Dossier
I 150 anni di Lourdes
In realtà queste parole non bisogna andare a cercarle, perché ci vengono offerte dai vangeli. Il migliore antidoto nei confronti del duplice pericolo di una eccessiva enfasi sulla figura della Madonna e di una sua sottovalutazione è il richiamo ai testi della Rivelazione. Senza alcuna pretesa di esaurirne la ricchezza, ci limitiamo qui a evidenziarne un aspetto che ci sembra particolarmente significativo per la nostra vita odierna.
Si legge nel Vangelo di Luca, subito dopo la visita dei pastori alla stalla di Betlemme, che «Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore» (2,19). Per la nostra società consumista, abituata alla logica dell’«usa e getta», l’idea della «conservazione» coincide, ormai, con quella di un pericoloso ristagno, di un irragionevole rifiuto del nuovo. Abbiamo troppa fretta, siamo troppo proiettati verso le esperienze che ancora non abbiamo fatto, verso le cose che ancora non possediamo, per poterci concedere il lusso di fermarci a considerare, con un po’ di calma, gli eventi che abbiamo vissuto. Ma la storia di una persona non è solo il suo futuro: esso, anzi, affonda le proprie radici in ciò che è stato. Ed è alla luce di quest’ultimo che anche le scelte del presente sono garantite nella loro intima coerenza. Se manca la memoria, il divenire dell’io si sbriciola in una serie indefinita di flashes puntiformi, di testi senza contesto, di istanti senza tempo l’«attimo fuggente»! e diventa impossibile conferirgli un senso, nella duplice accezione di «significato» e di «direzione».
Conservando nel suo cuore le esperienze che stava vivendo, Maria è stata dunque fino in fondo se stessa, pur non chiudendosi alla imprevedibile ricchezza della vita. Ella non ha eretto alcun muro difensivo intorno alla propria missione, non si è trincerata dietro una corazza, ma ha potuto malgrado tutto conservare la propria identità perché ha saputo custodire nel centro del proprio il filo della successione degli eventi, rimanendo così fedele alla propria storia.
Questa unità interiore, che esclude al tempo stesso la dissipazione e la rigidezza, viene confermata e approfondita dall’azione che, nel testo di Luca, accompagna il «custodire»: Maria «meditava» tutte le cose che accadevano intorno a lei e che la coinvolgevano. Il verbo greco symballein, che in italiano traduciamo «meditare», indica in realtà un mettere insieme, un collegare cose diverse e difficilmente compatibili, tanto da significare anche uno «sfregare» l’uno contro l’altro degli oggetti.
Oggi il moltiplicarsi selvaggio delle esperienze arricchisce immensamente la nostra esistenza, ma rischia continuamente di travolgerci e di frantumarci. Non solo nello svolgersi del tempo, ma nella stessa realtà del presente, siamo soggetti a una piena di stimoli e di messaggi che non riusciamo più controllare, a valutare, a raccogliere in un orizzonte significativo. Maria si sforzò, umilmente, di mettere in rapporto, dentro di sé, le vicende che la riguardavano, senza rinunziare ad averne una visione unificante.
Se si tiene conto che symballein ha un significato che corrisponde a quello dell’altro verbo greco leghein, da cui deriva il sostantivo logos, diventa possibile azzardare l’ipotesi che nell’unificare il proprio campo di esperienze ella non abbia generato nel suo spirito solo se stessa, ma anche quel Logos che era già suo Figlio nella carne. E abbia così indicato a noi tutti credenti e forse anche non credenti la via di un cammino di silenzio, indispensabile perché le parole umane non scadano nella vuota chiacchiera, ma, ancor più, perché la Parola di Dio prenda forma umana dentro di noi.
Centoventi volte a Lourdes. Un vero record per monsignor Vasco Bertelli, vescovo emerito di Volterra e delegato della Conferenza episcopale toscana per i pellegrinaggi. A lui, che conosce a tal punto Lourdes e la sua realtà, abbiamo rivolto alcune domande, per comprendere meglio il significato profondo che, inevitabilmente, una visita in questa città francese lascia dentro.
Monsignor Bertelli a quando risale il suo primo pellegrinaggio a Lourdes?
«Era il 1952. Ero ancora cappellano a Pontedera e con me c’era anche mia madre. Allora il viaggio in treno era molto più lungo e faticoso di oggi ma, una volta arrivati a Lourdes, ricordo che la sensazione di fatica scomparve per lasciare spazio a un profondo senso di gioia unito al forte impatto con la preghiera e il raccoglimento che pervadevano l’intera realtà che mi apprestavo a conoscere. Un ricordo ancora vivido è il silenzio profondissimo. Nonostante il grande numero di pellegrini presenti, si udiva solo il bisbiglio delle voci in preghiera, e ne rimasi molto colpito».
Da queste prime impressioni, e dopo tutte le esperienze vissute nel corso degli anni, sente che è cambiato qualcosa, nell’ambiente o nei pellegrini che giungono anche da molto lontano?
«L’affluenza è sempre stata molto elevata e devo dire che ogni volta che si arriva a Lourdes è come se fosse la prima volta, per il carico di emozioni che suscita dentro. La realtà di per sè è cambiata, certo, e cambia ogni anno, ma questo perchè il mondo muta. Nonostante il clima che avvince sempre, l’entusiasmo interiore che ti pervade identico ogni volta, devo ammettere con dispiacere che il raccoglimento di un tempo non c’è più. Un tempo quando si arrivava ai cancelli, già lì iniziava il silenzio. Oggi devi invece spingerti fin vicino alla grotta per trovare un pò di raccoglimento… e a volte anche lì non c’è».
C’è il rischio che Lourdes, proprio per la grande affluenza di persone, in crescita ogni anno, venga vissuta più come esperienza devozionale che non di fede autentica?
«Non bisogna dimenticare che Lourdes è anzitutto incontro con Cristo nell’Eucarestia attraverso Maria, che con il suo sì si è fatta tramite della nostra preghiera a Dio. Se non si comprende il vero ruolo di Maria, allora il rischio c’è. Ma Lourdes non è questo. A Lourdes si respira veramente un clima particolare, è come essere a casa propria e Maria è quella dolce madre che accoglie tutti. Tutti siamo fratelli. A Lourdes nessuno è all’estero, ognuno si sente a casa. Io dico sempre che il vero pellegrinaggio verso Lourdes inizia con il viaggio. Le ore passate in gruppo permettono di conoscerci, di pregare insieme, ed è lì che si crea la vera famiglia, quella autentica formata da ogni persona con la sua esperienza di dolore, sofferenza. Lì ci si rende conto di non andare a Lourdes per i miracoli fisici, la devozione spicciola, ma veramente per fare una esperienza di fede autentica. I veri miracoli, quelli che ho visto anche io, sono quelli spirituali, interiori che ogni pellegrino vive dentro di sè. Non è un caso la serenità sul volto dei malati, che colpisce ogni volta, così come l’apertura all’altro, attraverso la preghiera del rosario. Lourdes è il luogo dell’antiegoismo per eccellenza».
A quando il prossimo pellegrinaggio?
«Questa settimana per il culmine delle celebrazioni, ma quest’anno dovrei fare almeno altri sei o sette pellegrinaggi accompagnando i gruppi».
Che cosa si sente di dire a chi non è mai stato a Lourdes, per motivarlo a partire?
«A Lourdes si respira la bellezza dell’incontro con Cristo attraverso Maria che ci prende per mano. Par Marie, à Jésus».
Sara D’Oriano
di Francesca Lippi
Lourdes quest’anno festeggia i centocinquant’anni dalla prima apparizione della Madonna alla giovane Bernadette. È una tappa importante in un percorso di fede che si esprime anche nei numeri: sei milioni di presenze l’anno, ottantaquattromila volontari, tanto per citare la forza di un luogo mariano per il quale anche gli scettici e i non credenti hanno rispetto estremo. L’aria che si respira a Lourdes è molto particolare. Tutto si svolge in modo molto silenzioso, e tutti sono estremamente gentili. Le insegne dei locali hanno nomi inerenti la fede: Angelus, Paradis, mentre il cinema si chiama Pax. Lourdes non lascia indifferenti. Mai. E se si decide di andarci ci si accorge da subito che nella bolla di serenità che avvolge i pellegrini, il sorriso è l’elemento portante e irrinunciabile di ognuno. Malato e non.
L’atmosfera di Lourdes è unica e irripetibile e questo, a nostro avviso, è il miracolo eccezionale che si vive in questo paese dei Pirenei. Lourdes è un miracolo di pace e serenità. E le persone che lo vivono, al loro rientro a casa, sono accomunate da una stessa, identica, percezione: non si sentono più le stesse. Lourdes ha lasciato il segno.
Lucia, Maurizio e sette figli. Si chiamano Lucia Marinai e Maurizio Salvadori, lei ha quarantatré anni ed è casalinga, lui di anni ne ha quarantotto e fa l’artigiano. Sono unitalsiani da tre anni. E hanno sette figli: Matteo 25 anni, Andrea 23, Ilaria 21, Lorenzo 14, Anna e Daniele 8, Stefano quasi 3. Il più piccolo, affetto da sindrome dawn è stato adottato.La famiglia Salvadori ha partecipato, al gran completo, ai pellegrinaggi dei bambini nel 2006 e nel 2007. Spiega Lucia: «È stata una grande emozione salire sul treno insieme ai nostri figli, insieme a tanti ammalati e disabili che ci hanno accolto con un grande sorriso e poi… l’arrivo a Lourdes, la Grotta, il Santuario, le persone in preghiera, il bagno alle vasche, le processioni, i momenti di preghiera, le migliaia di candele accese, i nostri figli che aiutano i malati… Sono stati giorni di grande trasporto e di avvicinamento a Maria. Tutti i nostri momenti erano dedicati alla sua presenza che sentivamo a noi continuamente vicina. Anche per i nostri figli è stata un’esperienza importantissima che tutt’oggi li coinvolge nella loro vita, tanto che continuano a dedicarsi ai nostri amici disabili. Non è possibile sintetizzare con poche parole la nostra esperienza, perché Lourdes è un’emozione infinita che è difficile da raccontare…Bisogna viverla!»
Enrico, imprenditore cristiano. Enrico Bocci, imprenditore, ha scoperto l’Unitalsi a quindici anni.
Cosa è cambiato da allora nella sua vita?
«Potrei rispondere con una parola sola: tutto. Ho partecipato al mio primo pellegrinaggio, a Loreto, quando avevo 15 anni, nel 1974, la mia formazione umana parte e passa dall’Unitalsi fino ad oggi. Lì ho conosciuto quelli che ancora oggi sono i miei migliori amici. Nell’Unitalsi, nell’esperienza del gruppo giovanile ho incontrato Elisabetta, ci siamo fidanzati e poi sposati. Oggi abbiamo una figlia di 15 anni, Federica, anche lei da qualche anno viene a Lourdes».
Saprebbe descrivere in poche parole ciò che si prova a Lourdes?
«È difficilissimo descrivere cosa si prova, è un esperienza interiore che si rinnova ogni volta. A Lourdes senti la presenza del Divino e senti una grandissima umanità. In questa diversità, in questo contrasto tra il Divino e l’umano, anche quello che può apparire il più derelitto, prova una grande sensazione di pace interiore che dà una carica per gli altri 360 giorni dell’anno».
Lei, unitalsiano da sempre, è anche imprenditore. Come concilia la sua professione con quella di volontario?
«Lourdes ricarica le batterie. Una settimana di pellegrinaggio, in compagnia, in amicizia, in preghiera, ma anche in solitudine davanti alla Grotta dove 150 anni fa è apparsa la Signora, come diceva Bernadette, permette di vivere il quotidiano in modo un pochino più sereno. Nella mia vita quotidiana di imprenditore, di impegno associativo e nel sociale, avere presente Lourdes e il suo messaggio permette di vivere il più coerentemente possibile da cristiano tutti i giorni. Non è facile ma bisogna provarci e Lourdes aiuta».
Giampiero: «Una lezione di vita». Giampiero Cassi ha partecipato con la famiglia (la moglie e i due bambini di 14 e 11 anni) a tre pellegrinaggi organizzati da Unitalsi Toscana nel 2005, nel 2006 e nel 2007».
Cosa l’ha colpita maggiormente di questa esperienza?
«Ciò che mi ha colpito è la serenità dei malati e degli accompagnatori che vivono situazioni anche di grande sofferenza offrendole al Signore; mi ha colpito il fatto che i malati, pur recandosi a Lourdes animati da una grande fede, non si aspettano il miracolo e accettano, ripeto non con rassegnazione bensì con serenità, il loro essere malati, senza rabbia e senza sentirsi vittime di un’ingiustizia, così come mi ha colpito che il comportamento del personale Unitalsi verso gli ammalati sia di grande attenzione ma, nel contempo, anche di grande naturalezza, nel senso che coloro che assistono i malati, nonostante che il servizio che svolgono sia molto gravoso e impegnativo, non lo fanno mai pesare e lo fanno apparire come la cosa più normale (io non sono tra di loro perché non svolgo questo servizio di assistenza, avendo provveduto solo a mansioni di refettorio, e posso quindi lodare la loro opera e la loro abnegazione). Lourdes ci offre l’occasione per apprendere il senso della vita e per mettere al primo posto Cristo, cercando di conformare le nostre azioni al suo insegnamento e attribuendo il giusto ordine ai valori che realmente contano. Il difficile è, una volta rientrati nella realtà di tutti i giorni, non disperdere ciò che a Lourdes ci sembrava chiarissimo e che, invece, nel quotidiano, rischia di essere sopraffatto da quelli che viviamo come problemi e bisogni e che ci fanno perdere di vista quello che conta veramente».
Daniele e Antonio, seminaristi. Daniele Centorbi e Antonio Lari, seminaristi, hanno maturato anche attraverso il pellegrinaggio a Lourdes la loro vocazione. «Il dono più grande che abbiamo ricevuto è stato l’aver sperimentato la bellezza del servizio, grazie all’incontro di tanti fratelli che ci hanno trasmesso la gioia di donare e lo stupore di ricevere. Scoperta che ha messo in noi un interrogativo di fondo: questa dimensione può essere vissuta ogni giorno? La risposta l’abbiamo trovata grazie alla testimonianza dei nostri fratelli disabili e abili, che con la loro felicità e con la loro pienezza di vita ci hanno indicato quale fosse la fonte di tutto ciò, Gesù Cristo. La domanda su quale fosse la nostra vocazione è scaturita dall’aver sperimentato il suo Amore per noi e nell’aver capito che la nostra felicità dipende dal compimento della sua volontà. L’altro contributo è nell’averci portato davanti alla Grotta ad incontrare Maria e a pregare affinché ci guidasse nel capire la volontà di Dio nella nostra vita e affinché ci donasse la forza per dirgli di si».
Avete un ricordo speciale, un fermo immagine di Lourdes da raccontare?
Racconta Daniele: «Una delle ultime sere del pellegrinaggio eravamo insieme ad altri tre barellieri in camera con Mimmo (ragazzo disabile che a mala pena parla, che ha bisogno di qualcuno per poter svolgere tutte le più semplici azioni della vita). Ci stavamo preparando per andare alla festa come da programma, se non che lui ci dice che non ne aveva voglia, ma che piuttosto voleva andare alla grotta a pregare, noi rimanemmo un po’ esterrefatti (di solito le feste si aspettano a gloria) e gli chiedemmo se era sicuro, ma lui con semplicità disse: Sì è una delle ultime sere…. Arrivati alla grotta ognuno di noi si mise a pregare ma poco dopo, ci ritrovammo come dei bambini a piangere, cosa era successo? Mimmo stava pregando a voce alta, con molta semplicità ringraziando il Signore per quello che stava vivendo, pregava per delle persone che stavano male e per noi… Ora un ragazzo che avrebbe da chiedere tutto al Signore, ci stava insegnando a pregare: fede piena in Dio, lode e ringraziamento, chiedere per gli altri!»
Antonio aggiunge: «Nel mio primo pellegrinaggio a Lourdes ero di servizio in refettorio: a cena, credo per volere di Dio, mi trovai ad aiutare Marco, un ragazzo paralizzato quasi al cento per cento. Durante quel tempo che trascorsi insieme con lui mi resi conto che era la persona più felice che io avessi mai incontrato: i suoi occhi erano pieni di gioia. La sua voglia di vivere mi suscitarono un grande interrogativo: secondo il mio modo di pensare non poteva essere una persona felice. Quindi iniziai a domandarmi quale fosse la fonte di quella gioia; contemporaneamente iniziai a scoprire che quello che davo era niente in confronto a ciò che ricevevo: anche questo rompeva i mie schemi mentali. Dopo il servizio andammo alla Grotta e pregando chiesi a Maria perché non ero mai stato pienamente felice, perché non amassi veramente la vita. Ricordo che quella sera mi si aprì un mondo nuovo, mi resi conto che tenendo lo sguardo fisso su me stesso non sarei mai riuscito a trovare la felicità e la gioia che sempre avevo cercato in me. Era giunto il momento di cercarla nella vera fonte, Gesù».
Per l’Unitalsi Toscana il 2007 è stato un anno soddisfacente. Si è registrato un incremento delle presenze a Lourdes di circa 350 pellegrini passando da circa 3000 a più di 3370. Per il 2008, un avvenimento di particolare interesse è il Pellegrinaggio nazionale bambini e famiglie che si svolgerà dal 22 al 28 giugno con circa 5/6 mila presenze programmate. Sarà sicuramente una grande esperienza di fede e di condivisione fraterna. Per promuovere e far conoscere l’iniziativa tutte le sottosezioni della Toscana sono da tempo attive con incontri ed eventi informativi nelle scuole cattoliche e negli ospedali pediatrici. «Il pellegrinaggio aferma Mario Coda Nunziante, presidente regionale dell’Unitalsi vive in un continuo confronto che permette un’analisi interiore, in fondo c’è sempre un motivo scatenante per cui una persona viene a Lourdes. Io per esempio sono venuto qui con i miei genitori a 14 anni, da lì è nato l’impegno in associazione che è stato un crescendo e non si ferma al pellegrinaggio, ma dura tutto l’anno». L’Unitalsi organizza decine di pellegrinaggi ogni anno, portando a Lourdes migliaia di persone. Un lavoro che viene svolto con efficienza e passione. «Organizzare un pellegrinaggio è faticoso sottolinea il vicepresidente regionale Roberto Torelli ma la fatica è relativa quando c’è l’amore per quello che si fa, e poi il pellegrinaggio ha alle spalle un lungo anno di preparazione di gruppo. La cosa importante è coinvolgere le persone che partecipano, perché quando tu vivi un’esperienza dove sei stato parte attiva, la vivi in modo diverso».
L’anno da poco iniziato registra la felice coincidenza di tre anniversari Mariani. Infatti, oltre al 150° delle Apparizioni di Lourdes, si è appena concluso il 90° delle Apparizioni di Fatima e sta per aprirsi il 75° delle Apparizioni di Banneux in Belgio.
Questi eventi stanno punteggiando il nostro difficile e complesso periodo storico iniziato nel diciannovesimo secolo e caratterizzato dal declino della fede (che speriamo apparente) e quindi delle religioni, mentre viene esaltato il primato della ragione e perciò del soggettivismo sia in campo ideologico sia in campo morale.
La Madonna con questi ed anche altri meno noti interventi vuole invece richiamarci al rapporto fecondo fra fede e ragione e perciò a ritrovare ed a vivere i valori fondamentali dell’esistenza che si riassumono nel dialogo di amore tra Dio e la persona, tra Dio e la società, grazie al Verbo fatto carne in Cristo Signore.
Il Pellegrinaggio, allora, costituisce una preziosa ed efficace risposta ai messaggi di Maria che ci addita il Suo Figlio benedetto, come scriveva San Luigi Grignon de’Montfort: «ad Jesum per Mariam».
I Santuari: quelli mariani e quello, per eccellenza, che è la Terra Santa sono davvero «oasi dello spirito», luoghi dove si fa un’esperienza di Chiesa, dove l’uomo rientra in se stesso e si rinnova per riprendere il cammino della vita. Ecco perchè è un momento fondamentale della pastorale ordinaria come sottolinea il recente sussidio preparato dal competente Ufficio della Conferenza episcopale italiana.
In tale Documento si legge fra l’altro al n. 1 che «la comunità cristiana, con slancio missionario, con stile qualificato da una pedagogia spirituale, con intelligenza pastorale, determina i contenuti, le modalità liturgico – sacramentali dei pellegrinaggi, innestandole armonicamente nella pastorale ordinaria, elevandone il tono e l’impegno spirituale. Le agenzie fanno da supporto tecnico ma è la Chiesa che anima, sostiene e finalizza il pellegrinaggio». Ed ancora al n. 3: «Il pellegrinaggio non è un’iniziativa estemporanea del sacerdote o di altri soggetti ma un evento della comunità in cui tutti, ciascuno per quanto gli è dato in dono, portano un effettivo contributo». E prosegue al n. 4: «Anche gli aspetti tecnico-organizzativi vanno assunti e disposti con cura; perciò occorre utilizzare le agenzie specializzate suggerite dalle diocesi onde evitare improvvisazioni, rabberciamenti, abusivismi e quanto impedisce una vera e profonda esperienza di fede, di ecclesialità, di comunione».
In una parola: il pellegrinaggio è ben altro di una gita parrocchiale o di una scampagnata fuori porta. Per questo ed è un altro anniversario trent’anni fa si costituì il Segretariato pellegrinaggi italiani (Spi) onde coordinare e promuovere questi intenti pastorali ed anche i supporti tecnici tra le varie istituzioni: nazionale, regionali e diocesane, quest’ultime ormai presenti in molte diocesi.
Tra i fondatori dello Spi accanto a mons. De Grandi (presidente dell’Oftal) ed ai compianti mons. Davide Bianchi (dell’Opera Romana) mons. Paoletti (presidente dell’Unitalsi) il sig. Slatri e don Salani (dei Pellegrinaggi Paolini) figura il carissimo mons Oliviero Poli (allora presidente dell’Unitalsi Toscana) che intuì la distinzione nell’interdipendenza tra i pellegrinaggi specialmente rivolti agli ammalati e tra quelli per i pellegrini fisicamente abili. E per questo mons Poli fondò i «Pellegrinaggi Toscani», appunto con finalità specialmente pastorale e, quale supporto tecnico, l’Agenzia Turishav validamente tutt’ora diretta da Vanna Labani che di mons. Poli fu fedele collaboratrice ed esecutrice e che poi assistè fino alla sua scomparsa.
L’anno giubilare di Lourdes è dunque anche occasione per un rilancio dei «Pellegrinaggi Toscani» e delle nostre organizzazioni diocesane. L’auspicio è che non ci si limiti ad essere presenti a Lourdes l’11 febbraio ma che tutte le parrocchie, magari collegandosi fra loro, i movimenti e le associazioni si rechino alla Grotta di Massabielle per approfondire il messaggio della Santa Vergine: preghiera, penitenza, conversione, ravvivare l’autentica devozione mariana (che è ben altro del devozionismo) impegnandosi, poi, nella nuova evangelizzazione della nostra regione.