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Honduras: 103 morti epidemia di dengue. Msf, «6.500 casi nell’ultima settimana»

Assume proporzioni tragiche l’epidemia di dengue che ha colpito l’Honduras, oltre che, in forma minore, altri Paesi dell’America Centrale, soprattutto il Nicaragua. I dati ufficiali parlano di 103 decessi accertati e di altri 52 casi in via di accertamento. 

Nel 60% dei casi mortali sono coinvolti bambini e ragazzi con meno di 14 anni. Dopo 32 settimane dall’inizio dei primi casi, si è arrivati a 55.785 casi di contagio e a 11.846 casi di dengue in forma grave. Una situazione anomala, visto che solitamente il virus iniettato dalle zanzare di tipo «Aedes» nelle zone tropicali non ha effetti mortali. Basti pensare che solo un anno fa i decessi per dengue, nel Paese centroamericano, avevano toccato la decina.

Una situazione grave, che avrebbe potuto essere evitata, come spiega al Sir il dottor Daniel Yves Lestir, coordinatore di Medici senza Frontiere per l’emergenza dengue in Honduras. «La situazione – dice –continua a essere grave. Durante la trentaduesima settimana ci sono stati 6.459 nuovi casi, circa un migliaio le situazioni gravi. Noi stiamo lavorando nel municipio di Choloma, facendo base all’ospedale Mario Catarino Rivas». Il comune fa parte del dipartimento settentrionale del Cortés e si trova qualche decina di chilometri a nordest di San Pedro Sula. «Il 27 per cento dei casi si è finora verificato nel dipartimento del Cortés – spiega il medico – e il comune di Choloma è il più colpito, con 1.747 casi di dengue grave». E nonostante il grande lavoro di queste settimane, resta la preoccupazione «che la situazione sia sfuggita di mano, e non sappiamo quando ne usciremo».

Non è facile entrare nei barrios, noi cerchiamo di individuare e avvicinare i leader, le parrocchie, le chiese evangeliche. Così, cerchiamo di entrare in queste zone popolari ed educhiamo alla salute, passiamo di casa in casa, spieghiamo i sintomi, diciamo come prevenire il diffondersi della malattia. Cerchiamo di intervenire in modo urgente con le medicazioni gratuite», spiega il dottor Daniel Yves Lestir, che indica quattro motivi per il diffondersi dell’epidemia. «In primo luogo, la reazione all’epidemia è stata molto lenta, per molto tempo non sono stati presi provvedimenti – evidenzia -. Noi abbiamo iniziato a lavorare su questa situazione ancora in maggio, mentre le autorità hanno emesso la prima allerta a inizio giugno e solo alla fine di luglio è stato dichiarato lo stato d’emergenza nazionale». La seconda causa indicata è «la mancanza di igiene nei piccoli villaggi e nei quartieri poveri». «I rifiuti non vengono smaltiti e in questa situazione le zanzare proliferano – spiega -. Molte famiglie raccolgono l’acqua in cisterne, senza controlli».

Un ulteriore motivo è la «mancanza di comunicazione sociale». «Molta gente non ha preso precauzioni, ha pensato che la situazione fosse la stessa degli anni scorsi – aggiunge -. Solo ora ci si sta rendendo conto della gravità». Esiste, poi, una quarta motivazione: «L’aumentata resistenza delle zanzare, a causa di dosaggi sbagliati, eccessivi, nelle disinfestazioni. Si tratta di un grande problema, le disinfestazioni hanno funzionato poco, sopravvie circa il 10% delle zanzare». L’impegno di Medici senza Frontiere viene condotto da un’équipe di 50 persone tra medici, infermieri e altre figure professionali.

«Il nostro primo ambito di intervento è l’ospedale Mario Catarino Rivas di Choloma, dove ci sono stati 7.500 ingressi per casi gravi di dengue, la metà dei quali riguardanti minori di 14 anni. Poi abbiamo aperto dei centri di attenzione medica, uno per esempio nella sede dei pompieri, dove prestiamo un primo soccorso e indirizziamo i pazienti».