Opinioni & Commenti
Governo Conte: passare dalle dichiarazioni di principio alle scelte concrete
Sarà che domenica saranno nuovamente chiamati alle urne quasi sette milioni di italiani per eleggere sindaci e consigli comunali (test molto parziale ma comunque rilevante anche a livello nazionale); sarà che il prossimo anno si voterà per il Parlamento europeo e alcune grandi Regioni (ma più di un osservatore ipotizza anche un bis anticipato delle politiche). Fatto sta che a oltre tre mesi dal 4 marzo sembra ancora di essere in piena campagna elettorale, se ci si sofferma a valutare temi e toni del dibattito pubblico. Dalle dichiarazioni programmatiche del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, non sono venuti ulteriori lumi rispetto alle indicazioni del «contratto» tra M5S e Lega. Adesso però il governo c’è, è stato formato, ha giurato, ha ricevuto il doppio voto di fiducia dal Parlamento. E’ il momento di passare dalle dichiarazioni di principio alle scelte concrete.
Nel Paese l’attesa è elevatissima e l’esecutivo può godere anche di quel favore dell’opinione pubblica (la cosiddetta «luna di miele») che nei momenti iniziali travalica i confini degli schieramenti politici.
Appuntamenti e scadenze incalzano. A livello internazionale si parte subito con il G7 in Canada (8-9 giugno). Segue a stretto giro un Consiglio europeo di importanza cruciale (28-29 giugno) in cui tra l’altro si discuterà di immigrazione e bilancio Ue. A luglio (11 e 12) arriva il vertice Nato, con il governo italiano sotto osservazione per le sue posizioni oscillanti in politica estera. Sul versante economico, il 14 giugno è in programma una riunione della Banca centrale europea da cui si attendono decisioni sulla sorte del Quantitative easing, l’intervento straordinario della Bce sui mercati finanziari da cui finora i conti del nostro Paese hanno tratto enorme beneficio.
E mentre l’Istat fa sapere che dall’economia italiana arrivano già segnali di frenata, il 19 giugno la Camera affronterà l’esame del Documento di economia e finanza, l’atto che dovrebbe anticipare le coordinate generali della prossima legge di bilancio.
Per rispettare i tempi istituzionali, a fine aprile era stato il governo Gentiloni a presentare il Def, limitandosi però alla parte che fotografa le tendenze «a politiche invariate» e lasciando correttamente al futuro esecutivo le indicazioni programmatiche di riforma. Ora si tratta quindi di capire se il passaggio parlamentare sul Def sarà l’occasione per definire meglio i progetti annunciati dalla nuova maggioranza e presentati alle Camere dal presidente del Consiglio.
La carne al fuoco è tanta, tantissima. Ma tanta è anche l’indeterminatezza delle riforme prospettate. E’ stato notato, per esempio, che nelle dichiarazioni programmatiche di Conte al Senato non si sia parlato della necessità di disinnescare l’aumento automatico dell’Iva (lo ha fatto poi il vicepremier e ministro dello Sviluppo economico, Luigi Di Maio, all’assemblea della Confcommercio) e non sia stata citata neanche la legge Fornero, la cui modifica-abolizione è stata ed è uno dei cavalli di battaglia più popolari di Lega e M5S. Sempre nel discorso di Conte a Palazzo Madama il reddito di cittadinanza è stato descritto in termini praticamente sovrapponibili al reddito d’inclusione, che è già esistente e operativo.
E la flat tax come verrà realizzata? Quali correttivi e compensazioni saranno introdotti? Così com’è favorisce i più ricchi e, per esempio, i single rispetto a chi si sposa. Il che è in contrasto stridente con i pur interessanti propositi enunciati in tema di famiglia e natalità.
Anche in materia di immigrazione bisognerà capire quale sarà l’approdo concreto, al di là delle continue dichiarazioni di Matteo Salvini, vicepremier e ministro dell’Interno, che da un lato ha avuto parole di relativo apprezzamento per l’opera del suo predecessore, Marco Minniti del Pd, dall’altro ha evocato un’alleanza in sede europea con l’uomo forte di Budapest, Viktor Orban, che finora è stato uno dei principali ostacoli alle richieste italiane in sede Ue.
Un altro fronte su cui la nuova maggioranza è attesa alla prova è quello delle commissioni parlamentari da assegnare all’opposizione. Quando si è trattato degli uffici di presidenza di Camera e Senato, l’atteggiamento «pigliatutto» non è stato un bel segnale.
Così pure un’altra partita significativa in cui il nuovo governo potrebbe dare o no dimostrazione di effettivo «cambiamento» è quella delle nomine negli enti pubblici.
C’è poi una questione che riguarda la stessa figura del presidente del Consiglio. Il suo esordio in Parlamento non è stato dei più brillanti, diciamo così. Staremo a vedere come riuscirà a stare sulla scena internazionale, che potrebbe offrirgli la possibilità di cominciare ad acquisire – anche rispetto alle vicende interne – un po’ di quell’autonomia e di quell’autorevolezza che sono necessarie per esercitare le prerogative che la Costituzione gli attribuisce: dirigere la politica generale del governo ed esserne responsabile; mantenere l’unità di indirizzo politico e amministrativo, promuovendo e coordinando l’attività dei ministri.