Tempo addietro scrissi sul commercio delle armi e lei mi rispose, lasciandomi perplesso, che le armi, di cui l’Italia è grande esportatrice, sono una ineluttabile necessità, tanto da essere presenti anche in Vaticano. In occasione del 500° di fondazione del Corpo delle Guardie Svizzere, la tv ha precisato che quei gendarmi usano solo armi da parata e, come offesa, spry al peperoncino. Ora la mia perplessità è cancellata: il disarmo deve pur partire da qualcuno se vogliamo avviarci sulla difficilissima strada della pace (ed era il senso della mia lettera).Luciano CairatiCassano Adda (Mi)Mi dispiace deluderla, ma sulla Guardia Svizzera non mi ero sbagliato (cfr. n. 41 del 13 novembre 2005). Perché è vero che alabarde, spade e archibugi sono ormai qualcosa di puramente folcloristico, ma anche la Guardia Svizzera possiede armi da fuoco «sufficienti ad assicurare la propria missione», ovvero la sorveglianza degli ingressi al Vaticano e soprattutto la protezione del Papa e delle sue dimore. «Da sempre disponiamo di strumenti di difesa ultimo modello. Quelli attuali sono gli stessi in dotazione della milizia elvetica», ha spiegato di recente Tiziano Guarnieri, portavoce della Guardia Svizzera. Che ha aggiunto: ogni recluta fa esercizi di tiro per imparare a utilizzarle, anche se poi, in servizio, solo ufficiali e sottoufficiali le portano con sé. Quello della Guardia Svizzera era un esempio volutamente paradossale. Anche in uno stato che non ha più bisogno di difendere le proprie frontiere e che è totalmente pacifico come quello Vaticano non si può fare a meno, completamente, di ogni tipo di arma. Il problema allora non è tanto se produrre armi, ma quali tipo di armi e a chi poi si vendono. Su questo, sì che dobbiamo far chiarezza e vigilare sempre.Claudio Turrini