano culturale con una serie di interventi che portino ad un confronto anche sulla specificità dell’emergenza educativa in Toscana.
Intanto, fermiamoci tutti finché siamo in tempo, facciamo chiarezza e, come suggerisce il cardinale Bagnasco, non cediamo al pessimismo, guardiamo avanti con fiducia: «È questo l’atteggiamento interiore che permetterà di avere quello scatto di coscienza e di responsabilità necessario per camminare e costruire insieme».