Toscana
Gli immigrati aumentano la criminalità?
Il 61,2% degli italiani (dati del centro studi interuniversitario Transcrime) crede che la presenza degli immigrati in Italia sia una minaccia alla sicurezza. Percezione o rappresenta un dato reale?
La Caritas e la Migrantes insieme all’Agenzia Redattore Sociale con una ricerca sul tema «La criminalità degli immigrati: dati, interpretazioni e pregiudizi» anticipa l’uscita del Dossier statistico immigrazione: XIX Rapporto sull’immigrazione che verrà presentato a Roma mercoledì 28 ottobre.
Lo studio ridimensiona l’allarme per «l’emergenza criminalità degli stranieri»: non esiste, infatti, alcuna corrispondenza tra l’aumento degli immigrati regolari e l’aumento dei reati in Italia: tra il 2001 e il 2005 ultimo anno in cui sono disponibili le statistiche giudiziarie dell’Istat, per gli anni successivi esistono solo gli aggiornamenti del ministero dell’Interno sul numero totale , le denunce nei loro confronti sono aumentate quasi del 46%, mentre gli stranieri sono cresciuti di più del 100%. Il “tasso di criminalità” degli immigrati regolari in Italia è leggermente più alto di quello degli italiani (tra l’1,23% e l’1,40%, contro lo 0,75%) ma, tale differenza si concentra nella fascia di età tra i 18 e 44 anni mentre nella fascia di età 45-64 si abbassa rispetto agli italiani.
Inoltre se la lettura dei dati tenesse conto delle sfavorevoli condizioni economiche e sociali familiari degli immigrati la bilancia finirebbe per pendere dalla loro parte.
Il livello di istruzione, essere occupati, avere con se la famiglia, godere di un certo agio economico affievoliscono le possibilità di commettere un reato. È quindi evidente, sottolinea il rapporto, che l’attuazione di politiche sociali più inclusive, realizzate con la partecipazione diretta delle comunità di stranieri, rappresentano un passaggio fondamentale per contrastare la criminalità che rischia di offuscare l’apporto positivo dell’immigrazione.
Il nocciolo del dibattito è rappresentato dal tasso di criminalità tra gli stranieri privi di titolo di soggiorno. In primo luogo vale la pena sottolineare che il 64% degli immigrati irregolari sono venuti in Italia con un visto o permesso scaduto rispetto al 23% che hanno attraversato la frontiera senza autorizzazione e solo il 13% dei clandestini sbarcati sulle coste di cui più della metà richiedenti asilo e meritevoli di protezione umanitaria. (dati del Ministero degli Interni).
Per quanto riguarda i denunciati il 70-80% di loro è irregolare e un quarto dei reati riguarda la condizione stessa dell’immigrato: le precarie condizioni giuridiche a cui le recenti norme legano la commissione di reati specifici, unite a quelle socio economiche li espongono più frequentemente a ricorrere a degli espedienti per vivere o all’influenza delle organizzazioni criminali.
In Italia, è importante sottolineare, sono più di 2 milioni gli immigrati che prima erano irregolari e ora non hanno nessun problema con la legge ed anzi sono inseriti tranquillamente nella società e ciò dovrebbe dissuadere dalla equiparazione immigrazione – criminalità.
La ricerca mette in risalto un altro aspetto stigmatizzato da Salvatore Palidda, sociologo, che parla di una diffusa costruzione sociale basata sulla «razzializzazione» che attribuisce determinati comportamenti alle caratteristiche somatiche degli immigrati, tesi che sembrerebbe confermata dall’analisi dei fermi di Polizia: «la probabilità di fermo per identificare persone a piedi da parte della polizia era del 1,4% per i maschi italiani e del 14% per i maschi stranieri», questa la conclusione a cui è pervenuto Dario Melossi, giurista, dopo aver confrontato i dati in Emilia Romagna.
Infine riteniamo che questa crescente esposizione ai media: che enfatizzano i fatti criminosi realizzati da cittadini stranieri mentre tacciono quelli in cui sono gli stranieri ad essere vittime, la strumentalizzazione politica, il mancato investimento in politiche serie di integrazioni rischino di far crescere l’allarme sociale e a far passare il messaggio che il modo di vivere degli stranieri sia difficilmente conciliabile con il «nostro».