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Giustizia minorile. Garlatti: “Permettere ad autori di reato, vittime e comunità di riscoprire il futuro”

Se ne è parlato, giovedì 17 novembre, all’Ara Pacis di Roma in un evento dell’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza “Riscoprire il futuro. Diritti, responsabilità e percorsi nel sistema penale minorile”, organizzato in occasione della Giornata mondiale dell’infanzia che cadrà domenica 20 novembre.

“La scelta di affrontare questo tema – ha spiegato l’Autorità garante, Carla Garlatti, aprendo i lavori – è stata suggerita ad una narrazione mediatica sui reati compiuti dai ragazzi che punta al sensazionalismo. E anche il numero di articoli colpisce: secondo una ricerca di Transcrime ha evidenziato che nei primi quattro mesi del 2022 ci sono stati 1.909 articoli sulle baby gang. L’anno scorso in tutto erano stati 1.240 e nel 2020 circa 750. Ma l’attenzione mediatica si ferma a una narrazione che non dà spazio ai ragazzi.Comprendo che il termine ‘baby gang’ sia più immediato a livello comunicativo, però non solo dà molto spesso una rappresentazione distorta della realtà ma può anche generare ulteriori danni: identificazione, emulazione e compiacimento.E una responsabilità si ha pure nei confronti delle vittime, soggetti sui quali richiamo l’attenzione: ragazze e ragazzi che hanno diritto di avere supporto e rispetto da parte di tutti”. La scelta di esaminare il sistema penale minorile “ha l’obiettivo, dunque, di rimettere al centro la persona, al di là della narrazione dei fatti, ragazzi che hanno compiuto reati e vittime”.

“Si tratta di un tema che non riguarda solo i diritti in ambito giudiziario – ha chiarito la garante – ma abbraccia tantissimi diritti dei minorenni: da quello all’educazione e all’istruzione a quello alla non discriminazione, dal diritto al benessere a quello al tempo libero. È necessario restituire spazio alle persone, andando oltre al semplice racconto dei fatti: autori e vittime non sono ciò che hanno commesso o subito. Riflettere sui problemi legati al disagio, alla devianza e al sistema penale minorile non è solo un’esigenza ma una responsabilità, resa ancora più urgente dall’impatto che la pandemia ha prodotto nella vita dei giovani”. “Vogliamo uscire da un’ottica che criminalizza. Non parliamo di giovani irrecuperabili – ha sottolineato Garlatti – ma di minorenni con diritti da tutelare. Vogliamo provare a comprendere come questi ragazzi possano riscoprire il futuro, un futuro che già esiste ed è compito della società e di tutti noi tracciare i percorsi per ritrovarlo.Però la nostra attenzione deve andare anche alle vittime: dobbiamo farci carico dei loro bisogni e delle loro aspettative, anche ricorrendo agli strumenti della giustizia riparativa. Il diritto a riscoprire il futuro e a sentirsi parte della società è pure il loro”. Rifacendosi a un’opera di Fernando Pessoa, “Il libro dell’inquietudine”, la garante ha affermato: “Ogni ragazzo è una sinfonia di diversi strumenti, ognuno dei quali deve essere esaminato per capire perché la sinfonia si è interrotta.

Ma la sinfonia è fatta anche da ciò che c’è attorno. Dietro un gesto c’è spesso un fallimento familiare e scolastico. Il ragazzo che viola il patto che consente la convivenza civile dimostra di non sentirsi più parte della comunità. Allora, ai ragazzi la giustizia penale minorile deve restituire un sistema valoriale che ha perso. E i minori devono essere protagonisti del loro reinserimento sociale. Anche alle vittime, poco considerate, occorre ridare fiducia, perché il senso di abbandono le allontana dalla comunità e aiutarle a essere protagoniste di questa ricucitura con la comunità”.

All’incontro ha portato il suo saluto il ministro della Giustizia Carlo Nordio, che ha sottolineato come l’argomento trattato sia “importante ed estremamente delicato, che coinvolge una serie di discipline: dalla psicologia all’educazione sessuale, dalla repressione alla repressione dei diversi tipi di reati commessi e subiti dai minori”. Alfio Maggiolini, professore di Psicologia dinamica all’Università Milano Bicocca, ha evidenziato che “l’adolescenza è un fattore di rischio per la commissione di reati e la loro recidiva. I ragazzi che commettono reati hanno propensione all’impulsività, emotività negativa, poca empatia verso gli altri e pochi sensi di colpa. Poi ci sono i fattori familiari sia il gruppo di pari.Per rispondere ai problemi, è necessario prestare attenzione ai bisogni evolutivi, che è un modo di chiedere identità sociale. Occorre lavorare sulla responsabilizzazione e sul contesto”. Susanna Vezzadini, docente di Sociologia della devianza e mutamento sociale all’Università di Bologna, ha ricordato che “i ragazzi, autori e di reati e vittime, ci parlano con parole e immagini molto forti, conoscono l’ingiustizia sin a piccoli, non capiscono perché sia capitata proprio a loro. Portano i segni di una sofferenza che nasce da una grande solitudine, si sento trasparenti”.Da Gemma Tuccillo, capo Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità, uno sguardo di insieme sulle sfide che la giustizia minorile deve fronteggiare secondo un iter che si riassume in “diritti, responsabilità e percorsi” e un invito “a proseguire il percorso di accompagnamento del minore alla fine della sanzione”.Ha offerto, poi, la sua testimonianza Francesco “Kento” Carlo, rapper e scrittore – che da anni collabora da docenti con gli istituti penali minori proponendo ai ragazzi laboratori di rap e scrittura, la seconda parte sulle possibili risposte. Il direttore dell’Istituto penale minorile di Nisida, Gianluca Guida, ha parlato dell’alta percentuale di adolescenti che fanno uso di psicofarmaci e, citando la canzone “Anna e Marco” di Lucio Dalla, ha posto l’attenzione sul fatto che “i giovani di fronte alle sfide che pone loro il mondo adulto sentono il bisogno di scappare dalla realtà, attraverso il virtuale o anche l’uso di cannabis e psicofarmaci”. “Noi adulti – ha affermato Guida – abbiamo la responsabilità di dare risposte ai bisogni dei ragazzi. Senza risolvere i problemi che stanno alla base della devianza non c’è riscatto né sicurezza sociale”. Patrizia Patrizi, presidente dell’European Forum for Restorative Justice, ha approfondito il modello della giustizia riparativa come strumento di ricostruzione del patto sociale leso, evidenziando che “al centro ci sia il danno e quindi per affrontarlo ci sia bisogno di tutti. I valori della giustizia riparativa sono il rispetto per la dignità umana, solidarietà e responsabilità, giustizia e accountability, la verità attraverso il dialogo. Per la giustizia riparativa bisogna cambiare le lenti, superando l’ottica centrata sull’autore”.Garlatti, alla conclusione dell’incontro, ha formulato una serie di proposte.“Introdurre sanzioni penali a misura di minorenne, diverse da quelle degli adulti, come avviene in alcuni Paesi europei. Per esempio, attività a beneficio della collettività o il divieto di uscire nel fine settimana. In questo modo i giudici avrebbero a disposizione numerose alternative, oltre a quelle introdotte oramai 34 anni fa, come la sospensione del processo con messa alla prova e l’irrilevanza del fatto. Così la detenzione resterebbe ancora di più l’ultimo strumento a cui ricorrere”. Tutte proposte – quelle messe sul tavolo di Governo, Parlamento e istituzioni da Garlatti – che vanno nella direzione di valorizzare, quale unica finalità del sistema, il recupero del minorenne, la cui personalità è ancora in formazione. Tra di esse anche considerare la giustizia riparativa come la principale risposta al reato:“Dobbiamo riflettere – ha sostenuto la garante – sull’opportunità di intendere la giustizia riparativa come qualcosa che previene ed evita il processo penale”.Più in generale occorre diffondere la cultura della giustizia riparativa e promuovere, oltre alla mediazione, anche altri strumenti come “i family group conferences e circles”: spazi che coinvolgono familiari e altre persone coinvolte nella vicenda.“Nella giustizia riparativa – ha proseguito Garlatti – assumono rilievo anche la vittima e i suoi diritti, che invece nel sistema penale non trovano sufficiente spazio. Chi ha subito un reato vede riconosciuti il proprio vissuto e la propria sofferenza e si sente compreso”. Per sostenere le vittime minorenni, soprattutto quando i fatti avvengono tra coetanei,l’Autorità garante ha proposto di istituire sportelli dedicati che possano offrire supporto psicologico, orientamento e accompagnamento, informazioni sui propri diritti e sul procedimento, incontri di gruppo. Garlatti ha inoltre annunciato l’avvio, il prossimo anno, di un ciclo di visite tra i 17 istituti penali minorili (Ipm) d’Italia, per ascoltare ragazze e ragazzi detenuti. In questo ambito l’Autorità garante ha sollecitato la piena attuazione della riforma dell’ordinamento penitenziario minorile del 2018. “È necessario adottare un regolamento penitenziario specifico.Sono troppo pochi, ad esempio, gli Ipm che ad oggi sono riusciti a consentire le visite di prolungate con i familiari in spazi che riproducano l’ambiente quotidiano.Le sezioni a custodia attenuata invece non sono ancora una realtà. Sarebbe importante che nascessero spazi aperti alla comunità esterna, con gestione autonoma e separati dal resto della struttura in tutti gli istituti”. C’è poi il tema della prevenzione. Tre le proposte dell’Autorità garante:“La prima è quella di rendere disponibili e fruibili spazi attrezzati per bambini e ragazzi, in particolare in periferia e in contesti di marginalità. I giovani devono essere coinvolti nel recupero e nelle scelte per la destinazione e la gestione di questi spazi: come ad esempio campi da gioco, sale di registrazione o spazi per la creatività”.Un altro ruolo importante è riconosciuto alla scuola che deve offrire le competenze utili a costruire un percorso di vita e a collocarsi positivamente nella società. Infine, occorrerebbe investire ancora di più in educazione alla legalità e al rispetto delle regole attraverso il confronto con i ragazzi.