Italia

Guardie del corpo o mercenari? E scoppia la polemica

Non bodyguard ma «fiancheggiatori delle forze della coalizione» angolo-americana. Non addetti alla sicurezza ma «mercenari o, quantomeno, gorilla a protezione di uomini di affari in quel martoriato territorio». Sembra non avere dubbi il gip del Tribunale di Bari, Giuseppe De Benedictis, sul ruolo ricoperto in Iraq dagli ex ostaggi italiani Umberto Cupertino, Salvatore Stefio, Maurizio Agliana e Fabrizio Quattrocchi (quest’ultimo ucciso durante la prigionia) e da altri italiani, almeno una decina, ingaggiati già da febbraio scorso per lavorare in Iraq.

Dopo aver vagliato atti e testimonianze raccolte dal procuratore aggiunto Giovanni Colangelo, il giudice si lancia in un pesante affondo e scrive: «Gli italiani, dunque, erano veri e propri fiancheggiatori delle forze di coalizione e questo spiega, se non giustifica, l’atteggiamento dei sequestratori nei loro confronti». Tutto falso per Maurizio Agliana e Salvatore Stefio. «È l’ora di finirla con queste cose. Eravamo in Iraq incaricati di protezione ravvicinata con un contratto della Sicurezza privata, ovviamente nell’ambito del programma delle Forze di coalizione”, reagisce Agliana. E gli fa eco Stefio: «Non voglio dire nulla. Riaffermo che noi eravamo, come lo siamo sempre stati, operatori della sicurezza».

La ricostruzione dei fatti fornita dal gip è racchiusa nel provvedimento con cui, nelle scorse settimane, ha imposto il divieto di espatrio – annullato però il 18 ottobre dal Tribunale del Riesame – a Giampiero Spinelli, il trentenne di Sammichele di Bari amico e concittadino di Cupertino. Spinelli è indagato a Bari ‘in concorso con altre persone’ per “arruolamenti o armamenti non autorizzati a servizio di uno Stato estero”. Nel dettaglio gli viene contestato di aver arruolato, tramite la ‘Presidium corporation’, società con sede alle Seychelles, Didri Forese, Maurizio Agliana e Umberto Cupertino «affinché militassero in territorio iracheno in favore di forze armate straniere (anglo-americane, per la precisione), in concerto ed in cooperazione con le medesime, in contrapposizione a gruppi armati stranieri».

L’affondo del gip comincia già dalla prima pagina quando, sintetizzando i dati posti alla sua attenzione, scrive: “Invero, le indagini hanno consentito sinora di accertare che era effettivamente vero quanto ipotizzato, subito dopo il sequestro dei quattro italiani in Iraq, che essi erano sul territorio di quel Paese in veste di mercenari o, quantomeno, di ‘gorilla’ a protezione di uomini di affari in quel martoriato Paese”.

Questa conclusione il giudice la trae anche dopo aver fatto una serie di valutazioni sulla società attraverso la quale sarebbero stati fatti gli arruolamenti: la ‘Presidium corporation’, che il gip definisce senza mezzi termini «un centro di addestramento ed arruolamento di mercenari”. Poi passa ad esaminare le testimonianze fornite anche su Spinelli dai bodyguard tornati in Italia dopo l’esperienza irachena. ‘Il ruolo di Spinelli – scrive il gip – nell’arruolamento di cittadini italiani da mandare in Iraq con compiti del tutto identici a quelli militari, invece, emerge da alcune dichiarazioni rese da testimoni (…) che hanno evidenziato il suo centrale ed insostituibile ruolo di anello di collegamento tra la ‘Presidium’ ed i cittadini italiani sequestrati».

Uno degli italiani che ha lavorato in Iraq, Cristiano Meli – sostiene il gip – ha dichiarato di aver lavorato «con il Simeone (Paolo, ndr) a Bassora a protezione di società umanitarie americane e nell’addestramento di guardie irachene, addestramento, come da lui dichiarato a base di kalashnikov». Poi c’è un altro italiano, Paolo Casti, che, «reclutato nel febbraio 2004, prima di Agliana, Cupertino, Spinelli, Forese e Stefio, affermò di avere già trovato sul posto Simeone, Meli e Quattrocchi e che Simeone doveva reclutare una squadra di undici persone; il loro compito consisteva in una vera e propria attività militare a supporto delle forze della coalizione anglo-americana, dicendo testualmente che, armati di mitraglietta MP5», «avevano il potere di fermare e controllare le persone e in caso di necessità di aprire il fuoco, sempre e solo in risposta ad attacco armato».

«Mercenario o gorilla è la stessa cosa, anche gli antichi mercenari non erano al servizio dello Stato», ha cercato di giustificarsi in una intervista a Sky Tg24, il gip di Bari Giuseppe De Benedictis. «L’unica cosa che mi duole – ha aggiunto – è che tutto questo sia stato utilizzato per arrecare offesa a persone che hanno già sofferto».

Una polemica incomprensibile e strumentale messa in piedi proprio nel momento in cui si discute sulla riforma del potere giudiziario: è questa in sintesi la presa di posizione della sezione di Bari dell’Associazione nazionale magistrati a proposito delle polemiche sul gip di Bari Giuseppe De Benedictis. Per il presidente dell’associazione, Francesca La Malfa, queste polemiche sono motivo di preoccupazione «perché – ha affermato – si discute di un provvedimento già vecchio, che da lunedì 18 ottobre non esiste più». Lunedi 18 ottobre, infatti, il Tribunale del riesame ha rigettato il provvedimento con cui lo stesso gip nelle scorse settimane aveva imposto il divieto di espatrio a Giampiero Spinelli, il trentenne di Sammichele di Bari amico di Cupertino, indagato per arruolamenti o armamenti non autorizzati al servizio di uno Stato estero (articolo 288 codice penale). Le motivazioni alla base dell’annullamento da parte del Tribunale del riesame non si conoscono ancora giacché non sono state ancora depositate. (ANSA).