Toscana

Giustizia e perdono, ecco i pilastri del Papa

Il terrorismo «non dà solo origine a crimini intollerabili», ma, «in quanto ricorso al terrore come strategia politica ed economica», costituisce «un vero crimine contro l’umanità». È quanto scrive Giovanni Paolo II nel Messaggio per la XXXV Giornata mondiale per la pace, che si celebrerà il 1° gennaio 2002 sul tema «Non c’è pace senza giustizia, non c’è giustizia senza perdono». Parlando dei «drammatici eventi» di tre mesi fa, Giovanni Paolo II sottolinea come l’11 settembre «fu perpetrato un crimine di terribile gravità: nel giro di pochi minuti migliaia di persone innocenti, di varie provenienze etniche, furono orrendamente massacrate». Paura e consapevolezza della «vulnerabilità personale». Questi, per il Papa, i sentimenti sperimentati da allora dalla «gente in tutto il mondo», di fronte alla quale la Chiesa intende «testimoniare la sua speranza che il male non ha l’ultima parola nelle vicende umane».

Giustizia e perdono sono «i pilastri della vera pace», ribadisce Giovanni Paolo II, che nel suo Messaggio dà ampio spazio all’analisi del fenomeno del «terrorismo organizzato», da mettere ai primi posti nell’agenda dei «Capi delle Nazioni».

«Specialmente dopo la fine della guerra fredda – osserva il Papa – il terrorismo si è trasformato in una rete sofisticata di connivenze politiche, tecniche ed economiche, che travalica i confini nazionali e si allarga fino ad avvolgere il mondo intero». Quelle terroristiche, in altre parole, sono «vere organizzazioni dotate spesso di ingenti risorse finanziarie, che elaborano strategie su vasta scala, colpendo persone innocenti» e «adoperando i loro stessi seguaci come armi da lanciare contro inermi persone inconsapevoli».

Il terrorismo, secondo Giovanni Paolo II, è «una tragica spirale» di violenza, alimentata dall’«istinto di morte», che «nasce dall’odio ed ingenera isolamento, diffidenza e chiusura» e «coinvolge anche le nuove generazioni».

Esiste dunque, scrive Giovanni Paolo II, «un diritto a difendersi dal terrorismo», che deve però «rispondere a regole morali e giuridiche nella scelta sia degli obiettivi che dei mezzi». In particolare, «l’identificazione dei colpevoli va debitamente provata» e «non può essere estesa alle nazioni, alle etnie, alle religioni, alle quali appartengono i terroristi». In secondo luogo, afferma il Papa, «la collaborazione internazionale nella lotta contro l’attività terroristica deve comportare anche un particolare impegno sul piano politico, diplomatico ed economico per risolvere con coraggio e determinazione le eventuali situazioni di oppressione e di emarginazione che fossero all’ordine dei disegni terroristici».

«La pretesa del terrorismo di agire in nome dei poveri è una palese falsità», puntualizza il Papa, e «le ingiustizie esistenti nel mondo non possono mai essere usate come scusa per giustificare gli attentati terroristici», visto che tra le vittime principali di questi ultimi ci sono prima di tutto «i milioni di uomini e di donne meno attrezzati per resistere al collasso della solidarietà internazionale».

«Il terrorismo strumentalizza non solo l’uomo, ma anche Dio», sottolinea Giovanni Paolo II, mettendo in guardia dal «fanatismo fondamentalista», come «atteggiamento radicalmente contrario alla fede in Dio», ed invitando in particolare «i leader religiosi ebrei, cristiani e musulmani» ad una «condanna pubblica del terrorismo, rifiutando a chi se ne rende partecipe ogni forma di legittimazione religiosa o morale. Nessun responsabile delle religioni può avere indulgenza verso il terrorismo e, ancor meno, lo può predicare».

Per una pace vera e duratura, è la tesi portata avanti dal Papa nella seconda parte del Messaggio, occorre una «politica del perdono» da perseguire sul piano sociale, attraverso il contributo di famiglie, gruppi, Stati, e di tutta la comunità internazionale, «per superare situazioni di sterile condanna mutua, per vincere la tentazione di escludere gli altri non concedendo loro possibilità di appello». «Il continuo ricorso ad atti terroristici o di guerra, che aggravano per tutti la situazione e incupiscono le prospettive, deve lasciare finalmente il posto ad un negoziato risolutore».

Per un «negoziato risolutore» in Terra Santa. Nel Messaggio, il Papa torna a parlare dell’escalation di morti e violenza in Medioriente, sollecitando ancora una volta la «risoluzione del conflitto arabo-israeliano, che dura ormai da più di cinquant’anni, con un’alternanza di fasi più o meno acute», e che la «delicata situazione internazionale» rivela come un modo sempre più indispensabile da sciogliere.

Secondo Giovanni Paolo II, infatti, «i diritti e le esigenze di ciascuno potranno essere tenuti in debito conto e contemperati in modo equo, se e quando prevarrà in tutti la volontà di giustizia e di riconciliazione». Di qui l’auspicio del Pontefice affinché gli «amati popoli» della Terra Santa si adoperino «per un’era nuova di rispetto mutuo e di accordo costruttivo». Il Papa invita anche i leader religiosi ad assumersi la «loro specifica responsabilità» nell’impegno per la «via del perdono, che porta alla comprensione reciproca, al rispetto e alla fiducia».

«Le confessioni cristiane e le grandi religioni dell’umanità – scrive Giovanni Paolo II – devono collaborare tra loro per eliminare le cause sociali e culturali del terrorismo», agendo così in un «preciso campo del dialogo e della collaborazione ecumenica ed interreligiosa, per un urgente servizio delle religioni alla pace tra i popoli».

A cura di M. Michela Nicolais