Opinioni & Commenti
Gli italiani non sono ancora alla fine della loro storia
Non moriremo sovranisti (parafrasando un memorabile titolo del Manifesto – «non moriremo democristiani» – coniato da Luigi Pintor nel lontanissimo 1983) innanzitutto perché non ce lo consente lo spirito della nazione. Il nostro Dna, infatti, resta ancorato alle nostre radici cristiane. Nonostante la cultura relativista e individualista abbia scorrazzato nella coscienza nazionale, il nostro cuore non si è mai chiuso definitivamente all’ascolto di una parola evangelica. Magari buttata lì, tra un battesimo e un funerale (sempre meno, purtroppo, nei matrimoni), o in una diretta televisiva con Papa Francesco. Ma quella parola poi viene buona nelle prove della vita e riaffiora nei momenti decisivi. E allora è difficile che il sovranismo, questo Moloch che innalza Muri, chiude frontiere, cavalca paure spesso indotte, predica l’autosufficienza, scava fossati fra noi e gli altri, teme gli stranieri e i cosiddetti diversi, insulta gli ebrei, possa davvero vincere la battaglia finale con i cuori degli italiani.
Non moriremo sovranisti perché noi siamo l’Europa. Perché abbiamo contribuito a costruire l’Europa dei popoli e nessuno, nemmeno un re dei sovranisti, può indurci ad abbandonare questa comunità di destino. Neppure se e quando… l’Europa ci appare un po’ lontana e a volte assume le sembianze di una matrigna; se e quando… fa prevalere le esigenze contabili rispetto alle urgenze della solidarietà; se e quando… non si fa carico delle altrui emergenze, vedi l’immigrazione.
Non moriremo sovranisti perché l’umanesimo è la nostra matrice. Spesso ce lo dimentichiamo e ci lasciamo assalire dall’egoismo e dal rancore che ottundono la ragione. Ma noi siamo quelli dei campanili, delle piazze, dei centri storici, delle banche popolari, del volontariato, delle associazioni, del terzo settore, degli oratori e delle polisportive, dei bar di quartiere e delle bocciofile, delle balere e delle trattorie, dei locali trendy e delle sfilate di alta moda, delle gallerie d’arte e dei musei, delle bande di paese e del buon cibo di strada. Ma soprattutto noi siamo quelli che amano vivere in pace. E quindi diffidiamo del sovranismo, anche quando ci promette sicurezza e tutela sociale, perché sappiamo che è l’anticamera del nazionalismo, seminatore di odi, guerre e lutti. Soprattutto in Europa e per secoli.
Non moriremo sovranisti perché i giovani cominciano a pronunciare dei «no»! È il caso, sul fronte più laico, delle Sardine che il 30 novembre hanno riempito piazza della Repubblica a Firenze. Anche da loro ci si attende, però, una prova di maturità democratica che rifiuti la deriva di ogni logica antagonista. Guai a cadere in una nuova stagione di opposti estremismi!
Forse, giusto per continuare a garantirci un mondo non sovranista, ma umanista, noi italiani (Sardine comprese) dovremmo ricominciare a fare bambini. La migliore assicurazione sul nostro futuro, perché loro ci costringono a guardare al presente con la tenacia di chi ha responsabilità e al domani con l’ottimismo necessario per coltivare la speranza. Come hanno fatto i nostri genitori e i nostri nonni che hanno vissuto stagioni ben più dure della nostra. A cominciare dalle guerre e dal fascismo. Nella consapevolezza che noi italiani non siamo arrivati alla fine della Storia. Della nostra Storia. Anzi…