Italia

I 60 anni dell’Ape, il motofurgone della «dolce vita»

di Mara Viviani

Sulle strade dissestate del dopoguerra circolavano poche automobili, molte biciclette, tricicli a pedali e carretti a mano. I più fortunati viaggiavano in Vespa, lo scooter nato nel 1946, negli stabilimenti Piaggio di Pontedera da poco ricostruiti, dopo i bombardamenti dei tedeschi prima e degli alleati poi. Nel ’48, da una «costola» della fortunata Vespa, il suo geniale inventore – l’ingegnere abruzzese Corradino D’Ascanio – creò un veicolo a tre ruote: Ape.Il nuovo mezzo, voluto da Enrico Piaggio, avrebbe dovuto servire al trasporto delle merci. In quegli anni l’economia italiana si stava faticosamente rimettendo in moto, e con essa l’industria, i commerci, le attività artigianali, grazie anche agli aiuti economici statunitensi del Piano Marshall. Il trasporto delle merci era affidato a grandi autocarri, ancora di chiara derivazione militare, a costosi veicoli commerciali di tipo automobilistico o a pesanti motofurgoni. Raccontava D’Ascanio: «Si trattava di colmare una lacuna nei mezzi di locomozione utilitaria del dopoguerra, portando sul mercato un motofurgone di piccola cilindrata, di limitato consumo e di modesto prezzo di acquisto e di manutenzione, facile alla guida, manovrabile nel più intenso traffico cittadino, e soprattutto adatto e sollecito e pronto al trasporto a domicilio della merce acquistata nei negozi».

Il primo modello di moto-furgoncino conservava della Vespa le caratteristiche fondamentali, la parte anteriore e il motore 125cc che, proprio nel 1948, iniziava ad equipaggiare lo scooter Piaggio, originariamente presentato nella cilindrata 98cc. I primi utilizzatori furono proprio i piccoli e medi commercianti. E la prima campagna pubblicitaria si rivolse a loro: un fattorino alla guida di Ape trasportava sul cassone un pacco di banconote da mille lire, mentre lo slogan recitava «Chi l’acquista… non li spende, li guadagna». Scriveva all’epoca la rivista Motociclismo: «Il moto-furgoncino Ape è destinato al migliore dei successi. È una macchina modernissima, di costo e consumi assai limitati, alla portata della più modesta azienda, ma concepita senza false economie secondo criteri molto razionali, tanto dal punto di vista funzionale che da quello costruttivo». Ape costava 170 mila lire e fece boom.

In pochi anni, ecco sciami di Ape scorrazzare in un’Italia «in bianco e nero» portando sul cassone la scritta della ditta servita, da Zoppas a Singer, tanto per citare due «marchi» tra i più amati dalle casalinghe del tempo, che sognavano la lavatrice e cucivano da sé i vestiti per la famiglia (il reddito pro-capite annuo degli italiani era di 139.152 lire). Nel ’53 uscì sul mercato il nuovo motofurgone Ape da 150cc (nelle versioni pianale, anche ribaltabile, furgoncino, giardinetta), con prezzi da 240 mila a 300 mila lire, capace di portare 3 quintali di merce. Già si vendeva anche a rate, da 6 a 18 mesi, in quasi 1.500 concessionari. E si poteva anche acquistare il solo telaio al prezzo di 226 mila lire. Infatti, il disegno originale del motofurgone permette all’Ape continui «travestimenti»: eccolo trasformato in «risciò» (cioè l’Ape-taxi) per far breccia nel mercato indiano e indonesiano, o in una pescheria ambulante per quello venezuelano, o in un carretto siciliano con le sponde dipinte con scene di pupi. Il «piccolo lavoratore» fa di tutto: spala la neve, consegna la posta e i giornali, distribuisce gelati, fiori e bibite, aiuta in campagna e in città, negli aeroporti e nei porti. Si arrampica per gli stretti vicoli dei borghi, si muove agilmente nelle vie cittadine dove il traffico comincia ad aumentare.

L’evoluzione tecnica del modello è continua: nel 1958 nacque l’Ape D, di maggiori dimensioni, cabina completa di porte, cilindrata di 170cc. Piaggio coniò lo slogan «Ape, il veicolo che vi aiuta a guadagnare». Nel 1961 addirittura il «salto» a cinque ruote con il modello Pentarò, un originale veicolo di grande portata (700 kg). Del 1966 è invece Ape MP, la cui cabina offriva al conducente (e all’eventuale passeggero) una migliore abitabilità e un comfort paragonabile ai furgoni di tipo automobilistico. Crebbe la cilindrata, il propulsore era un due tempi 190cc; nel 1968, con il modello Ape MPV, ecco il volante in opzione rispetto alla guida a manubrio di tipo scooteristico. L’anno dopo nacque l’Ape 50, un veicolo commerciale di soli 50cc, primo modello della gamma appartenente alla categoria dei ciclomotori.

Ma la vera «rivoluzione» avviene nel 1971, quando è lanciato un modello dal design per l’epoca estremamente moderno, che si pone in concorrenza con gli autocarri leggeri. È l’Ape Car: nuova la scocca, di maggiori dimensioni e dotata di una cabina più grande e confortevole; la guida è a volante; il motore 2 tempi, 220cc di cilindrata. Nel 1982 nasce il longevo modello Ape TM, tuttora prodotto negli stabilimenti di Pontedera, dal design firmato da Giorgetto Giugiaro. Altra tappa dell’evoluzione tecnologica: nel 1984 nasce il primo Ape con motore a gasolio. Ape Car Diesel è equipaggiato con una nuova motorizzazione Diesel 422cc con cambio a 5 marce: è il più piccolo Diesel a iniezione diretta del mondo. Due anni dopo, nel 1986, il record di portata nell’ambito della gamma Ape: viene lanciato Ape Max (motore Diesel 422cc) che può trasportare fino a 9 quintali di merce.

Dopo aver risposto alle esigenze di trasporto di generazioni di lavoratori, Piaggio pensa anche ai giovani: nel 1994 viene lanciata la fortunata serie speciale Ape Cross che conosce un rilevante successo commerciale. Derivato da Ape 50, Ape Cross si rivolge ai numerosi ragazzi che utilizzano l’Apino come veicolo alternativo alle «due ruote»: è equipaggiato con un roll-bar, dietro la cabina c’è un capiente bagagliaio, i colori giovani e brillanti sono «fuori serie» rispetto alla gamma dei veicoli commerciali Piaggio, e sono addirittura disponibili antifurto elettronico, autoradio stereo con altoparlanti.Alla vigilia del 60° compleanno dell’Ape, infine, nel 2007 viene proposto il modello revival Ape Calessino, che rievoca il periodo «Dolce Vita». A partire dagli anni ’50, Ape costruì il suo fascino senza tempo legando anche la sua immagine ai fotogrammi dei divi di Hollywood in villeggiatura nelle isole del Mediterraneo, dove venivano scovati dai paparazzi e fotografati sull’Ape, usato per muoversi nelle località di vacanza. Ape entrò da protagonista nella vita mondana di località-mito come la Versilia, Capri, Ischia, Portofino. È del 1956 lo scoop fotografico di Charlie Chaplin a bordo di Ape giardinetta, che scorazza per le vie capresi. L’Ape Calessino è stato prodotto in una serie limitata (999 pezzi numerati) ed unica, con inserti in legno, cromature e elegante livrea blu.

Oggi, Ape ha superato il traguardo di oltre 1.900.000 veicoli venduti sui soli mercati europei, e costituisce ancora un prodotto di riferimento per il Gruppo Piaggio. Ogni anno, infatti, dagli stabilimenti di Pontedera escono più di 10 mila Ape per il mercato Europeo. Piaggio ha inoltre fatto diventare Ape un vero e proprio successo mondiale. Dal 1999 è prodotto anche nello stabilimento indiano di Baramati: sforna oltre 140 mila veicoli Ape l’anno, per il trasporto di cose e persone, destinati ai mercati asiatici.

LA SCHEDALa sorella minore della Vespa protagonista al cinemaNel difficile periodo della ricostruzione che segue il secondo dopoguerra, l’Ape – in silenzio e senza un’eccessiva pubblicizzazione – si guadagna un suo spazio. La «sorella» maggiore e primogenita Vespa rimane, in casa Piaggio, la più coccolata: a lei si dedicano le migliori attenzioni e i budget più sostanziosi. Vespa è sinonimo di libertà, di mobilità individuale. Deve sostenere, e vincere, il confronto con la storica rivale Lambretta; una sfida che nel campo delle due ruote motorizzate replica il dualismo fra Fausto Coppi e Gino Bartali. «Quella di Ape è una comunicazione volutamente “povera” – scrivono Omar Calabrese e Marino Livolsi nel “Libro dell’Ape” edito da Piaggio nel 1998 in occasione del cinquantenario – ma la vera comunicazione è stata quella del passaparola e dell’esempio diretto, e cioè come si vedeva utilizzare l’Ape dall’artigiano del negozio vicino o dal contadino del podere accanto». Ma anche l’Ape, l’insetto… lavoratore, si conquista un suo posto in vetrina; anche se la comunicazione pubblicitaria Ape rimarrà sempre volutamente più «concreta» rivolgendosi al proprio pubblico di riferimento con argomenti tangibili, quali prezzi e rateizzazioni, portata utile, dimensioni del piano di carico e capacità di districarsi nel crescente traffico urbano. E anche quando la Piaggio si affida agli artisti dell’affiche che negli stessi anni stanno costruendo il «mito visuale» di Vespa, non dimentica di ricordare ai commercianti che «Un cliente accontentato in pochi minuti, vi rimarrà fedele tutta la vita», come recita una delle primissime pubblicità di Ape. E la «Domenica del Corriere» dedica perfino delle copertine all’operoso veicolo. Ape figura bene anche al cinema: tra le tante pellicole che la vedono co-protagonista c’è «La cambiale», un film di Camillo Mastrocinque del 1959, con Vittorio Gassmann e Giorgia Moll, e ci sono anche le numerose «comparsate» nei film di Leonardo Pieraccioni.

Ape Calessino, il modello più «chic» della gamma, si vede anche in televisione: è stato protagonista della sigla di apertura dello show «Aldo, Giovanni e Giacomo-Anplagghed», andato in onda di recente; ed anche dell’ultima puntata del reality l’Isola dei Famosi, impegnato a trasportare le finaliste Manuela Villa e Debora Caprioglio, con dj Francesco alla guida. Instancabile, ha anche scorazzato scrittori e artisti per le vie di Mantova, durante l’ultimo Festival della Letteratura.

Dieci anni fa, due robusti Ape TM hanno viaggiato su strade e deserti di mezzo mondo, impegnati nel tour «Eurasia ’98»: 25 mila chilometri di avventure, da Lisbona a Pechino. L’Apino conquista tutte le età: sorgono sodalizi a lui dedicati, come il neonato Ape Club di Pisa abbinato al Vespa Club di Pisa (risale al 1949) che, insieme al concessionario Piaggio Motorteam, organizzano raduni ed iniziative benefiche (come la tradizionale consegna di giocattoli ai piccoli degenti dell’istituto Stella Maris di Calabrone, sul litorale pisano, durante la Befana). Raduni e gimkane su Ape divertono soprattutto in Valle d’Aosta: qui da 60 anni si dice che la mucca e l’Ape siano i beni più preziosi di contadini ed allevatori. Chiamato «il mulo dei valdostani», perché da tempo il tre-ruote Piaggio ha sostituito i quadrupedi. Cecco, un panettiere di Cervinia, negli anni ’50 portava il pane con la carriola d’estate e la slitta d’inverno, una faticaccia. La sua vita è cambiata con Ape. Sperando che cambi anche per le detenute del carcere di San Vittore: realizzano capi di abbigliamento (1.500 ogni mese), poi venduti attraverso negozi itineranti («moving shop», un’idea di Valeria Ferlini), allestiti su 25 veicoli Ape, che girano le città, da Bologna a Milano, da Cortina a Forte dei Marmi.