Opinioni & Commenti
Gli esodi senza fine ci richiamano ai valori di rispetto, giustizia, uguaglianza ed equità
Scrivo alcune considerazioni, rileggendo le parole di Papa Francesco al Regina caeli di domenica 19 aprile. Penso che quanti hanno ascoltato questo accorato appello, saranno rimasti colpiti e toccati più profondamente del solito, dalla voce del Papa, «dal potere dolce»: «Esprimo il mio più sentito dolore di fronte a una tale tragedia ed assicuro per gli scomparsi e le loro famiglie il mio ricordo nella preghiera. Rivolgo un accorato appello affinché la comunità internazionale agisca con decisione e prontezza, onde evitare che simili tragedie abbiano a ripetersi. Sono fratelli nostri che cercano una vita migliore… Cercano la felicità…».
Purtroppo, questo sconcertante, tragico, assurdo fatto umano, è stato trasformato e ridotto ad un fatto politico di bassa lega. Vergognosamente. Con momenti, frasi, battute disumane, degni dei più squallidi sciacalli. Ancora una volta, il leghista Salvini ha fatto di tutto per meritarsi il solito vergognoso palmares.
Va comunque dato il giusto plauso alla più seria, meditata, documentata discussione con politici e giornalisti seri, guardie e poliziotti con solida esperienza umana e professionale, sacerdoti e laici volontari solidamente motivati e competenti che hanno saputo riportare il nuovo, tragico evento sui più corretti binari di una discussione e prospettiva di contenuti, speranze, proposte ed impegni umani e politici di ben più solida struttura e prospettiva.
Lungi da me la follia di ritenermi competente in materia. Posso solo e sommessamente esprimere, in estrema sintesi, alcune considerazioni che mi vengono suggerite da una abbastanza lunga e concreta esperienza diretta, in diversi paesi d’Africa, America latina, Asia ed Europa, verificando le mie idee col vissuto quotidiano di amici, associazioni e gruppi locali, in particolare di Emmaus, ma non solo.
Da quando mondo è mondo, è normale, giusto (o perlomeno logico) che i popoli in situazioni disperate di bisogni, di ingiustizie e di miseria, facciano di tutto, anche con sacrifici di ogni genere, per andare altrove, dove la vita è, o anche solo appare, più umana. Credo sia sempre stato così, e lo sarà certamente sempre di più in futuro, essendo sempre più facile conoscere come vivono «gli altri». Noi italiani ne siamo un esempio sicuramente non trascurabile.
Come sottolineato in tv da Emma Bonino, concordo sul dovere che abbiamo di dire la verità, anche sulla quantità del fenomeno. Quando se ne parla, non dobbiamo far finta che si tratti di qualche migliaia di persone. Si deve sapere e considerare che si tratta di milioni di persone, ingiustamente condannate da miseria, guerre ed ingiustizie plurime. Giova ricordare che non sono «invasori», ma «donne e uomini come noi»!
Certo, l’Italia è il paese più prossimo e «facile» da raggiungere, non tanto per fermarsi, ma sicuramente come zattera di salvataggio, per proseguire verso altri Paesi più ricchi di soluzioni definitive. Bastano queste due prime, anche se parziali, considerazioni per poter affermare che il fenomeno dei flussi migratori, non può essere a carico di un solo paese, nel caso specifico, dell’Italia. C’è un ruolo, un dovere, un obbligo di presenza e di partecipazione dell’Europa (assolutamente!). Ma non solo. Non per nulla papa Francesco, nel Regina caeli del 19 aprile scorso, ha rivolto il suo appello alla comunità internazionale nel suo insieme.
L’ostinata ripetizione del dovere determinante di non «fare il gioco dei trafficanti e degli scafisti» è evidente. Evidente, quanto difficile! Non voglio dare la colpa a Salvini (anche) di non essersi accorto che la tanto vituperata Italia ha arrestato quasi mille scafisti, però non va ignorato. Anzi, va incrementato l’impegno. Non sono certamente motivazioni etiche e solidali quelle che muovono gli scafisti a facilitare l’espatrio a tanti, troppe! donne, uomini e bambini, molti dei quali ancora nel ventre della mamma. Ma certe idee da osteria che si sono sentite nelle varie squallide dichiarazioni propagandistiche, offendono profondamente l’intelligenza e la dignità umana, oltre ad essere di notevole difficoltà, se non impossibilità, per diverse ragioni, pratiche e legali.
Una considerazione, primaria, essenziale da fare è prendere in considerazione, soprattutto, il ruolo che l’Italia e tutti gli altri paesi, comunque arricchiti, hanno in questa disumana tragedia. Dobbiamo essere onesti, e riconoscere che non siamo affatto «innocenti» nei confronti di queste tragedie, che spingono i popoli a fuggire dalle loro terre, dove manca tutto. Dal «pane» alla libertà! Chi ha fatto e praticato ed imposto le leggi che regolano i rapporti politici, economici, militari, finanziari, sociali tra i popoli? Che ne abbiamo fatto dei valori fondamentali del rispetto, della giustizia, dell’uguaglianza, dell’equità che dovrebbero regolamentare ogni rapporto pubblico e privato tra le persone nel mondo? Che diciamo, che facciamo soprattutto di fronte al terribile fenomeno del commercio delle armi e/o del delittuoso acquisto di terre sterminate da parte delle grandi imprese straniere? Quando ci capita di fare acquisti di prodotti provenienti dagli stessi paesi da cui provengono i milioni di profughi ed immigrati, non ci colpisce il prezzo «da fame» che le «nostre» imprese importatrici ci chiedono? Pensiamo (almeno!) che il prezzo che noi paghiamo non può sfamare l’operaio che l’ha coltivato o prodotto?
Mi accorgo che il discorso si fa lungo. Non posso approfittare della pazienza dei lettori. Non mancheranno prossime occasioni. Ma per ribaltare la dominante pessimista di quanto scritto prima, vorrei ricordare il gesto (cfr. «Avvenire» del 18 aprile pagina 28) di quei clochard che sul treno Milano-Piacenza hanno evitato che una giovane di 26 anni venisse stuprata ed hanno aiutato la polizia della Compagnia di Piacenza ad arrestare un marocchino di 24 anni autore dell’infame gesto. «Con le tasche sempre vuote di quel che serve, ma con umanità intatta e spirito integro». Questo per ricordarci che tra quei «disperati» che arrivano, c’è tanta miseria ma anche valide virtù.