Opinioni & Commenti
Guerra e indulto, i nuovi farisei
Il Papa parla contro la guerra, per la clemenza nei confronti dei carcerati, per l’umanità nei confronti dell’emigrazione, per l’accoglienza alla vita, per una politica della famiglia, per una scuola libera, per una identità cristiana nelle radici dell’Europa, per una iniziativa coraggiosa nei confronti del Terzo Mondo, per un intervento attivo nel dramma del Medio Oriente. All’indomani dell’applauso e dell’omaggio plateale alle sue parole nulla o quasi nulla segue poi nei fatti.
E allora si ha la sgradevole impressione che quell’omaggio sia soprattutto un rito formale, una corsa ad iscriversi nel club politicamente redditizio degli amici del Papa, una ambizione frettolosa per entrare nel riflesso di luce di una grande figura carismatica, uno sfruttamento virtuale di grandi eventi di massa a proprio uso e consumo magari con la speranza di conquistare o di non perdere qualche voto in ciò che rimane nel magro orticello del cosiddetto mondo cattolico.
Se così fosse, rispetto a questi ossequi più ipocriti che convinti, viene quasi da rimpiangere il laicismo grezzo e brutale di una volta quando l’opposizione al Papa era irriverente, talvolta perfino becera e blasfema e tuttavia aperta e autentica. Oggi invece nella melassa delle lodi convinte o di maniera, dei sì a parole e dei no nei fatti, non riusciamo più nemmeno a distinguere l’obolo vero e l’obolo falso. Persino nell’espressioni più encomiastiche ci viene il sospetto che esse nascondano il distacco anche quando sembrano esprimere entusiasmo. Forse quando si dice «discorso bello» si vuol far intendere troppo bello per essere vero. Forse quando si dice «discorso alto» si intende troppo al di sopra dal mondo così com’è per essere applicabile.