Cultura & Società
I 400 anni dell’Accademia della Crusca
di Antonio Lovascio
E’ l’anno dell’Accademia della Crusca, grande custode della lingua italiana. O meglio: è il compleanno del Vocabolario (1612), che vive ormai da quattro secoli ed ha perpetuato anche sul web gli idiomi usati dai tre sommi autori trecenteschi, Dante, Petrarca e Boccaccio; ampliato e ripubblicato più volte, fino al 1923. Pur sottoposta ad attacchi per i limiti posti all’uso linguistico vivo, questa istituzione culturale invidiataci da altri Paesi, ha dato un contributo decisivo all’identificazione ed alla diffusione dell’italiano ed ha fornito l’esempio ai grandi lessici delle lingue francese, spagnola, tedesca e inglese. Fin dall’inizio l’Accademia ha accolto studiosi e ricercatori di diversi campi: oltre a grammatici e filologi, scrittori e poeti (Tassoni, Maffei, Maggi, Monti, Leopardi, Manzoni e Carducci), scienziati (Galilei, Redi, Torricelli, Malpighi), storici (Muratori, Botta, Capponi), filosofi (Voltaire e Rosmini su tutti), giuristi e statisti (Wite, Giadstone). E ancor oggi si avvale delle competenze di linguisti e letterati di tutto il mondo.
Senza abbandonare il proprio impegno primario nella ricerca scientifica, è ormai diventato un osservatorio delle trasformazioni dell’italiano contemporaneo, un centro aperto alla collaborazione con la scuola e l’università italiana (in particolare con le facoltà letterarie), con enti ed atenei di tutti i continenti, con gli studiosi di altre discipline (storici dell’arte, scienziati, giuristi, informatici) per affrontare anche i grandi temi dell’evoluzione professionale e tecnologica che coinvolgono il nostro Paese e l’intera Europa.
Salvata a dicembre dal governo Monti come lo fu 30 anni fa dopo un appello di Indro Montanelli, fatto proprio da numerosi intellettuali l’Accademia spera di veder confermata in questo importante anniversario quella stabilità strutturale indispensabile per svolgere i propri compiti istituzionali e per programmare il futuro. Il progetto più ambizioso, come ci ha anticipato in questa intervista la neo confermata presidente, professoressa Nicoletta Maraschio, è sicuramente quello di colmare una grave lacuna tra gli strumenti di conoscenza dell’italiano: un vocabolario storico postunitario online, basato su un grande corpus di riferimento analogo a quello delle principali lingue europee, che documenti la straordinaria capacità di rinnovamento e di vitalità dell’italiano.
Professoressa Maraschio, quest’anno si celebra il quattrocentesimo anniversario del primo grande Vocabolario, l’opera principale dell’Accademia della Crusca. Il significato di questa ricorrenza e gli eventi in programma.
«È un compleanno molto importante e non solo naturalmente per l’Accademia della Crusca, ma per il nostro Paese. Il Vocabolario degli Accademici della Crusca infatti, al di là delle critiche, è stato per secoli (a cominciare appunto dal 1612, data della sua prima edizione) un punto di riferimento fondamentale per chiunque volesse scrivere in italiano. Ha dato voce alla nazione italiana molto prima che si formasse uno Stato politicamente unito. È stato modello dei grandi Vocabolari nazionali europei. L’Accademia sta preparando un Convegno per novembre, al quale inviterà i direttori dei grandi vocabolari europei di oggi, ma un altro convegno intorno al nostro Vocabolario si svolgerà a Padova e Venezia, voluto dall’Associazione per la Storia della lingua italiana (ASLI). E in ottobre, in occasione della Settimana della lingua italiana nel mondo, se ne parlerà anche a Mosca, grazie all’impegno del nostro ambasciatore, Antonio Zanardi Landi, dell’Istituto Italiano di cultura e dell’Accademia delle scienze di Mosca».
Possiamo dire che nell’evoluzione identitaria, abbiamo superato il «dominio» dei dialetti?
«Nel corso del Novecento c’è stata in Italia una vera e propria rivoluzione linguistica: l’italiano da lingua posseduta da una minoranza (al massimo il 10% della popolazione nel 1861 era italofona) è diventata la lingua di tutti. Ma i dialetti per fortuna sono ancora vivi e vegeti. Il multilinguismo e il multiculturalismo, che sono caratteristici della nostra storia, continuano a rappresentare una ricchezza del nostro presente».
In un’Italia sempre più multietnica, come procede l’apprendimento della nostra lingua?
«Il completamento del processo di italianizzazione è avvenuto soprattutto dagli anni Sessanta in poi. La nostra è una lingua molto antica e nello stesso tempo molto giovane. Le diseguaglianze che rileviamo oggi tra i giovani sono troppo forti per quanto riguarda le loro capacità di utilizzare l’italiano in tutta la sua ricchezza e in tutte le sue potenzialità. La lingua, ma potremmo meglio dire le lingue, hanno una posizione di assoluta centralità nelle nostre società complesse. È necessario un grande impegno di soggetti diversi per diffondere una consapevolezza linguistica più alta e una conoscenza migliore delle lingue, naturalmente iniziando dall’italiano. Occorre investire maggiori risorse in questo campo, a cominciare dalla scuola e dell’università, chiamata a formare insegnanti capaci di svolgere il difficile compito di educatori linguistici delle nuove generazioni».
Con la Scuola Normale Superiore di Pisa portate avanti il «rovesciamento» o meglio: l’aggiornamento del testo secentesco, strumento fondamentale per l’unificazione dell’uso nazionale della lingua italiana. Con il restauro editoriale, nella versione elettronica, quali vantaggi ha il lettore di oggi?
«Quello con la Scuola Normale è stato un primo progetto che ha riguardato solo l’edizione del 1612. Ora tutte e cinque le edizioni del Vocabolario sono interrogabili on line. Grazie alla Lessicografia della Crusca in rete è possibile entrare nelle pieghe del Vocabolario e scoprire il tesoro lessicale nascosto nelle voci e non posto a lemma. Si percorre così la storia del lessico italiano dal Cinquecento al Novecento».
Negli ultimi anni l’Accademia della Crusca ha accentuato con grande energia il suo impegno per la politica linguistica della scuola e dell’università. Si vedono concretamente i primi frutti, almeno qui in Toscana?
«Il nostri incontri annuali con gli insegnanti sono sempre di grande soddisfazione reciproca. Restano proprio a Firenze alcuni problemi da risolvere, tra i quali quello particolarmente grave della mancanza di un insegnamento strutturato di Linguistica italiana nella Facoltà di Scienze della formazione: per i maestri una conoscenza specifica e approfondita della lingua italiana, della sua storia e delle sue strutture è ovviamente essenziale. Questo venerdì, 27 aprile, in Accademia si svolgerà un’importante Tavola rotonda sul tema attualmente molto dibattuto dell’inglese scelto come lingua esclusiva per i corsi magistrali e dottorali dal Politecnico di Milano».
Vi muovete pure su un piano internazionale. Il riconoscimento all’Accademia che la rende più orgogliosa?
«L’Accademia può contare su illustri accademici corrispondenti che operano all’estero. Inoltre fa parte di istituzioni internazionali (come l’EFNIL) che si impegnano per il multilinguismo europeo. I riconoscimenti da tutto il mondo ci danno molta fiducia».
Avete avviato anche un processo di «rottamazione» del linguaggio delle professioni. Siete partiti da avvocati e magistrati: è proprio vero che la giustizia non si fa capire? Come pensate di rendere il diritto più comprensibile?
«Crediamo che rendere le scritture professionali più chiare e semplici sia una questione di grande rilevanza sociale e politica. A cominciare dalla scrittura dei testi normativi e amministrativi. L’Accademia insieme all’ITTIG (Istituto del CNR) ha elaborato una Guida per aiutare chi voglia muoversi in questa direzione».
La «Crusca» ha altri progetti in ponte?
«Certo. Quello più importante è la ripresa della propria attività lessicografica: un grande Vocabolario storico postunitario che rispecchi il cambiamento della nostra lingua novecentesca».
Mi par di capire che questo 2012 vuole essere un anno di svolta. Ma dalla politica vi attendete un segnale: lei ha con coraggio denunciato sprechi scandalosi. Troppi soldi ai partiti e sempre meno alle istituzioni culturali .
«L’Accademia della Crusca è stata salvata in dicembre dalla legge cosiddetta Salva Italia del Governo Monti. Abbiamo finalmente una dotazione ordinaria che ci consente di uscire dallo stato di precarietà assoluta in cui siamo stati per molti anni. Dal momento della mia elezione alla presidenza ho cercato una soluzione normativa e mi sembrava impossibile che mi si rispondesse sempre che non c’erano soldi per sostenere un’istituzione come l’Accademia della Crusca! Ora possiamo finalmente avviare una nuova fase».
E soprattutto l’Accademia della Crusca non corre più il rischio di chiusura?
«No questo rischio, non c’è più. La dotazione statale tuttavia non consente all’Accademia di darsi quel consolidamento strutturale che le è necessario. La Regione Toscana mi auguro che continuerà a sostenerci, insieme al Comune e alla Provincia di Firenze. L’Accademia può finalmente avviare progetti anche a medio e lungo termine, ma dovrà continuare a essere sostenuta, oltre che da risorse pubbliche anche da risorse private, dai tanti amici che in questi anni difficili le sono stati vicini perché hanno condiviso il suo principale obiettivo istituzionale: quello dello studio, della cura e della valorizzazione della nostra lingua».
Nicoletta Maraschio da pochi mesi lavora a tempio pieno nella bella sede della prestigiosa istituzione, a Castello, anche se sulla sua agenda ha segnato numerosi impegni per conferenze in Italia e all’estero. E’ andata in pensione, lasciando la cattedra di Storia della lingua italiana presso l’ateneo fiorentino Di origine pavese, ma fiorentina di adozione fin da quando si è laureata in piazza Brunelleschi, ha passato tutta la sua vita di ricercatrice accanto al professor Nencioni, sia all’Università che alla Crusca, spaziando su periodi e temi diversi della storia della lingua italiana: dai singoli autori (fra gli altri Boccaccio, Alberti, Salviati), alla riflessione linguistica d’epoca rinascimentale (il parlato nella riflessione grammaticale cinquecentesca, l’insegnamento dell’italiano all’estero, la prima cattedra di lingua italiana a Siena, i trattati di fonetica cinquecenteschi). I suoi interessi di ricerca si concentrano su vari aspetti della storia linguistica italiana, in particolare sul periodo rinascimentale e su quello contemporaneo. Più in dettaglio, la professoressa Maraschio si è occupata dei testi dei primi fonetisti cinquecenteschi, dell’evoluzione del sistema grafico italiano dal Medioevo al Novecento, del bilinguismo e della trattatistica d’arte dell’Alberti e di Piero della Francesca, della storia dell’Accademia della Crusca e del suo Vocabolario, delle lingue della Chiesa, della fortuna della lingua italiana all’estero
Per quanto concerne il Novecento, si è occupata della lingua dei mezzi di comunicazione di massa, dell’italiano del cinema, della radio e più della televisione. In questo ambito dirige, insieme a Sergio Raffaelli, la collana «L’italiano in pubblico», pubblicata dall’editore Cesati di Firenze. Ha anche svolto attività di insegnamento all’estero come «visiting professor» presso diverse università europee, mentre negli Stati Uniti ha tenuto lezioni sia presso l’Italian Academy di New York (Columbia University) sia presso il Queens College & Graduate School della City University of New York (CUNY). Negli ultimi anni ha coordinato numerose ricerche finanziate dal Cnr e dal Ministero; fra questi da segnalare quella sulla riflessione grammaticale del Cinquecento-Seicento all’interno del progetto «La Fabbrica dell’italiano», sviluppato in collaborazione con la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze. Attualmente è impegnata nella realizzazione di un portale sull’italiano contemporaneo. Per questa sua attività ed in particolare per quanto ha fatto durante il primo triennio di presidenza all’Accademia della Crusca ha ricevuto vari premi e onorificenze. In particolare il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano le ha conferito nel 2011 l’onorificenza di Grande Ufficiale.