Lettere in redazione

I «baschi verdi» e l’Italia di oggi

Caro Direttore, correva l’anno 1948; un anno caldo, tumultuoso sotto l’aspetto politico: odi, rancori, sete di vendetta serpeggiavano fra gli italiani, tristo retaggio di una sciagurata guerra, anche civile, terminata da pochi anni. Facevo parte dell’Azione cattolica e, come tale, unitamente ad altri ragazzi della zona, una trentina, andammo a Roma ovviamente a nostre spese (non molte) per pagare i proprietari e gli autisti di due piccoli autocarri utilizzati per il viaggio. Era di settembre. Ci guidava il parroco del mio paese, un sacerdote eccezionale sotto tutti gli aspetti che non finirò mai di ringraziare per il bene che ha fatto a tutti e a me in particolare. Avevo 17 anni ed era la prima volta che uscivo dalla Versilia. Ricordo che rimasi profondamente frastornato trovandomi, a Roma, in mezzo a una marea di giovani (quanti eravamo?) di tutti i ceti sociali provenienti da tutte le regioni d’Italia. Dormivamo su dei pagliericci, parroco compreso. Forse non tutti avevano ben chiara la ragione per la quale erano andati a Roma e, tanto meno, dei possibili rischi connessi a disordini che avrebbero potuto accadere. Tuttavia, a quanto mi risulta, non vi furono atti di violenza contro di noi. Soltanto un’aspra critica che ricordo di avere letto sul quotidiano portavoce ufficiale della «sponda opposta».

A distanza di tanti anni, in una società ed in un clima politico radicalmente cambiati credo sia possibile un giudizio sereno, oggettivo su quella marea di giovani dell’Azione cattolica che nel 1948 affluirono a Roma. In altri termini vorrei sapere se ebbe un «peso», se contribuì ed in quale misura ad edificare l’Italia di oggi sicuramente migliore, nonostante tutto, dell’Italia del 1948.

Ancora, ed è una mera curiosità: chi è l’autore dell’inno «Bianco Padre che da Roma ci sei meta luce e guida, ecc.»? Quelle note mi risuonano nelle orecchie, vanno diritte al cuore, mi attanagliano, mi soffocano; poi, per fortuna lacrime liberatorie. Ma questo riguarda solo me.Renzo Orsi Orbicciano (Lu) La manifestazione, che tu, caro Orsi, ricordi con tanta commozione, si svolse a Roma il 12 settembre 1948 per celebrare gli 80 anni della Giac. I giovani di Ac, che con i loro baschi verdi vi parteciparono, furono più di 100 mila, un numero altissimo per quei tempi, considerato che nell’immediato dopoguerra un viaggio a Roma comportava molti disagi che furono però affrontati con quell’entusiasmo che esplose poi nell’incontro in Piazza S. Pietro con Pio XII.Sempre nel 1948 vi fu a Roma un altro grande raduno: quello delle giovani di Ac che – basco ruggine in testa – celebrarono il 30° di fondazione della G.F.Che giudizio possiamo dare oggi «in una società e in un clima politico radicalmente cambiato» di questi incontri e soprattutto quale spirito li animava? Certo c’era la volontà di contrapporsi in un’Italia, che pochi mesi prima (18 aprile 1948) con la vittoria della Dc, a cui l’Ac tanto aveva contribuito, si era collocata fuori dell’orbita sovietica. Ma sarebbe limitativo e ingiusto liquidare tutto come «inutili manifestazioni trionfalistiche». C’era ben altro. Quei giovani erano il simbolo di una generazione, provata dalla dittatura, dagli orrori della guerra e dalle violenze del dopoguerra – perché anche queste vi furono – che alla luce di un cristianesimo vissuto con slancio e nella sua integrità, voleva essere forza di rinnovamento nel nuovo Stato democratico. In una fedeltà piena alla Chiesa e al Papa, che è nota costante dell’associazione e che nel dopoguerra era vissuta e manifestata con particolare intensità.Credo davvero che si possa dire che anche per il contributo di questi giovani è stato possibile «edificare l’Italia di oggi sicuramente migliore, nonostante tutto, di quella del 1948».L’inno «Bianco Padre» – parole e musica – è di Mario Ruccione e risale agli anni ’30, ma non risulta sia mai stato adottato ufficialmente dall’Ac. Ebbe risonanza nel dopoguerra con l’organizzazione dei Comitati civici e dei baschi verdi.